Davide contro Golia. La piccola Voce contro il gigante dei farmaci.
Abbiamo appena ricevuto una citazione civile dalla Alliance Healthcare Italia Distribuzione spa,una delle corazzate dell’impero guidato da Stefano Pessina.
Ci chiede un risarcimento da 1 milione di euro per via di un articolo pubblicato sulla Voce il 19 maggio scorso dal titolo “Walgreen / il j’accuse del Superfarmacista”.
LESA MAESTA’
L’accusa, in sostanza, è di lesa maestà, per aver macchiato, con le nostre notizie, l’onore e la reputazione del Paperone ormai italo-americano e delle sue prestigiose aziende, che collocano il gruppo Pessina al vertice internazionale nel ricco settore della distribuzione farmaceutica.
Emerge subito una grossa anomalia. La Voce, nel corso degli anni, ha scritto e pubblicato numerosi articoli sul gruppo Pessina, il principale addirittura a settembre del 1992, un’inchiesta, quella, davvero bollente. A seguire altri reportage.
Ma perché mai Pessina si risente, ora, di un articoletto da una quarantina di righi che riprendeva tal quali le notizie riportate il giorno prima dal Mattino?
Il Mattinosparava – come si dice in gergo – a tutta pagina quelle notizie, il pesante j’accuse di un noto farmacista napoletano che ne ha passate di cotte e di crude per una tormentata vicenda giudiziaria con il gruppo Pessina. Si tratta del dottor Nazario Matachione, titolare di svariate farmacie ed entrato in rotta di collisione con il Paperone nato a Pescara, i primi passi commerciali mossi nella zona orientale di Napoli con un piccolo deposito di farmaci.
La Voce, il 19 luglio, non ha fatto altro – nel pieno rispetto del diritto-dovere di cronaca – che pubblicare alcuni stralci di quella intervista. La fonte, del resto, è autorevole, il primo quotidiano del Mezzogiorno.
Lo stesso Mattino ha ricevuto dai legali di Pessina una breve rettifica, subito pubblicata. Così come la Vocene ha ricevuto una molto più lunga, che per lo stesso diritto-dovere di cronaca, abbiamo pubblicato integralmente, senza alcun taglio.
Stesso copione con Report, che il 1 aprile 2019 ha mandato in onda una ricca e documentata inchiesta dal titolo “Il male e la cura” in prevalenza dedicato alle acrobatiche imprese del gruppo Pessina. A stretto giro i legali di Walgreen Boots Alliance inviano una missiva alla redazione di Reporte chiedono che vengano rese note in trasmissione ben 7 corpose rettifiche, attaccando frontalmente la professionalità di Giuliano Marrucci, autore del reportage.
Ma vediamo più in dettaglio le varie tessere del mosaico.
IL J’ACCUSE DEL SUPERFARMACISTA
L’articolo della Voce, va ribadito, faceva unicamente riferimento al j’accuse di Matachione, che occupava un’intera pagina del quotidiano di Napoli. L’interesse pubblico alla vicenda, quindi c’è, al contrario di quanto affermano i legali di Pessina.
I toni (accusati dagli stessi legali), sono composti, ben all’interno delle sane regole del giornalismo. Nessun attacco personale, solo riportate le frasi di Matachione. Non tocca a noi giudicarne la valenza, non siamo un tribunale, spetterà proprio ai magistrati chiarire definitivamente l’intricata vicenda.
In quell’articolo solo poche righe di “ricostruzione storica” cercavano di contestualizzare i fatti. Niente di più.
Ben sapendo che si tratta di accuse senza peso, effettuate e solo scopo intimidatorio, i legali di Pessina si arrampicano sugli specchi e tirano in ballo un precedente articolo del 16 agosto 2015 e due del 2018 (23 febbraio e 6 luglio).
