Fifty-Fifty, ovvero segnali di ordinaria ambiguità. Il presidente del Consiglio dimissionario ha fato da amplificatore della furbizia del portavoce Casalino, probabile ispiratore delle comunicazioni che hanno seppellito il gialloverde sotto una scarica di cazzotti ai bersagli sensibili e ha spezzato in due tronconi l’intervento di apertura del dibattito sulla crisi. Tutta la seconda, ridondante porzione del lungo discorso è stata congegnata come sinergia per l’obiettivo di defenestrare il pericoloso sovranista e candidarsi a un premierato bis. I toni, gli argomenti, le parole forti, anche troppo nel sacrario di Palazzo Madama, hanno lasciato spazio a un’elencazione rituale e in qualche modo banale di utopie in ogni area dello scibile in tema di economia, socialità, Europa, lavoro, ambiente, eccetera, eccetera. Un buco incomprensibile nella relazione: non una parola sul grave problema dell’emigrazione, tema recuperato per i capelli nella replica di fine serata.
Woody Allen potrebbe tirar fuori un video tragicomico utilizzando le smorfie sulla faccia dell’ex ministro dell’Interno, i ‘no, no’ con la testa mossa ritmicamente a destra e sinistra, i sorrisi acidi, i gesti da vigile urbano per approvare o sedare urla e gestacci dal banco dei leghisti, le braccia allargate nei punti clou dell’attacco a man bassa del premier. La Warner Bros affiderebbe alla regia di un premio Oscar il film drammatico, a tinte forti, dal titolo “Dall’altare alla polvere”, protagonista l’urlante, scalmanato, insultante Salvini con sequenza finale dell’accorato appello a far pace con i 5Stelle, culminato con la patetica decisione di ritirare la sfiducia a Conte, a frittata fatta.
C’è politicamente chi ama e chi odia l’altro Matteo, che i soloni del Pd hanno emarginato, anziché confrontarsi ed esaminare con reciproca disponibilità i temi di dissenso. Ebbene, il commento a caldo alle comunicazioni di Conte, il Pd lo ha affidato proprio a lui, in riconoscimento di una statura superiore di affabulatore e di lucido inquisitore degli altrui guai. La domanda più insidiosa rivolta all’ex segretario dem: “In vista di una soluzione M5S-Pd della crisi, come superare l’ostracismo di Di Maio alla sua persona?” “Semplice, non mi candito a farne parte”.
Usciamo dal tunnel delle incertezze, delle trame nascoste che rendono nebbioso il futuro immediato del Paese. Mettiamo un punto fermo alla giornata dai due volti, quella del pollice verso nei confronti del morituro Conte, degli interventi di grillini e dem che hanno decretato la fine istituzionale del numero uno della Lega. Minacciosi con grinta quello di Conte, dei 5Stelle.
La parola è ora per l’autorevole imparzialità del presidente della Repubblica, che ha ricevuto le dimissioni dalle mani di Conte. Zingaretti glisserà sul dissenso interno con Renzi (‘voto’-governo con i grillini)? Non se ne farà nulla e dunque elezioni, con tutte le incognite del paventato aumento dell’Iva, della manovra finanziaria, di un impatto con la recessione? Vedremo: a questo punto, l’unica certezza è che Salvini esce da Palazzo Madama con le ossa rotte. Stappate pure lo spumante e che sia italiano. Cin,cin
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