Uno nessuno e centomila.
Senza scomodare Luigi Pirandello, continua la sceneggiata senza fine per la realizzazione dello stadio della Roma a Tor di Valle. Protagonista il gruppo mattonaro che fa capo a Luca Parnasi, in scena anche il barista-immobiliarista ceco Radovan Vitek, per la regia di Unicredit.
Nel week end il fuoco di fila delle news, o meglio della catena di fake news, bufale doc. Vediamole in rapida carrellata, come documentano minuto per minuto i siti ispirati alle prodezze della squadra giallorossa.
I SITI GIALLOROSSI DANNO I NUMERI
Al centro dell’affaire la firma degli atti finali, ossia il closing dell’operazione con la quale Parsitalia, Eurnova & i terreni di Tor di Valle passano dal controllo di Luca Parnasi a quello di Radovan Vitek per la somma complessiva di 550 milioni di euro.
14 febbraio, San Valentino. Scrive il Romanista: “Stadio della Roma e terreni a Tor di Valle: a breve l’annuncio”, previsto per il giorno seguente, vale a dire sabato, come era stato vaticinato negli ambienti giallorossi una decina di giorni prima.
A poche ora batte Romanews: “Stadio della Roma, Vitek aspetta ancora un mese per i terreni”, riportando un’indiscrezione che ha fatto trapelare il quotidiano il Tempo.
15 febbraio, è la volta del sito LaRoma.24 che addirittura dà i giochi per fatti: “Stadio della Roma: definito il passaggio dei terreni di Tor di Valle a Vitek”.
Si danno i numeri. Addirittura sabato LaRoma24 annuncia la fumata bianca dopo che il giorno prima l’autorevole il Tempo aveva proclamato la fumata nera!
Di tutto e di più in una sceneggiata cominciata quasi tre anni fa e che sembra tornare alle battute iniziali.
Con grande amarezza per Virginia Raggi e il suo bollente Campidoglio, alle prese con mille grane da novanta – monnezza, trasporti, inchieste della magistratura – e che vedeva come un miraggio ormai ad un passo il closing della trattativa e la finale fumata bianca. Invece punto e a capo, con la tifoseria romanista – e non solo – in evidente fermento.
Il 16 febbraio, poi, il silenzio più tombale. Nessuna notizia. Di tutta evidenza la previsione del Tempo era azzeccata: “L’acquisto dei terreni slitterà, la situazione non si sbloccherà prima di un mese. Il passaggio di proprietà da Parnasi a Unicredit e poi a Vitek sta rallentando l’iter”.
Quale ostacolo si può essere frapposto alla stretta finale?
UN CLOSING TUTTO DA RIFARE
Per metà settimana, infatti, avrebbero dovuto ricevere l’ok finale dai vertici di Unicredit carte & documenti per la cosiddetta “asseverazione”. Un’ultima, delicata tappa, perché si tratta di mettere nero su bianco, per la volata finale, tutti i documenti che portano al passaggio delle proprietà di sigle & terreni. Un atto strategico, di grande importanza legale, perché costringe le parti a mettere le fiche sul tavolo: se sono carte doc tutto ok, ma se non tutto fila liscio e alcune risultano taroccate, si rischiano gravi conseguenze civili, amministrative ed anche penali.
Mobilitati, quindi, gli staff di legali.
L’avvocato Giuseppe Lombardi è a capo del team di avvocati targati Unicredit; lo studio Dentons si mette in moto per il barista-immobiliarista ceco e quello Di Gravio (sul quale torneremo più avanti) scende in campo per il gruppo Parnasi.
Ecco qual è il ricco piatto sul tavolo della trattativa.
Vitek offre la sua disponibilità a rilevare in toto le attività che fanno capo a Luca Parnasi in tema di stadio, terreni e sigle coinvolte, facendosi carico della gigantesca esposizione (circa 600 milioni di euro) che Parnasi ha nei confronti di Unicredit.
Per la precisione, la più esposta è Capital Dev, il veicolo costituito ad hoc da Unicredit, con in pancia il grosso del debito, ossia 300 milioni di euro. Segue la capogruppo Parsitalia, fondata dal padre-padrone Sandro Parnasi, ed in groppa un carico da 200 milioni; quindi Eurnova – primattrice nell’affare stadio – con appena 30 milioni. Non basta: perché Vitek assicura di farsi carico anche di altri 50 milioni di euro, per ottenere il completo controllo di Eurnova.
Un barista che di ci sa fare, mister Radovan, che ha visto crescere le sue entrate ad inizio anni ’90 con le mance dei turisti al centro di Roma. E con i “proventi” ha poi messo su un impero immobiliare prima nella Repubblica Ceca poi in mezza Europa, soprattutto dell’est.
Ma c’è chi non la vede proprio così e anzi vede addensarsi fosche nuvole sull’operazione stadio e sulla credibilità di patròn Vitek.
Dà la sua ricostruzione dei fatti un funzionario di Bankitalia che ha seguito da vicino le vicende targate Parnasi. “Tutta la recente storia, da quando è entrato improvvisamente in campo Vitek, presenta contorni poco chiari. E’ cominciata una strana triangolazione che in qualche modo fa comodo a tutti. Ad Unicredit, soprattutto, perché può rientrare in quel rosso da 600 milioni di euro e tessere altri affari; a Parnasi che si toglie dai riflettori e si libera da quel colossale debito; a Vitek che diventa in un baleno il salvatore della patria e fa girare i soldi. Ma come spesso capita le ciambelle non riescono con il solito buco. Di certo nel meccanismo si è inceppato qualcosa, probabilmente è una questione di liquidità: Vitek fa finta di avere soldi che non ha ancora racimolato, quindi devono prendere del tempo e gettare fumo negli occhi”.
