Luciano Scateni ha appena raggiunto, per noi della Voce, un record storico. Ha scritto il suo articolo numero 1000.
Quando ce ne siamo accorti ci ha subito preso una incredibile, doppia sensazione. Il tempo che passa, i decenni che trascorrono; e l’affetto che da altrettanti decenni si lega, la stima immensa che siamo certi di scambiarci.
E’ la vera colonna della Voce, Luciano. Perché è stato tra i fondatori, nel 1972, de La Voce della Campania, testata di punta della sinistra – quella vera – che a metà dei ’70 arrivò a conquistare – udite udite – palazzo San Giacomo con il mitico sindaco rosso Maurizio Valenzi. E Luciano fu il primo portavoce di quel municipio – abbiamo l’orgoglio di ricordarlo – rosso. Il primo avamposto di democrazia, legalità, trasparenza, giustizia sociale, oggi gusci vuoti ma allora parole dense di cento significati.
Luciano in quegli anni anima Paese Sera a Napoli, l’altra storica testata della sinistra ormai dimenticata, come del resto l’Unità che proprio a Napoli poteva contare, per tutti gli anni ’80, di una redazione-crocevia (in via Cervantes, prima sede della Voce) che ha fatto la storia del giornalismo partenopeo.
Poi il volto di Luciano è passato al Tg Campania, per la prima (e non più ripetuta) edizione dei telegiornali regionali (in Campania oggi si ‘festeggiano’ i 40 anni) a misura di cittadino, e dalla parte dei cittadini.
La vera colonna della Voce Luciano, scrittore, giallista, pittore (mitici i suoi eruttanti, rossi Vesuvi) e tutto quanto fa arte, comunicazione, sensibilità umana.
Di seguito potete leggere il suo ‘Racconto di Natale’. Il suo pezzo numero 1001. Ai prossimi altri mille!
Andrea Cinquegrani
IL RACCONTO DI NATALE 2019
Sogno o son desto?
DI LUCIANO SCATENI
“Ma Babbo Natale, esiste o è un’invenzione dei progenitori di Amazon?” “La seconda che hai detto”. Il motore turbo del consumismo innesta il moltiplicatore della quinta marcia e dissemina l’arco di un anno solare di feste e festicciole, pretesto per le sirene che invitano al dono a misura di destinatario e affascinano il popolo con cineserie, botteghe, super e iper mercati, giganti mondiali del ‘compra on line’, e chi conserva doni di nessuna utilità dell’anno precedente da riciclare. Dimentico sicuramente tutti gli altri appuntamenti con il regalo, ma provo a elencarli: Epifania, Natale, Capodanno, onomastico e compleanno, il primo dentino, la prima comunione, la cresima, i diciotto anni, i ventuno, i traguardi della maturità, della laurea, del primo lavoro, le feste della mamma, del papà, dei nonni, di San Valentino, anniversari di fidanzamento, matrimonio nozze d’argento, d’oro, di platino, promozioni in carriera, pensionamento, i settanta, ottanta, novanta e soprattutto i cento anni. “Ma Babbo Natale, esiste?” Guai a privare i bambini dell’emozione che li eccita il mattino del 26 dicembre, ad occhi spalancati sulla spettacolare esposizione dei doni ai piedi dell’abete addobbato. Lasciamo ai piccoli questi momenti di ingenua euforia. Volgiamo la nostra pietosa solidarietà ai dolenti re dell’artico, alle renne: sono loro a trainare la slitta di Babbo Natale nei cieli del pianeta con l’immenso carico di doni. L’ufficio stampa del vecchio dispensatore di trenini, bambole e giochi elettronici estrae dal sacco di letterine ricevute da ogni latitudine una in busta bianca come la neve, spedita da pochissima distanza.
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“Caro amico Babbo Natale, per svolgere il ruolo di mittente mondiale di regali devi possedere virtù miracolose, soprannaturali. Vivi per undici mesi e più dalle nostre parti e non dobbiamo certo spiegarti cosa c’è nell’ appello che ti rivolgiamo perché possa trascurare per quest’anno le richieste dei bambini del mondo. Siamo certi che condivideranno la tua scelta, indotti a riflettere dai ‘grandi’ sulle ragioni di noi renne. Sappi che il nostro futuro è a termine. I cambiamenti climatici hanno stravolto il nostro habitat. Il nutrimento è protetto dalla neve, che lo conserva per noi, ma per gli sconvolgimenti del clima in atto, la pioggia, caduta in abbondanza, ha provocato la formazione di spesse lastre di ghiaccio, che ci impedisce di approvvigionarci del cibo. Se non intervieni rischiamo l’estinzione e non ci saremo più per farti volare nei cieli del mondo”.
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Il saggio Babbo Natale non resta indifferente all’invocazione di aiuto delle amiche renne. Prepara un comunicato stampa e lo fa pervenire a tutte le emittenti radiotelevisive, a tutta la stampa quotidiana mondiale: “Chiedo scusa a tutti i bambini che hanno scritto le letterine come ogni anno. Spiegate loro che il mio tempo, le facoltà di cui il cielo mi ha dotato quest’anno sono tutte impegnate in altre imprese, volte anche al loro futuro. Mi ha raggiunto Greta Thunberg, la piccola leader ambientalista che lotta per salvare la Terra. Siamo impegnati a fermare il dissolvimento dei ghiacciai che minaccia di sommergere interi Paesi del mondo. Nel tempo libero leggerò altre letterine, specialmente quelle che segnalano emergenze non rinviabili”.
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Mantiene la promessa il barbuto destinatario di milioni di “caro Babbo Natale”, opera l’annunciata selezione, ordina le letterine per titoli e argomenti:
Richiesta di sostenere la guerra alle dittature delle organizzazioni democratiche di Cina, Russia, Iran, Palestina, Turchia, Ungheria, Venezuela, Brasile. La più pressante è firmata dalle associazioni democratiche degli Stati Uniti: donne, giovani, neri, antirazzisti, neolatini chiedono che il tycoon dal ciuffo color carota sia dimesso.
Un capitolo dolente è raccontato dall’allarme del grande comparto commerciale e industriale, soffocato dalle multinazionali che emigrano in Paesi dove il costo del lavoro è molto al di sotto degli standard normali e dove i mega shop uccidono il commercio al dettaglio.
Una lettera commuove il vecchio. “Siamo donne, caro Babbo Natale, vittime di violenze, fino all’omicidio, dei maschi che considerano fidanzate e mogli ‘cose’ di cui disporre a loro piacimento”.
“Siamo giovani senza lavoro di tutto il mondo e la responsabilità è di chi usa le risorse della Terra per consolidare gli estremi di ricchezze e povertà”
“Siamo neri, insultati, sfruttati, discriminati”
“Siamo diversamente abili, discriminati”
“Siamo omosessuali, discriminati”
“Siamo difensori della foresta amazzonica, ci uccidono”
“Siamo preti e suore, impediti ad assecondare la nostra sessualità”
“Siamo bambini africani e uno di noi muore ogni 4 secondi di fame e malattie”
“Siamo migranti che sfidano la morte per fuggire da guerre, violenze e povertà”
Il vecchio saggio con la barba bianca fluente, fissa a lungo le righe della lettera che in calce ha una firma molto insolita: “Siamo sardine, riempiano le piazze italiane di giovani e non con l’obiettivo di sventare il pericolo di esporre il nostro Paese alla iattura dell’attacco alla democrazia di un partito razzista, xenofobo, sovranista, nostalgico dello sciagurato Ventennio fascista. Siamo tanti e ti chiediamo di far ricorso alla tua riconosciuta saggezza per indicarci il dopo della contestazione di piazza, cosa cantare oltre a “Bella ciao”, chi associare al nostro movimento, come cambiare un Paese in balia della partitocrazia avulsa dalle istanze dei cittadini”.
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Ci dorme su Babbo Natale. Al risveglio ricostruisce il sogno vissuto in ore di sonno irrequieto: il percorso nel cielo dell’Italia da Nord a Sud, l’incanto di una terra percorsa da luoghi dell’incanto, delle preziose concentrazioni di bellezze della natura, di tesori d’arte. Ricorda di aver sorvolato senza farvi sosta le case di corrotti, mafiosi, onorevoli disonorevoli, politici incapaci e in mala fede. Cosa proporre alle sardine. “Ci penso”.
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Convoca Greta, le affida l’intervento per salvare il patrimonio nature di artico e antartico. Vola con il prototipo di un aereo a propulsione elettrica sull’Amazzonia, spegne con un soffio potente le fiamme appiccate dagli usurpatori della foresta. Inverte la rotta e atterra nella piazza romana di San Giovanni dove si danno appuntamento le sardine per un nuovo tutto esaurito, dialoga con i leader del movimento, indica il percorso di perfezionamento per la tutela della democrazia, contro ogni tentativo di attentati.
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Torna di corsa nella terra del freddo e con un soffio caldo come il fuoco scioglie il tappo ghiacciato che impedisce alle renne di cibarsi. Si fa largo tra i ciuffi della barba un largo sorriso, dedicato a chi non crede in Babbo Natale.
LUCIANO SCATENI
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