ANTONINO LOMBARDO / “SUICIDIO” DI STATO, 25 ANNI FA

25 anni veniva “suicidato” il sottufficiale del ROS Antonino Lombardo, l’uomo che conosceva killer e mandanti della strage di via D’Amelio.

Un ennesimo giallo mai risolto dalla non-giustizia di casa nostra, altra vicenda contraddistinta da cento anomalie, ancora una volta il forte odore di depistaggio istituzionale.

Il figlio Fabio è disperato ma tenace, e da 25 anni sta cercando a tutti i costi la verità. Parla di incredibili lacune nell’inchiesta, dei buchi neri di quella tragedia.

A partire dal “buco dalle 20 e 30 alle 22 e 30 della sera di quel 4 marzo 1995.

“Alcuni militari dell’Arma dei carabinieri dicono di non aver sentito alcuno sparo, pur stando molto vicini all’auto”, all’interno della caserma “Bonsignore”.

Chi invece sentì lo sparo fu il capitano Ultimo, ossia Sergio De Caprio. Alle 22 e 30 De Caprio – racconta Fabio Lombardo – “sente un colpo secco e guardando avanti vede dei militari e chiede se gli è scappato un colpo. Loro lo guardano e dicono ‘ma noi non abbiamo sentito niente. Un brigadiere dice a De Caprio che c’è una persona in auto che si sente male. Avvisano il centralino e vari ufficiali. Le testimonianze di quella sera non finiscono qua. Un sottotenente, capo di picchetto al Battaglione Sicilia, dice di non aver visto il maresciallo Lombardo. Inoltre non ha sentito neppure esplodere un colpo d’arma da fuoco. Come fa il sottotenente a non sentire a 30 metri di distanza il colpo mentre Di Caprio che era a 70 metri lo sente?”.

Continua la ricostruzione: “Nessuno ha visto mio padre, un fantasma insomma. C’è un vuoto dalle 20 e 30 alle 22 e 30”.

Un altro mistero è quello della borsa. “Si è sempre parlato della borsa di Borsellino e dell’agenda sparita o della borsa di Dalla Chiesa, ma mai della borsa scomparsa di mio padre. All’interno di quella borsa c’erano carte su indagini e documenti sugli Stati Uniti”: lì dove il boss Gaetano Badalamenti era pronto a raccontare la sua verità su molti misteri di Cosa nostra.

Il boss Gaetano Badalamenti. In apertura Antonino Lombardo

Un’altra anomalia: quella della lettera d’addio. “La lettera non mostra alcuna macchia di sangue, mentre il corpo di mio padre è pieno di sangue. Accanto alla lettera ci sono tracce di sangue ovunque, ma non sulla lettera. Come mai?”.

Una lettera che verrà consegnata al figlio Fabio solo anni dopo. “Quando nel 2012 mi viene consegnata la lettera perché non era più utile alle indagini, stranamente ci sono macchie di sangue. E c’è un’altra stranezza: le macchie di sangue sono entrate sotto il sedile. Sarò stupido, ma penso che questa lettera è stata presa e letta da qualcuno”.

Ancora: “Non è mai stata fatta una perizia calligrafica e non si sa perché, non so come hanno lavorato. Hanno lavorato con i piedi, forse un bambino di 10 anni avrebbe lavorato meglio del pm che ha fatto una brutta figura”. Solo una brutta figura?

Non è certo finita qui. “Un’altra cosa che mi sembra strana, forse tra le più strane è quella pistola ancora impugnata e appoggiata sul bacino. Sembra un caso più unico che raro, come in un film hollywoodiano. Mio padre tiene ancora stretta, in pugno, la pistola come fosse vivo. Mi hanno detto che quando ti spari alla tempia il braccio dovrebbe cadere perpendicolarmente, ma mai appoggiata sul grembo. E se qualche esperto viene a dirmi il contrario sarei contento, siamo all’assurdo”.

Non basta. “L’ogiva dalle perizie balistiche viene trovata a 6 metri di distanza dall’auto. Il proiettile viene trovato quasi dietro l’auto, forse c’era vento forte di scirocco… Ma mi chiedo, che giro mai fa il proiettile? Mah. Dopo che il proiettile attraversa il cranio dovrebbe presentarsi con la punta deformata e i solchi della canna. Quando ho visto la foto sono saltato in aria e ho chiesto al mio perito balistico. E lui mi ha detto ‘molto probabilmente non è l’ogiva entrata e uscita dalla testa di tuo padre’, perché a suo avviso ‘sembra un’ogiva tolta dal caricatore e messa a terra’”.

Ai confini della realtà.

Ennesima anomalia: “In tutti questi anni l’ultima volta che sono stato sentito dai magistrati è stato nel 2015 dai pm della Trattativa Stato-mafia: chiesi ufficialmente sia la pistola che l’ogiva per farla esaminare dal mio perito. Mai avuto risposte”.

Allucinante.

Sottolinea con decisione, il figlio del maresciallo ucciso per la seconda volta dallo Stato: “Qua di suicidio c’è ben poco. Vengono aperti tutti i cold case ma non questo. Perché tutti quelli che parlano della morte del maresciallo Lombardo poi si defilano? Dove stava arrivando mio padre?”.

E parla, Fabio, ancora del “viaggio americano” che proprio grazie alla tenacia del maresciallo avrebbe dovuto riportare il boss Badalamenti in Italia, per vuotare il sacco.

“E’ importante soprattutto perché dopo la seconda missione Gaetano Badalamenti decide di venire in Sicilia e io ricordo ancora oggi che un giorno mio padre stranamente mi abbracciò e mi disse, ‘l’importante è che restiamo una famiglia unita’ perché ‘quando arriveremo in Italia con Badalamenti ci sarà un terremoto giudiziario’”.

A cosa si riferiva Lombardi? “Badalamenti non doveva arrivare in Italia e non capisco perché hanno fatto queste missioni. Se non le avessero fatte, oggi mio padre sarebbe ancora vivo. Badalamenti in Sicilia non doveva arrivare, da quello che capisco dalla lettera anonima, Badalamenti non doveva venire il giorno dopo la trasmissione, e c’è qualcuno che farebbe il doppio gioco”.

Eccoci poi ad un altro passaggio chiave, relativo ad un colloquio avuto con la vedova di Paolo Borsellino.

“Un giorno – racconta Fabio – la chiamai, nel dicembre del 2006, per invitarla alla presentazione del libro ‘Uno sparo in caserma’. Quella volta le chiesi se poteva confermare che mio padre nel 1995 la chiamò dicendo: ‘A breve porterò la verità sulla morte di suo marito su un vassoio d’argento’. Lei mi disse: ‘Non solo è vero, ti dico di più. Così come tuo padre promise di prendere Totò Riina, promise anche che sarebbe arrivata la verità su mio marito. Ma ora è morto – conclude con amarezza Fabio – siamo nel 2020 e ci sono processi sui depistaggi e sui misteri delle stragi. Ma già 25 anni fa un maresciallo era arrivato alla verità”.

Parole pesanti come macigni.


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