COMODI PARAVENTI
Continua la ricostruzione del dirigente della Vigilanza: “Ma c’è una possibile variazione sul tema, e in Bankitalia non pochi stanno drizzando le antenne. Vitek potrebbe essere un paravento ottimo per tutti, in gergo si dice un prestanome ma io non mi spingerei a tanto. Comunque una figura che serve per togliere tante castagne dal fuoco, in un momento delicato come questo”.
Vero, falso? Siamo in un mare di ipotesi, e forse spetta alla magistratura di entrare in campo con un tackle deciso, visto che la sceneggiata è dura a finire.
Del resto sta per cominciare il maxi processo sull’affare stadio, un processo formato da 4 filoni investigativi che non coinvolgono solo Luca Parnasi ed il suo gruppo, ma anche una serie di politici, burocrati & consulenti del Campidoglio, a partire dal pentastellato Marcello De Vito, presidente dell’assemblea del consiglio capitolino. Un quinto, fresco filone, quindi, verrebbe a fagiolo, tanto per portare trasparenza.
Ma torniamo alla galassia di sigle made in Parnasi. E soffermiamoci per un momento su Capital Dev. Si tratta di un veicolo creato alcuni anni fa in seguito alla definizione del processo di ristrutturazione del debito del gruppo Parsitalia, a fine 2016 rilevato integralmente – per suo tramite – da Unicredit.
Nel veicolo sono stati conferiti i progetti immobiliari dei Parnasi: Case Nuove (con il fiore all’occhiello del centro commerciale del Pescaccio e altre attività commerciali per un totale di quasi 250 mila metri quadri a Roma); Parco delle Acacie (un’area da oltre 15 mila metri quadri in zona Pietralata); Samar (l’opulenta area Fleming); Pasec (centro commerciale Laurentino); Pisana (diritti commerciali sull’area del Pescaccio); Istacalstica (terreni e immobili a Catania).
“Ad attirare l’attenzione – commentano gli addetti ai lavori – dei potenziali investitori sono stati in particolare il centro Pescaccio e il Maximo Shopping Center con oltre 60 mila metri quadri di sviluppo, 135 negozi, un ipermercato, un cinema multisala e altre attività ricettive e ricreative”.
CONSULENTI D’ORO
E finiamo il tour con un cenno ai pluristipendiati (occorre però vedere fino a quale periodo, stante la non brillante situazione di liquidità del gruppo) consulenti d’oro della galassia Parnasi.
A cominciare proprio dall’attuale numero uno, il super avvocato che sta portando avanti la “trattativa” con Unicredit e Vitek.
Stiamo parlando del prof. avv. Valerio Di Gravio, docente di diritto privato alla facoltà di Economia della Luiss. Socio di Grimaldi Clifford Chance dal 1997, è stato poi fondatore dello Studio Grimaldi e Associati, del quale ha fatto parte fino al 2011. Nel suo ricco pedigree, figurano stars del sistema industriale come Autostrade, Alitalia, Ferrovie dello Stato, Rete Ferroviaria, Fintecna, mentre in campo fallimentare ha assistito Cirio, CIT, Mariella Burani Fashion Group ed il gruppo Merloni.
Uno studio che ha molte frecce nel suo arco: Giovanna Adinolfi, Francesca Cavalieri, Andrea Cerroni, Dario D’Aura, Flippo De Luca, Dario Gizzi, Silvio Lecca, Elisa Pizziconi, Chiara Rudel, Francesca Sordi, Giuseppe Tamberri.
A quanto pare, lo studio Di Gravio vanta un credito da 1 milione di euro con il gruppo Parnasi.
Ma ci sono altri vip delle professioni e cattedratici doc tra i creditori eccellenti.
A partire dal consiglio d’amministrazione di Eurnova, i cui componenti devono ancora ricevere 800 mila euro come compensi professionali per aver lavorato solo 6 mesi: da Guinness dei primati.
Si tratta del presidente Riccardo Tiscini e dei membri del cda Giovanni Naccarato e Giovanni Sparvioli, i quali tutti hanno da qualche mese rimesso il loro mandato.
Il primo, Tiscini, è un collega di Valerio Di Gravio, anche lui docente di Economia alla Luiss e professore di economia aziendale all’Universitas (telematica) Mercatorum di Roma; ex numero uno di Vitrociset, Tiscini è anche consigliere di MPS Capital Services, uno dei creditori di Parnasi.
Naccarato è il direttore generale dell’Ospedale Israelitico di Roma, dove ha preso il posto dell’ex numero uno dell’Inps, Andrea Mastrapasqua, che nello stesso periodo ha occupato altre 22 poltrone tra stato, parastato e privato: un uomo ovunque, arrestato ad ottobre 2015 per truffa ai danni del servizio sanitario nazionale.
Più snello il curriculum di Sparvioli, dove spiccano alcuni incarichi in passato ricevuti dal gruppo Eni.
Alla fine del valzer alcuni interrogativi campeggiano: quando ci si avvierà al closing? Quando avrà termine la sceneggiata? Riusciranno i nostri tre eroi – Parnasi, Vitek e Unicredit – ad imbastire il finale della gran commedia? Potrà sparare i tric trac dal Campidoglio Virginia Raggi e darla da bere ai romani?
E in tutto il caos: la magistratura capitolina starà a guardare? Senza dimenticare l’eterna sonnambula, Bankitalia…
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