Ospedale di Caserta di nuovo nella bufera. Un paio d’anni fa per camorra, stavolta per truffa, corruzione e assalto alle casse dello Stato.
Al centro della story, fra gli altri, Vincenza Scotti, sorella di Pasquale, l’ex braccio destro dell’allora capo della Nco Raffaele Cutolo. Super latitante per 31 anni, Scotti, dopo una rocambolesca fuga proprio dall’Ospedale di Caserta.
INTERCETTAZIONI BOLLENTI
E l’attuale maxi inchiesta portata avanti dalla procura di Santa Maria Capua Vetere prende le mosse proprio dalle intercettazioni telefoniche svolte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, tre anni fa, e relative alle ricerche e poi alla cattura di Pasquale Scotti, arrestato a Recife, in Brasile.
Così sottolinea la procura sammaritana, guidata da Maria Antonietta Troncone: “Le intercettazioni consentivano di porre fine alla latitanza di Pasquale Scotti (arrestato in Brasile il 26 maggio del 2015 ed estradato il 10 marzo del 2016) e dall’altro disvelavano un diffuso malaffare presso l’Azienda Ospedaliera ‘Sant’Anna e San Sebastiano’ di Caserta”.
I capi di imputazione – che hanno portato a sei mandati d’arresto emessi dal gip di Santa Maria – sono da novanta: associazione a delinquere aggravata finalizzata alla commissione di fatti di peculato, di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, di falsità ideologica e di truffa aggravata.
Ecco alcuni passaggi sostanziali di una dettagliata nota emessa dalla procura sammaritana. “Le indagini, dapprima, ponevano in risalto la figura di Angelo Costanzo, medico primario del reparto di Patologia Clinica dell’Azienda Ospedaliera di Caserta, che unitamente con la moglie, Vincenza Scotti, sorella del superlatitante Pasquale e titolare di un laboratorio privato di analisi (Sanatrix) sito in provincia di Napoli, avevano piegato la struttura sanitaria pubblica alle esigenze del centro privato, distraendo indebitamente, a beneficio di quest’ultimo, beni strumentali in dotazione della struttura sanitaria pubblica (strutture, macchinari, reagenti chimici e personale)”.
Il periodo finito sotto i riflettori degli inquirenti riguarda il triennio 2015-2017, periodo in cui l’Azienda sanitaria era commissariata, per un precedente scioglimento dovuto ad infiltrazioni mafiose.
Continuiamo con il report della procura di Santa Maria, che meglio di ogni altra cosa descrive il gigantesco affaire sulla pelle dei cittadini e a tutto profitto di interessi privati.
ESAMI CLINICI A GO GO E ORDINI INUTILI
“Dagli approfondimenti investigativi delegati ai Carabinieri del NAS è emersa l’esistenza e l’operatività di un sodalizio criminale costituito dai dipendenti dell’unità operativa complessa (UOC) di Patologia Clinica dell’ospedale, attraverso il quale, presso il laboratorio ospedaliero, veniva eseguita una serie indeterminata di esami clinici su campioni prelevati ai clienti del laboratorio della Scotti, privato ed accreditato con il Servizio Sanitario regionale che provvedeva, poi, a richiedere, ingiustamente, il rimborso delle relative ricette di prescrizione alla competente ASL”.
“I promotori sono stati individuati in Angelo Costanzo, responsabile della UOC ospedaliera, e Angelina Grillo, tecnico di laboratorio, sua fidata collaboratrice, i quali ottenevano, in forma corruttiva, da Giovanni Baglivi e Ernesto Accardo, rappresentanti di una ditta fornitrice e destinatari del provvedimento interdittivo dai rapporti con la pubblica amministrazione, compensi in danaro o soggiorni nelle isole partenopee, in cambio della indebita attribuzione di forniture di beni strumentali e diagnostici per l’ospedale”.
“Le richieste di approvvigionamento, però, non erano legate al reale fabbisogno per il laboratorio, ma decise dagli stessi rappresentanti della ditta fornitrice che articolavano le forniture adeguandole alle richieste corruttive effettuate dai due dipendenti pubblici”.
Passiamo alle intercettazioni telefoniche, proprio quelle attivate dalla DDA di Napoli per dar la caccia al superlatitante Pasquale Scotti.
Nota la procura di Santa Maria: “Le conversazioni telefoniche evidenziano che gli ordini, per lo più inutili, venivano commissionati alla ditta che maggiormente si dimostrata disposta a versare la ‘tangente’. Il tutto avveniva sotto il connivente avallo del Direttore del complesso diagnostico pubblico, Costanzo Angelo che, in maniera compiacente e nella certezza di impunità, non si preoccupava di dover giustificare al management aziendale la destinazione di impiego dei prodotti acquistati, il cui costo in un anno era ormai lievitato in maniera considerevole, sino a raggiungere l’ingente somma di 18 milioni di euro”.
FURTI DI FARMACI E REAGENTI
Non basta, perché le attività investigative hanno permesso di “riscontrare una serie di trafugamenti di farmaci e reagenti vari commessi dalla Grillo, da altri dipendenti dell’Azienda ospedaliera, parenti o conoscenti di questi che utilizzavano illecitamente i predetti materiali o li destinavano a terze persone”.
Un vero e proprio mercato, quello allestito nell’azienda sanitaria pubblica.
“In tale contesto – scrive la Procura – appare emblematica ed emerge in tutta la sua gravità la richiesta sfrontatamente avanzata dalla Scotti, titolare del ‘gemellato’ laboratorio di analisi private, affinchè venisse effettuata una fornitura di reagenti chimici per i propri macchinari, che sarebbero dovuti ovviamente essere acquistati con i fondi ospedalieri; ordine poi non effettuato solo per una mera scelta strategica dovuta all’imminente chiusura dei bilanci”.
Ancora. “L’ennesima attività criminosa emersa nel corso delle indagini è rappresentata dall’esecuzione di una serie indeterminata di analisi di laboratorio di ‘piacere’, effettuati senza corrispondere alcuna somma e in spregio ad ogni minima norma di buon andamento della pubblica amministrazione. Molteplici dipendenti del reparto, con la colpevole accondiscendenza del Costanzo, si prodigavano per compiere gli esami in favore di amici e/o parenti/conoscenti ai quali veniva consentito di evitare la prevista prenotazione al Cup”.
PRIMA LE ILLEGALITA’
Più in dettaglio: “Le investigazioni hanno permesso di dimostrare che le illegalità venivano anteposte a quelle delle ordinarie esigenze ospedaliere, tant’è che diversi turni d servizio venivano portati a termine eseguendo esclusivamente accertamenti su campioni prelevati da parenti, amici e conoscenti, posticipando le attività diagnostiche sulle matrici provenienti da reparti ospedalieri e, addirittura, dalle urgenze e dal pronto soccorso. Al fine di celare le migliaia di analisi eseguite illecitamente (che comportavano anche il superamento del tetto di spesa imposto dall’Azienda al Reparto di Patologia Clinica) e lo sperpero di reagenti, tale da renderli indisponibili per l’esecuzione di esami routinari richiesti dagli altri reparti aziendali, il primario e gli altri dipendenti del laboratorio avevano posto in essere una serie di stratagemmi per mascherare e, al tempo stesso, consentire agli interessati di individuare le analisi ‘di piacere’ rispetto a quelle ufficiali”.
In sintesi, “l’intero compendio investigativo ha dunque consentito di portare alla luce la scandalosa gestione del laboratorio dell’Azienda ospedaliera di Caserta, por lo più asservito a scopi strettamente personali e privatistici, ormai nettamente preminenti rispetto all’attività istituzionale, relegata, purtroppo, ad essere espletata nei ritagli di tempo e solo alla conclusione degli accertamenti laboratoriali del centro privato e quelli ‘di piacere’”.
Ciliegina sulla torta. “La scelleratezza gestionale del laboratorio pubblico e la mancanza di valori etico-professionali, che purtroppo pervadono anche i dipendenti pubblici coinvolti nell’indagine, emergono in tutta la loro gravità in un episodio accertato durante l’indagine quando, vista la mole di lavoro irregolare, è stata omessa l’effettuazione di esami di laboratorio, richiesti con estrema urgenza dal pronto soccorso, facendo rischiare lo stato comatoso ad un paziente in attesa di opportuno trattamento terapeutico da poter stabilire solo all’esito dei risultati ematochimici richiesti”.
Una vera Treccani della malasanità e della capacità predatoria di fondi pubblici sulla pelle dei pazienti, quella mostrata in almeno tre anni dal laboratorio e imperante in tutta l’azienda ospedaliera casertana. Dove regnano illegalità, tangenti & favori, mentre la salute dei normali cittadini viene presa a calci.
PASQUALE SCOTTI, IL MUTO
Non c’è proprio da stupirsi, allora, se l’azienda è già stata sciolta per infiltrazioni mafiose e trent’anni e passa fa il braccio destro di don Raffale Cutolo se la potè svignare in tutta tranquillità.
Era la mente economica della Nuova Camorra Organizzata, Pasquale Scotti, l’uomo in grado di tessere la rete dei rapporti con il mondo politico. Uno dei registi della “liberazione” dell’assessore Dc Ciro Cirillo rapito dalla Brigate Rosse. E quella “trattativa” fu la prima messa in campo dallo scudocrociato con la malavita organizzata.
Catturato a Recife 4 anni fa ed estradato un anno dopo, Scotti è stato interrogato per mesi e mesi dai pm della DDA di Napoli. Ma non è stato partorito neanche un topolino, neanche una frase di un minimo di peso.
Eppure Scotti è l’uomo di tutti i segreti, ovviamente oltre a Cutolo.
Come mai gli 007 non sono riusciti a tirar fuori neanche lo straccio di una pistarella? