Presidente Mattarella, quante sono le onorificenze di cui dispone per le eccellenze di italiani degni di ricompensa? Chieda al suo staff di porle tutte su un piatto d’argento ricoperto di velluto rosso e le porga al più meritevole degli italiani, al nobiluomo Matteo nonché Salvini, che eliminato il ‘ni’ finale ha nel cognome un ‘Salvi’ molto appropriato, coerente con l’esemplare gestione del ministero dell’Interno e collaterali (Esteri, Infrastrutture) inglobati nelle sue mansioni. Il granitico vice premier del Carroccio sarebbe l’unico italiano destinatario dei titoli plurimi riservati a comportamenti esemplari. Sulle medaglie al valore da consegnargli, signor Presidente, provveda perché incidano la storica, patriottica, frase “Non passa lo straniero”, chiave di volta del doppio divieto che ha impedito alle navi salva vite di entrare nelle acque territoriali del nostro Paese e soprattutto di porre fine al calvario dei migranti.
Satira a parte: il truce “ce l’ho duro”, che ha rivestito da despota disumano il mandato di ministro, ha speculato con cinismo da dittatore sulla tragedia di popoli un fuga da violenze, fame, guerre sanguinose, sottoposti a marce forzate nel deserto, imprigionati in lager libici dove si pratica la tortura, lo stupro, a rischio della vita nella traversata verso la salvezza, negata dal mare infido, uno sull’altro su gommoni in balia delle onde, su barcacce da rottamazione. Decine di migliaia i morti nel Mare Nostrum per mancato soccorso, decine di migliaia i profughi salvati dalle Ong. 15mila solo da una nave di Medici Senza Frontiere. Si potevano salvare, tutti? Il summit di Malta lo conferma. La disumanità di Salvini era parte consistente, forse l’unica, della campagna elettorale fondata sul razzista “prima gli italiani”, sull’istigazione alla paura dei migranti, sul decisionismo dell’uomo forte al potere, di mussoliniana memoria. È bastato incontrarsi, è successo a La Valletta, per stipulare l’accordo sulle corresponsabilità dell’Europa nell’accoglienza dei migranti e mettere in campo i fondamentali della soluzione non estemporanea del problema, con la revisione del Trattato di Dublino e la prospettiva di intervenire nei Paesi di provenienza dei profughi. Poteva farlo Salvini, ma è chiaro, non conveniva all’egoismo partitico di accrescere il consenso personale e della Lega.
All’orizzonte dell’ex, ex, ex ministro e vice premier, c’è un carico non indifferente di pendenze giudiziarie. C’è da augurarsi che, rotto il vincolo del contratto politico, i 5Stelle non replichino il no all’autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Se condannato, come si augurano gli italiani non drogati dal sovranismo, Salvini per la prima volta in questi anni sarebbe impedito a commentare le condanne con un “me ne frego”. Mattarella potrebbe riporre gli attesati di merito in cassaforte, magari per riprenderli se dovesse riceve i volontari della navi salva vita Ogn.
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