IL VAFFA SALVINI DAY / UNA NUOVA MAGGIORANZA C’E’

Un grande Vaffa Day tutto dedicato a ‘O Sceriffo Matteo Salvini.

Ci voleva il bollore ferragostano perché potesse partorire una nuova maggioranza, che dovrà per forza essere politica, in grado di portare a termine la legislatura.

Un’occasione storica, quella scaturita delle prepotenze e arroganze dello Sceriffo trasformatesi in un boomerang, lasciandolo come un fesso sotto il solleone, con il cerino in mano.

Ora l’interrogativo alto come un grattacielo è uno solo: riusciranno 5 Stelle e Pd a profittare del gigantesco retropassaggio di Salvini che fa correre gli avversari in contropiede verso la porta? Riusciranno, 5 Stelle e Pd, a passarsi la palla per centrare la porta? O finiranno per ostacolarsi a vicenda buttandola sugli spalti?

 

LA SCENEGGIATA DI ‘O SCERIFFO

Una vera sceneggiata alla napoletana, quella recitata da ‘O Sceriffo a palazzo Madama. Con la chicca politica del taglio dei parlamentari, pensato per sparigliare e mettere i grillini con le spalle al muro, invece una goffa boutade da principiante della politica.

Ma davvero il primo inquilino del Viminale pensa che tutti siano fessi? Può a tal punto prendere in giro gli italiani così impunemente? Come fa mai a ritenere che qualcuno possa bere la folle idea di fare in 48 ore il taglio dei parlamentari? Chi mai potrebbe credergli, se non un esercito di totali mentecatti?

Luigi Di Maio. Sopra, Matteo Salvini ieri in Senato

Lo sanno anche i bambini che per fare una roba del genere ci vogliono dai 4 ai 6 anni, compresi strada facendo referendum, tra scogli costituzionali d’ogni tipo e via passando il tempo.

Eppure Salvini lo fa, pensa che i 5 Stelle siano talmente imbrocchiti da scambiare una buccia di banana fradicia per una sfogliatella. Ha tale stima dell’amico Luigi Di Maio per ritenere che possa bersi una cavolata del genere? Ma forse pensa, ‘O Ministro degli Interni, che il numero uno dei 5 Stelle sia tornato a fare il bibitaro allo stadio San Paolo…

Ha anche sbagliato in modo clamoroso i tempi per far saltare il tavolo governativo, Salvini. Non certo per le vacanze ferragostane, figurarsi, ma perché ora il re è nudo.

Avesse rotto con i 5 Stelle dopo il voto europeo, ci sarebbe stato non poi tanto da dire. La maggioranza è cambiata, gli italiani hanno votato massicciamente per la Lega raddoppiandone i consensi, l’opposto con i pentastellati, dimezzati.

E invece, sono passati tre mesi abbondanti tra liti da cortile, vomitevoli sceneggiate che neanche nei più sgarrupati vicoli partenopei, pantomime, farse, farsette, commediole mentre l’Italia va a picco e la fascia di povertà ormai ingoia mezzo Paese.

 

IL MOTIVO DELLA CRISI? BOH

Ma che ti fa, ‘O Sceriffo? Arriva Ferragosto e spacca tutto, come neanche un bambino sotto l’ombrellone con il suo castello di sabbia. Prende paletta e secchiello e butta tutto in mare, giochi finiti.

Lo sa, mister Viminale, perchè ha staccato la spina? Neanche lui. Forse gli hanno detto: non farlo dopo le europee, troppo facile. Fai vedere che vuoi andare avanti per il bene del Paese, poi incazzati alla quarta o quinta che ti fanno. O che tu pensi possano farti.

Tira la corda che tira la corda, qual è – oggi – il motivo della rottura? L’Alta Velocità che i grillini non hanno votato? Il Sicurezza bis?

Giuseppe Conte

Chiedetelo a un leghista: non lo sa. “Bisognava farlo perché lo dicono anche gli imprenditori”, è una delle pezze a colori. “Non possiamo più andare avanti con il partito del No”, un’altra toppa.

Rischiando di essere ridicolizzati perfino dal premier Giuseppe Conte che tra pochi giorni, andando alla Camera e al Senato per illustrare lo stato delle cose, non darà alcun alibi alla Lega per lo “stacco” della spina, comunque facendo il punto su quanto realizzato dal suo esecutivo.

 

QUALI FORZE IN CAMPO?

Ma passiamo all’altra faccia del problema. La prospettiva, il che fare.

E la palla passa sia ai 5 Stelle che al Pd.

Avranno la volontà, la forza, la capacità, la passione civile sufficiente per cogliere il momento e ribaltare tutte le prospettive in “nero” che scaturirebbero da un voto a breve facilmente preda della trimurti Lega-Forza Italia-Fratelli d’Italia?

