FONDAZIONE BANCONAPOLI / IN PANCIA TITOLI A RISCHIO DELLA POPOLARE DI BARI

Riflettori giudiziari puntati sulla Fondazione Banco di Napoli per l’acquisto di titoli della Popolare di Bari finita in crac.

Il procuratore aggiunto di Napoli Sergio Amato sta passando ai raggi x gli investimenti effettuati dalla Fondazione. Una serie di verifiche sugli investimenti, infatti, sono partite a metà 2017, in seguito alle polemiche esplose che hanno portato alle dimissioni del numero uno Daniele Marrama, opusdeista, e al commissariamento della stessa Fondazione.

Daniele Marrama

Che adesso ha in pancia – così come riportano i dati di bilancio – 27 milioni euro in azioni e obbligazioni della banca pugliese. Ora la pesantissima crisi dell’istituto mette a forte rischio quel bottino.

E’ costretta ad ammettere la neo presidente della Fondazione, Rossella Paliotto: “Il 30 dicembre scadono le cedole delle obbligazioni, aspettiamo fiduciosi di vedere se saranno pagati i 192 mila euro di interessi”.

Dal canto suo la Fondazione ha già chiesto in sede civile il risarcimento per l’acquisto di quelle azioni, contestando “informazioni incomplete” sull’offerta.

Ma l’attenzione del pm Amato si concentra anche su altri investimenti border line. Come ad esempio quelli della Fondazione partenopea in Banca del Sud e soprattutto in Banca Regionale di Sviluppo, operazioni su cui appunto la Procura, tenuto conto della natura privata della Fondazione e della impossibilità di configurare ipotesi di reato come l’abuso d’ufficio o di peculato, sta valutando se sussistono i presupposti per ipotizzare un’eventuale appropriazione indebita.

In una relazione redatta ad aprile 2018 dagli ispettori del ministero per l’Economia si fa riferimento al fatto che 5 degli 8 milioni investiti in Banca Regionale di Sviluppo furono ottenuti “mediante il rimborso anticipato di obbligazioni della Popolare di Bari. E viene sottolineata la presenza, nel patrimonio dell’ente, di “partecipazioni illiquide, come quelle relative alla Banca Popolare di Bari”. Gli ispettori sottolineano che la Fondazione stava “cercando di vendere” quelle azioni per “riequilibrare il patrimonio”, incontrando però “molte difficoltà”.


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