Stop 5G: la politica italiana comincia a dare risposte. Lo si è visto martedì scorso nell’ambito del convegno internazionale promosso a Montecitorio dall’Alleanza Italiana Stop 5G , quando alcuni parlamentari si sono uniti per la prima volta al tavolo dei relatori con le personalità del mondo scientifico (come Olle Johansson, Mark Arazi, Patrizia Gentilini ed Annie J. Sasco) intervenute a spiegare perché va fermata l’installazione della tecnologia di quinta generazione in Italia. Parliamo in particolare dei senatori Andrea De Bertoldi (FdI), Saverio De Bonis (ex M5S, ora Gruppo Misto) e delle deputate Veronica Giannone (altra ex M5S) e Sara Cunial (tuttora pentastellata), quest’ultima prima firmataria della mozione – poi bocciata dal Parlamento con i voti del M5S e del Pd – che impegnava formalmente il Governo in una moratoria nazionale sul 5G.
L’incontro alla Camera di martedì 5 novembre segna dunque il primo e più importante atto politico intrapreso in sede parlamentare per fermare la sperimentazione “dal vivo” di tecnologie sui cui effetti sappiamo ancora pochissimo. «La tutela della salute pubblica è un principio imprescindibile che in maniera trasversale deve coinvolgere ogni singolo partito», è quanto ha ribadito quel manipolo di senatori e deputati intervenuti nell’aula dei gruppi parlamentari. Ma il momento in cui la commozione ha raggiunto la massima intensità è stato quello in cui ha preso la parola il senatore Sergio Romagnoli del M5S: «Ero ad un passo dalla morte, non sapevo perché sono tornato indietro. Ora, oggi, qui, lo so. Oggi ho imparato tante cose – ha affermato Romagnoli – tra queste ho capito il motivo per cui sono stato colpito direttamente, in prima persona. Ho rischiato di morire, mi è stato diagnosticato e asportato un rarissimo tumore alla testa, sono stato in coma per 22 giorni, poi ho vissuto in uno stato di apparente morte nonostante fossi cosciente. Non sono contro la tecnologia, ma per la difesa della salute. E mi batterò per questo». Gli interventi di medici e scienziati di fama mondiale, che si sono rivolti ai circa 300 presenti parlando principalmente del rischio cancerogeno da elettrosmog sulla base dei numerosi studi realizzati nel corso degli anni, hanno fatto da apripista alla “arringa” del noto avvocato torinese Stefano Bertone dello studio legale Ambrosio&Commodo, che ha sostanzialmente illustrato gli strumenti giuridici a disposizione dei sindaci per fermare il 5G.
Strumenti ben noti a Damiano De Rosa, penalista di fama ora al timone di Prata Sannita (CE), comune di frontiera di quell’entroterra casertano-sannita dove si sta concretizzando la tanto attesa ‘rivoluzione copernicana’ con la vecchia politica, attraverso una gestione amministrativa incentrata su efficienza e trasparenza. Grazie a De Rosa, Prata Sannita è già da qualche mese il primo comune campano ad avere disposto l’applicazione del principio precauzionale al fine di vietare l’installazione del 5G. «Sono alla Camera – dichiara De Rosa, intervenuto sia nella qualità di sindaco che in quanto assessore delegato dal presidente della Comunità Montana del Matese Franco Imperadore – per lanciare un chiaro messaggio proprio qui a Roma dove maturano le decisioni strategiche che poi, noi piccoli comuni, siamo costretti in qualche modo a subire. Saremo attenti osservatori – ha aggiunto De Rosa – ed useremo tutti gli amplificatori possibili per far sentire la nostra voce di dissenso, a tutela della salute delle popolazioni che rappresentiamo. Nel Comune di Prata Sannita, per primi in tutta la Campania, abbiamo deciso inizialmente di applicare con delibera di Giunta sul territorio di competenza il principio precauzionale, con tutti i crismi del caso nella sua massima estensione, disponendo l’immediata vigenza del divieto di installazione di tecnologie 5G, almeno fino a quando non ci saranno studi scientifici certi sugli effetti concreti di questo tipo di onde sulle persone». «Dopo questo convegno e grazie alla crescente attenzione sull’argomento, ritengo sia dovere di tutti i sindaci, anche in quanto autorità sanitaria locale, interrogarsi sulla legittimità di scelte imposte dall’alto per finalità dichiaratamente commerciali ma che, in maniera surrettizia, sembrano voler nascondere finalità di tipo “sperimentale” fatte sugli abitanti dei piccoli comuni, apparentemente con meno voce in capitolo e con una (evidentemente ritenuta) minore capacità di opposizione a decisioni maturate, verosimilmente, in ambienti sovranazionali», ha concluso il sindaco De Rosa.
L’Italia che non è disposta a far da cavia ha poi risposto presente anche all’appello di scendere in piazza per gridare il ‘no’ al 5G. Gruppi, attivisti e militanti provenienti da Abruzzo, Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Toscana, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata e Sardegna, compresi malati elettrosensibili, hanno issato al cielo della città eterna i loro vessilli, chiedendo a gran voce la moratoria. In prima linea il giornalista Maurizio Martucci, al timone dell’Alleanza Italiana Stop 5G: «con manifestazione nazionale unitaria da noi promossa, la richiesta è quella di una moratoria, perché non è possibile pensare di esporre 60 milioni di cittadini italiani a un vero e proprio esperimento a cielo aperto che non ha precedenti nella storia dell’umanità. Radiofrequenze totalmente inesplorate. Abbiamo già visto quelli che sono gli effetti prodotti da tecnologie 2G, 3G e 4G non di carattere termico ma biologico, quindi chiediamo semplicemente di fermare tutto e consentire alla ricerca medico scientifica indipendente di poter trarre delle conclusioni sagge e non affrettate». Alle dichiarazioni di Martucci, fanno eco quelle della referente dell’Alleanza in Campania Maria Gioia Tomassetti: «nonostante non vi siano prove di innocuità certe di questa nuova tecnologia, il Governo ha deciso di continuare la sperimentazione riservandosi poi ulteriori accertamenti solo successivamente. E’ lo stesso modus operandi avvenuto con i drammi dell’amianto, del benzene, del piombo, cioè valutare il danno quando è misurabile, invece di prevenirlo. Inonderemo il Parlamento di atti e delibere», ha concluso la referente campana dell’Alleanza Stop 5G.
La protesta intanto cresce in ogni angolo del Bel Paese e si acuisce di pari passo con la volontà di tanti altri amministratori locali di rompere quel muro di silenzio e di mezze decisioni, per mettere massicciamente in campo azioni concrete di diniego. Anche in virtù del fatto che, come recitava uno degli slogan gridati a gran voce ieri a Montecitorio, “il silenzio non è neutralità, è complicità”.
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