Qui è il nodo. Certo, mettere insieme a Ferragosto un programma (e non certo un contratto condominiale) che arrivi al termine della legislatura, è un’impresa quasi titanica. Soprattutto tenendo conto di tutte le ruggini accumulate e di tutte le divergenze sostanziali.

Ma attenzione: divergenze, comunque, di minor spessore rispetto a quelle che si potevano immaginare, fin dall’inizio, tra 5 Stelle e Lega: tra le quali corre un abisso, solo rappezzato dal ridicolo contratto. Minori, certo, sono le divergenze politiche e di prospettiva fra pentastellati e piddini.

Non si può fare un programma in 5 giorni? Almeno ne si traccino le linee guida. Non tre punti prima del voto, ma la bozza di un programma credibile per finire la legislatura. Alla faccia di tutte le Leghe e delle destre fasciste e nere già date per stravincenti.

Un programma basato su alcuni punti precisi, patrimonio di quella che si poteva un tempo chiamare “sinistra” ma che oggi nessuno osa neanche evocare più.

Non parliamo allora mai più di sinistra, diventata una bestemmia. Ma di idee forti, di principi, di regole, di utopie, di passioni, di giustizia quella vera, legalità quella vera, di società: c’è da costruire un percorso da chilometri e chilometri.

Tutto subito no. Ma alcuni punti base, certe idee cardine sì.

Sul nodo lavoro è proprio impossibile trovare intese? Possibile che il Pd abbia ormai perso ogni contatto con quello che una volta era il suo mondo? E che Pd e 5 Stelle possano avere ricette ben diverse da quelle da vecchio e becero capitalismo della destra?

Sul welfare vale lo stesso discorso. Ma cosa cavolo c’entra la Lega con i progetti per una società a misura d’uomo? Possibile tra 5 Stelle e Pd nascano proposte cento volte più valide.

Nicola Zingaretti

Sull’immigrazione che è stato il cavallo vincente per le truppe leghiste d’assalto? Non ci vuole un genio per smontare le pseudoterapie del fascistoide Salvini.

Sulla giustizia. Idem come sopra. Ci corre un mare tra i cappi e i ceppi dello Sceriffo, lanciati come fumogeni, e i progetti reali per una giustizia giusta, capace di far pagare e mandare in galera i ladri veri, quelli di Stato, chi specula sulla sorte e la salute dei cittadini. Di chi sbarca e di chi è costretto ogni giorno ad arrangiarsi per sopravvivere.

Si può andare avanti fino a costruire un mezzo programma.

Ma a questo punto un altro interrogativo sorge spontaneo. Quali saranno i “leader”, i protagonisti in campo?

E la questione è duplice, ossia riguarda sia i 5 Stelle che soprattutto il Pd.

E’ presentabile, spendibile, un Di Maio per cucire un programma credibile e “appassionato” con il Pd? E’ mai credibile un Nicola Zingaretti?

Con ogni probabilità nessuno dei due.

 

TRA GRILLINI E PD

Cosa può succedere tra i pentastellati? Un premier Conte che passa sul ponte di comando? Un ritorno di Grillo? Oppure di Di Battista? O ancora, c’è la carta Fico a sorpresa, caso mai come alter Conte sul ponte di comando del nuovo esecutivo?

Sul fronte Pd le acque sono ancora più agitate e per ora la chiarezza è ben lontana.

Matteo Renzi

Zingaretti, in questi mesi e ancor più in queste settimane, ha mostrato di poter al massimo amministrare un condominio.

Renzi – che ha fatto disastri per tutti gli anni in cui ha governato il Paese e il Pd – adesso spariglia. Ha avuto il merito di rimettere tutto in gioco e comunque di smascherare la nudità di un Pd ormai senza lo straccio di una identità.

Non a caso, nel suo “discorso” (sic) in Senato, il capo Lega ha fatto capire quale sia il suo nemico, Renzi, citandolo 13 volte in 11 minuti. Una sola citazione (positiva) per Zingaretti e le ruspe condotte insieme all’attacco di una villetta dei Casamonica.

Salvini e Renzi sono gli unici in grado di “comunicare”. Alla pancia, al fegato, alla cistifellea, agli istinti dei cittadini: ma lo sanno “tecnicamente” fare.

Salvini, si sa, rimestando nel più sciatto fascismo, nel più becero razzismo, nel peggior qualunquismo.

Renzi fino ad oggi lo ha fatto innescando il peggior populismo para consumistico, la politica degli 80 euro e via.

Potrebbe mai fare il miracolo, Renzi, di diventare un politico di razza con un corso rapido, caso mai leggendosi Berlinguer e imparandone sul serio la morale politica in breve tempo?

Per il resto, chi ci sarebbe mai? Un Franceschini, del resto ex Dc come Renzi? Un Bersani o un D’Alema di ritorno? Un Cuperlo? Un Gentiloni? Non viene che piangere.

Ma è proprio assurdo pensare che nel Pd torni a far capolino quel senso della politica che, appunto, si può ritrovare solo arrampicandoci fino a Berlinguer?


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