Frullano il tutto in un apposito contenitore e voilà, parlano di campagna di stampa denigratoria, costruita a base di “pezzi carichi di illazioni, dai contenuti tendenziosi”, dove “si gettano ombre sulla reputazione dell’imprenditore”. “Non si esita a considerare la società attrice – che è giunta a maturare nei confronti delle farmacie che facevano capo al dott. Matachione un credito di oltre 13 milioni di euro – alla stregua di un avvoltoio o di uno sciacallo e, persino, come un’impresa che fa dichiarare il fallimento di una moltitudine di società pur non essedo – affatto – creditrice delle stesse”.
SGANCIATE 1 MILIONE DI EURO
E concludono. “Il danno subito è tanto patrimoniale quanto non patrimoniale e si chiede, dunque, il risarcimento di una somma pari ad euro 1.000.000 (un milione) tenendo conto 1) della gravità del fatto; 2) dei toni utilizzati nell’articolo, che esorbitano le forme di continenza espositiva; 3) dall’assenza dello scopo di cronaca; 4) dall’ampia diffusione dei contenuti illeciti veicolati su testata online e dunque visionabili, ogni giorno, da chiunque”.
Siamo d’accordo, il fatto è grave: perché le accuse lanciate da Matachione, attraverso l’intervista rilasciata al Mattino, sono pesantissime.
I toni da noi utilizzati rientrano perfettamente nei parametri del diritto di cronaca. Sono le notizie a parlare da sole. Toni improntati alla continenza.
Sull’interesse pubblico alla vicenda, e alla sua conoscenza, e quindi sullo “scopo di cronaca”, è in grado di comprenderlo anche uno studente al primo anno di giurisprudenza. I fatti parlano, anche stavolta, da soli.
Ancora. I legali del gruppo Pessina arrivano a prendersela perfino con l’utilizzo di uno pseudonimo per firmare l’articolo, Paolo Spiga. Ignorando che nel giornalismo esistono, appunto, gli pseudonimi, utilizzati soprattutto per pezzi brevi come questo: mentre lorsignori spiegano il tutto “quasi a non volersi assumere professionalmente la responsabilità delle notizie contenute nell’articolo”.
Erano arrivati, i legali, a individuare un Paolo Spiga, con tanto di indirizzo, e perfino di codice fiscale, addirittura a Cagliari! Ma, ovviamente, la notifica è andata a vuoto.
Come la gran parte delle inchieste e degli articoli era firmato con il nome e cognome, Andrea Cinquegrani, il primo reportage da ben 6 pagine, pubblicato sull’edizione cartacea della allora Voce della Campania, a fine 1992.
QUELLA PESANTISSIMA INCHIESTA DEL ‘92
Come mai Pessina non lo querelò, dal momento che conteneva non poche notizie “bomba” e si limitò a una letterona che provvedemmo a pubblicare integralmente nel numero successivo?
Oggi, Pessina, non querela per diffamazione (che implica un processo penale con tanti di testimoni). Ma bussa subito a danari, con chiaro scopo intimidatorio. Ben sapendo che le sentenze civili sono già provvisoriamente esecutive in primo grado. Quindi si tratta del solito revolver piazzato sulla tempia del giornalista scomodo, che in questo caso dà fastidio, con le sue inchieste, al ricco Paperone venuto dal nulla e dopo anni sbarcato in America carico di miliardi, pronto a moltiplicarli come i bruscolini.
Eppure quell’articolo di settembre ’92 era già all’epoca straricco di dati (lo potete leggere in basso).
Non diede fastidio, allora, l’accostamento con la famiglia catanese degli Zappalà, con la quale Pessina strinse accordi societari?
Non diedero fastidio le frasi riportate dal periodico di settore, Tema Farmacia, sugli esordi in carriera di Pessina, una sorta di Berlusconi story almeno per quanto concerne il decollo?
Così domandava a Pessina, nel ’92, Tema Farmacia: “I farmacisti si chiedono dove abbia preso i soldi per creare tutto questo. I più benevoli parlano di crediti agevolati, i più malevoli addirittura di capitali di provenienza illecita”. E Pessina liquidò la questione parlando di “grandi sciocchezze”.
