OH ROUSSEAU, ROUSSEAU, PERCHE’ SEI TU ROUSSEAU?

Gli storici più autorevoli lo descrivono come un personaggio timido, incerto, perennemente indeciso. Indolente, incostante, smemorato… praticamente il ritratto di un grillino qualunque fra i tanti che oggi si prendono la scena.

La vignetta su Rousseau che rimbalza sui social. In apertura Antonio Di Pietro e Vincenzo Scotti

Sì, Rousseau «era timido, senza carattere, abbandonato in giovane età a tutti i rischi di una vita avventurosa, sognante, sfaccendato, assai ben dotato ma indolente, incostante, pigro, smemorato, ondeggiante a tutti i venti, senza nessuna coerenza, senza preoccupazioni per il domani, non aspirando a niente se non alla tranquillità di un’esistenza oziosa e mediocre, senza grandi bisogni, con un gusto sensuale per i sogni romanzeschi e voluttuosi (Romain Rolland in “Rousseau”, Mondadori, 1950, p.8)», ricorda acutamente su Facebook Gennaro Oliviero, cultore della storiografia francese anche in quanto presidente dell’Associazione “Amici di Marcel Proust” in Italia.

Eppure nella giornata di oggi è proprio alla piattaforma che porta il nome del filosofo francese che risultano appesi i destini dell’Italia, con quegli oltre centoquindicimila iscritti alla piattaforma chiamati a decidere sul sì o sul no al nascente esecutivo giallorosso targato Giuseppe Conte.

Non sarà allora forse inutile ricordare da dove nasce, questa piattaforma decisiva (oltre che divisiva) per l’Italia e chi ne sono stati gli artefici originari, anche perché un po’ di questi personaggi li ritroviamo ancora oggi, nemmeno troppo ‘dietro’ le quinte.

E cominciamo da Antonio Di Pietro, perché correva il maggio dell’anno 2014 quando il fondatore di Rousseau, Gianroberto Casaleggio, rivelava in un’intervista a Marco Travaglio: «Ho avuto un rapporto di stima e di collaborazione con Di Pietro».-

Si scatenano subito i cronisti del quotidiano Libero, che documentano come nel febbraio 2007 l’allora ministro delle infrastrutture del governo Prodi, Antonio Di Pietro, appena s’insedia chiama al suo fianco Casaleggio con la qualifica ufficiale di suoi consigliere, come si legge nel documento ufficiale del Tesoro a firma di Tommaso Padoa Schioppa. A favore di Casaleggio è previsto un «rimborso di missione secondo il trattamento per i dirigenti di prima fascia», per dedicarsi allo «studio […] delle attività relative alla comunicazione istituzionale nei diversi settori dell’informazione: stampa, radiotelevisione e Internet». Pochi mesi dopo, a settembre 2007, il Movimento 5 Stelle irrompe sulla scena politica con il primo Vaffa Day.

Ma al ministro Di Pietro non basta perché, per affiancare Casaleggio al ministero, chiama anche Mario Bucchich e Luca Eleuteri, vale a dire i due professionisti che, insieme a Casaleggio, nel 2004 avevano fondato proprio la Casaleggio & associati.

Pertanto, conclude Libero, i tre diventano «consiglieri del Ministro delle Infrastrutture per lo studio delle attività inerenti la comunicazione istituzionale» in uno dei dicasteri con la maggior disponibilità di spesa del governo, alle dirette dipendenze di Antonio Di Pietro.

Ai tanti che in queste ore si interrogano sul funzionamento della piattaforma Rousseau, tuttora avvolta da tanti misteri, non resta allora che un consiglio: citofonare Antonio Di Pietro.

 

E’ SCOTTI CHE PARLA

Ma l’idem sentire (ed operare) sulle piattaforme informatiche ideate da Casaleggio non è l’unico fil rouge che collega tuttora Antonio Di Pietro al Movimento 5 Stelle.

Sergio Scicchitano

L’altro, è il rettore della Link Campus of Malta, Vincenzo Scotti. Come la Voce ha anche recentemente documentato, si tratta dell’ateneo privato che ha svolto il ruolo di “scuola politica” per molti dirigenti grillini, in primis Luigi Di Maio, che quanto a cursus honorum accademico erano, al loro ingresso in politica, praticamente a digiuno.

E così, sempre per puro “caso”, tra i docenti dei master organizzati dal Link Campus di Roma c’è il professor avvocato Sergio Scicchitano, difensore e consigliere ovunque di Antonio Di Pietro.

Ma non solo: quanto sia strategico ed “elevato” il ruolo che ricopre all’università maltese retta da Scotti, ce lo dice lo stesso prof. Scicchitano nella sua sua autobiografia: «Dal 2000 è docente universitario alla Link Campus University of Malta, dove ricopre l’incarico di Direttore Scientifico del corso di perfezionamento post-laurea nella disciplina fallimentare. Nell’anno accademico 2002/2003 diventa titolare della Cattedra di Istituzioni di Diritto Privato, mentre da tre anni è docente di Diritto Fallimentare».

Solidissimo, ca va sans dire, era e resta il legame di Scicchitano con Di Pietro. Leggiamo, sempre dalle stesse note autobiografiche, che il suo  Studio Legale «si avvale della collaborazione di due tra i massimi esperti italiani in materia penale: l’On. Antonio Di Pietro (dal 2010) e l’On. Luigi Li Gotti (dal 2013)».

Insomma, se proprio non volete citofonare ad Antonio Di Pietro, per conoscere quale sarà il destino dell’Italia mandate un sms a Scotti.

Giuseppe Conte

Del resto, come già scriveva Repubblica a ottobre 2012, quando scoppia tangentopoli alla Regione Lazio, «è lui, il potente Sergio Scicchitano, dal suo mega studio, blindato per gli indesiderati cronisti, in un elegante palazzo umbertino di via Emilio Faa di Bruno, nel cuore di Prati, il vero punto di riferimento dell’Idv a Roma, l’uomo del partito che da sempre sceglie i candidati del Lazio».

Ed è lo stesso prof. avv. Scicchitano che nel 2007, quando la Voce pubblica la prima, esplosiva inchiesta sulla “Di Pietro immobiliare”, invia una diffida al vetriolo in redazione. Preannunciando di fatto l’apertura di quella guerra giudiziaria che sette anni dopo avrebbe portato, secondo i desiderata di Di Pietro, all’impensabile sentenza di Sulmona che costringeva la Voce a cessare le pubblicazioni in edicola, dopo trent’anni esatti di giornalismo d’inchiesta antimafia e anticamorra.

Né potrà infine essere sottovalutato il fatto che il libro di Sergio Scicchitano, Principi di diritto privato, pubblicato da Giuffré, porti l’ampia prefazione a firma di Guido Alpa. Altro luminare del diritto. Nonché titolare dello studio legale in cui ha lavorato proprio in quegli anni l’attuale premier in pectore, Giuseppe Conte.

 

 

 

 


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