Processo Capaci bis, il poliziotto Giovanni Peluso, indagato per la strage, afferma la sua estraneità ai fatti ma decide di non rispondere alle domande dei pm.
Succede nell’aula bunker del carcere di Malaspina, a Caltanissetta, dove si è svolta un’udienza per il processo bis, che vede alla sbarra altri cinque imputati: Salvo Madonia, Lorenzo Tinnirello, Cosimo Lo Nigro, Giorgio Pizzo e Vittorio Tutino. Presidente della Corte è il giudice Andreina Occhipinti.
Ecco le uniche parole pronunciate da Peluso: “Io non c’entro con la strage di Capaci. Quel giorno stavo frequentando un corso per soprintendente all’Istituto superiore di Polizia”.
Il nome di Peluso è stato tirato in ballo dal pentito Pietro Riggio, motivo per cui ora Peluso è sotto processo in qualità di “compartecipe ed esecutore materiale della strage di Capaci”.
Riggio ha raccontato ai pm che l’ex poliziotto e 007, per anni in servizio a Roma e a Napoli, gli avrebbe confidato invece che si sarebbe occupato della preparazione di quell’eccidio, in particolare impegnandosi nel riempimento del canale di scolo dell’autostrada con esplosivo, operazione eseguita tramite l’uso di appositi skateboard.
La Voce ha scritto alcuni articoli, anche di recente, su quella preparazione. In particolare rifacendosi ad alcune verbalizzazioni da non poco, rese da uno che di appalti e lavori pubblici se ne intendeva, a suo tempo: il geometra Giuseppe Li Pera, il quale, con quelle dichiarazioni, ha attaccato le ricostruzioni effettuate da Giovanni Brusca.
Li Pera, infatti, parla di mano non solo mafiosa, riferendosi al contributo apportato da menti molto più raffinate: in particolare i super esperti dell’FBI, subito intervenuti sulla scena del crimine, “non per far luce – dice Li Pera – ma per confondere le acque e depistare”.
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