E’ un reato chiedersi come possano nascere certe fortune improvvise? E’ lesa maestà voler scoprire la genesi di repentini boom imprenditoriali? Caso mai c’è da domandarsi perché la magistratura – su quegli esordi – non abbia puntato i suoi riflettori.
REALTA’ E VERITA’ DISTORTE DA REPORT
Arriviamo all’inchiesta di Report, non un pesce d’aprile. Ma molte spine vanno di traverso al Paperone dei farmaci, che immediatamente tramite la sua equipe legale invia una diffida e una richiesta di rettifica articolata in ben 7 punti.
Partono subito all’assalto, i legali: “Una trasmissione diffamatoria che ha distorto completamente la realtà e la verità”. Più diretto il riferimento all’autore dell’inchiesta: “Ci duole constatare che nonostante il giornalista Giuliano Marrucci abbia incontrato molte persone non solo di Boots a Londra, ma anche di Walgreen Boots Alliance a Chicago, e gli siano state fornite molte informazioni che gli avrebbero certamente consentito di realizzare una trasmissione accurata e veritiera, questi abbia invece deciso di realizzare una trasmissione diffamatoria che ha distorto completamente la realtà e la verità”.
Non è ancora nota quale cifra abbia sparato Pessina, evidentemente una botta arcimilionaria, vista l’importanza e la risonanza della trasmissione.
Si lamentano della ricostruzione sull’acquisto delle farmacie Boot’s, “con soldi presi in prestito e a rimetterci è stato il fisco inglese”, come dettagliava Marrucci.
Si lagnano di come viene descritta la multa da 35 milioni inflitta al gruppo dall’americana SEC; e l’addebitano alla gestione precedente.
Ancora. Proteste sui fondi italiani del dopoterremoto, con un’azienda fallita nel potentino e il ruolo giocato nella vicenda dai commercialisti Prototipo, che hanno pagato con la perdita delle abitazioni personali.
Per finire con le operazioni di “salvataggio” di tante farmacie, da molti invece lette come affari puri e semplici, profittando delle loro liquidità difficili.
C’ERANO UNA VOLTA GLI 11 MILIARDI DI ‘O MINISTRO
Come si comporterà Pessina nei confronti non certo di Davide, come Report, e quindi ben attrezzato a dare battaglia? Partirà con la raffica di richieste arcimilionarie? O preferirà battere in ritirata?
Stessa storia per il Mattino: certo non sarà bastata la pubblicazione della rettifica: e a quanto ammonteranno, ora, i danni patiti da Pessina?
Dal canto nostro siamo abituati a battaglie del genere. Una delle prime “storiche” richieste di risarcimento ci arrivò da Paolo Cirino Pomicino, che per il libro pubblicato nel 1991, “’O Ministro”, chiese la bellezza di 11 miliardi di vecchie lire. O della impresa del cuore, Icla, la regina del dopoterremoto che bussò per altri miliardi.
Ossigeno per l’Informazione, l’associazione fondata una quindicina d’anni fa da Alberto Spampinato, il fratello del cronista ucciso dalla mafia, ogni mese stila un rapporto sulle minacce ai giornalisti. Stabili le aggressioni fisiche, in forte aumento quelle per via giudiziaria, in guanti bianchi: le cause civili per risarcimento danni, spesso e volentieri basate sul nulla, tanto per intimidire meglio e dissuadere dalla prosecuzione del proprio lavoro. Particolarmente pericolose se si tratta di colossi che hanno danari con la pala anche per pagare i loro team legali, nei confronti di piccoli giornali locali e di siti autogestiti.
Proprio i Davide contro i Golia. O come Cinderella-Russell Crowe contro avversari molto più potenti e straricchi di lui.
L’INCHIESTA DI SETTEMBRE 1992
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Un commento su “GOLIA CONTRO DAVIDE / IL GRUPPO PESSINA CHIEDE 1 MILIONE DI EURO ALLA VOCE”