MONTEPASCHI / CONDANNA IN CASSAZIONE

Confermata in Cassazione la sanzione da 2 milioni 400 mila euro inflitta dalla Consob al Monte dei Paschi di Siena.

Si tratta di una vicenda di otto anni fa, nell’arco temporale che va dal novembre del 2011 al novembre del 2012.

La sanzione riguarda i comportamenti scorretti tenuti dall’allora presidente Giampiero Mussari e da altri 31 manager dell’istituto di credito senese. L’accusa è di conflitto d’interesse.

L’inchiesta è stata portata avanti dalla procura di Firenze e si è tradotta nella sentenza pronunciata nel 2016 dalla Corte d’Appello gigliata.

Stralciata con rinvio, invece, la posizione di Fabrizio Viola, l’ex direttore generale Mps.

 

La storia è incentrata sulla questione dei titoli “Casaforte”. Secondo la sentenza adesso confermata in Cassazione, il Monte dei Paschi di Siena ha a suo tempo tenuto “condotte dirette a stimolare e incentivare l’acquisto dei prodotti Casaforte”. Il consueto prospetto informativo per la clientela, tra l’altro, “non faceva menzione di un accordo di riacquisto e delle onerose condizioni che lo regolavano, tra cui si annidava il conflitto d’interessi”.

Una piccola rogna, comunque, rispetto alle valanghe giudiziarie piovute sullo storico istituto senese.

Invece nessuna novità – incredibile ma vero – sul fronte del giallo di David Rossi, il responsabile della comunicazione Mpsvolato giù ormai sei anni fa dal quarto piano di palazzo Salimbeni.

Uno dei buchi neri tra le malastorie del nostro Paese. I primi anni sono trascorsi tra insabbiamenti d’ogni sorta e richieste di archiviazione da parte dei pm della procura di Siena. Ma la famiglia non si è arresa, beccandosi anche una querela.

Due anni fa è stato aperto, a Genova, un fascicolo giudiziario per far luce non solo sulla vicenda, ma anche sull’inerzia palesata dalla procura di Siena, condita da non pochi depistaggi.

Una perizia ha documentato per filo e per segno come non si possa essere trattato di suicidio, per una serie di fatti. Una perizia calligrafica che dimostra come i due messaggi lasciati da Rossi fossero frutto di coazione. Una dinamica, secondo cui la traiettoria del corpo è del tutto incompatibile con la pista del suicidio. E medica, con evidenti tracce di violenza sul corpo di David, segno di percosse e di un evidente trascinamento. Quanto basta per escludere il suicidio, proprio come è successo nel caso di Marco Pantani, ormai affossato.

Da rammentare che nelle ore seguenti David Rossi avrebbe dovuto verbalizzare in procura. E che il giorno prima del “suicidio” aveva inviato una mail al direttore Viola, comunicandogli che, appunto, si sarebbe recato al palazzo di giustizia senese per raccontare quel che sapeva.

Ci sono ancora spiragli di luce? Staremo a vedere. Ma per ora, a Siena ed anche a Genova, il silenzio è tombale.

 


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