Ilva, la più complessa partita che mette in gioco il destino di migliaia di lavoratori, di una azienda storica nel panorama industriale italiano. E può costare molto cara anche a questo governo.
L’attuale titolare del Viminale, Luigi Di Maio, nel precedente esecutivo gialloverde arrivò a sostenere che la partita era stata vinta, nessun problema, tutto ok in tre mesi. Uno scivolone (sic) dello statista vesuviano, che solo pochi giorni fa si è paragonato ad Alcide De Gasperi, affermando: “i politici guardano alle elezioni, gli statisti al futuro”.
Ma cosa bolle davvero in pentola nel magma Ilva?
Sentiamo le voci di un paio di parlamentari, raccolte in transatlantico.
TUTTO RUOTA INTORNO ALLA CASSA DEPOSITI E PRESTITI
“Il governo cercherà di fare sicuramente il pugno duro e tenere ferma la posizione, Arcelor Mittal deve rispettare gli impegni presi e non può fare marcia indietro. Del resto è il più grosso gruppo al mondo sul fronte dell’acciaio, ha enormi liquidità e se addirittura ha la garanzia dello scudo penale ottiene quanto voleva. Probabile che dopo un estenuante tira e molla alla fine ceda”.
“Ma occorre tracciare altri scenari possibili, perché pur sempre qualcosa si sta muovendo e a quanto pare ci sarebbe un’offerta sul tavolo. Come scrive il Corriere della Sera, è stata riaperta la dataroom con tutti i dati sensibili aziendali, e questo in genere è segno che c’è una trattativa, o almeno un abbozzo, per trovare un’alternativa”.
“Alcuni parlano di nazionalizzazione, perfino il capo della Confindustria Boccia. Difficile, improbabile ma non impossibile, del resto ricordiamo che negli anni d’oro Ilva-Italsider era un gruppo pubblico, sotto l’ombrello dell’Iri. E l’acciaio resta sempre un settore strategico per ogni economia occidentale”.
“Oggi quell’Iri può essere laCassa Depositi e Prestiti, sulla quale però pesa il vincolo di non poter investire in settori in crisi. Il problema è quindi, al solito, di trovare un forte partner nazionale o estero. Tutti i grandi gruppi sono ormai cinesi, giapponesi, coreani o indiani, se quindi il numero uno Arcelor Mittal si tira indietro è un pessimo segnale anche per gli altri, più difficile si impegnino dopo un fatto del genere”.
“Sul versante nazionale la situazione non è proprio rosea. Ci sono le acciaierie di Piombino passate anni fa dal gruppo Lucchini agli indiani di Jindal: ma Jindal sta già facendo un investimento da quasi 3 miliardi proprio in India, quindi è difficile ipotizzarlo. Gli altri gruppi Arvedi e Marcegaglia erano già entrati in precedenti combinazioni, ma alla fine non se ne è fatto niente, non essendo rientrati né nella cordata Arcelor Mittal né in quella Jindal. Resta il gruppo Rocca, con la Tenaris,che può contare su un grosso fatturato, e a quanto pare si sta disimpegnando in Argentina: potrebbe essere la carta a sorpresa, da giocare in accoppiata con la Cassa Depositi e Prestiti. Da alcune voci in Parlamento quest’ultima strada ha alcune possibilità di uscire dal cilindro del governo, una mix pubblico-privato e poi tutto di casa nostra”.
Prima di passare ai possibili protagonisti in campo, ecco alcune note sul settore e sugli investimenti.
CIFRE D’ACCIAIO
A livello produttivo, la hit è capeggiata in modo solitario dalla Cina, con il tetto sfiorato dei mille miliardi di tonnellate. A distanza siderale (quasi un decimo del volume totale), India e Giappone, quasi appaiate poco al di sopra di quota 100 milioni. Sgranati gli altri paesi, Stati Uniti, Corea, Russia, Germania e all’ultimo posto, il decimo, proprio l’Italia.
Tra i colossi, Arcelor Mittal saldamente attestata in prima posizione, seguita a distanza ragguardevole ma non stratosferica (rapporto di 3 a 2) dalla cinese China Baovu Groupe dalla giapponese Nippon Steel Corporation.
Nelle classifiche dei primi posti non figurano un’altra compagnia cinese, Hebei,che ha già dimostrato un forte interesse per l’Europa, acquistando cinque anni fa DufercoTrading, un importante trader europeo dell’acciaio acquartierato un Svizzera: segno che gli occhi a mandorla sono sempre più propensi ad investire nel mercato Ue.
C’è poi il primo produttore turco, Erdemir:ha manifestato un qualche interesse, ma è ben difficile che possa utilizzare manodopera italiana visto che in Turchia è ad un costo molto più basso.
Torniamo nel perimetro di casa nostra. Sono fresche le parole pronunciate dall’amministratore delegato della Cassa Depositi e Prestiti, Fabrizio Palermo: “L’acciaio è strategico per un paese manifatturiero come l’Italia”. Forse l’uovo di Colombo, ma è meglio rammentarlo in un Paese che ha la memoria corta, anzi cortissima. E che rafforza l’idea di una possibile partecipazione di CDP nell’impresa.
TENARIS, PISTA POSSIBILE?
Eccoci al nodo del partner. Stando alle cifre, l’unico gruppo che può realisticamente prendere in considerazione l’ipotesi (anche se in azienda negano ogni possibilità) è Tenaris.
Fa capo alla dinasty dei Rocca, Gianfelice e Paolo, che ne è al timone. Per decenni ha dominato il mercato in Argentina, proprio perché la famiglia ha grosse tradizioni in Sudamerica, con il patriarca Agostino. E negli ultimi tempi – a quanto pare – sta molto allentando la sua posizione proprio in Argentina, dove lo scorso ottobre ha abbandonato le quotazioni in Borsa.
Nella decisione hanno pesato non poco alcuni provvedimenti giudiziari, come una pesante inchiesta, a Buenos Aires, che ha tirato in ballo Paolo Rocca. Il quale deve vedersela anche nell’inchiesta della procura di Milano sul “Pozzo di San Faustin”, ossia il tesoro della famiglia Rocca del quale la Voceha scritto altre volte. E’ stato appena ottenuto, dai pm meneghini, il rinvio a giudizio per i vertici di San Faustin.
“Questi elementi giudiziari sono quelli che potrebbero pesare sulla eventuale trattativa per l’Ilva – viene sottolineato – perché si tratta di accuse non da poco, come la ‘corruzione internazionale’”.
Imputazioni di ‘corruzione internazionale’ anche per Techint(la corazzata delle infrastrutture petrolifere), impelagata sia a Milano che nella “Lava Jato” brasiliana. Nelle stesse inchieste sulle super tangenti petrolifere sono coinvolte anche Eni e Saipem, sul fronte pubblico. Quella Lava Jato che ha visto finire in galera anche l’ex presidente carioca Ignacio Lula da Silva, proprio in queste ore liberato dalla galera in cui è rimasto per oltre un anno.
Ecco alcune altre note dal Transatlantico: “Inchieste giudiziarie a parte, Tenaris avrebbe la liquidità più che sufficiente per affrontare l’impresa Ilva, anche perché disimpegna ora molti capitali dall’Argentina. Certo, i Rocca sono impegnati oggi su altri versanti, come a Milano per il Technopole in fase di realizzazione, e il centro Humanitas di Rozzano, nel quale hanno intenzione di investire ancora. Ma tra le ipotesi sul campo, sembra la più credibile”.
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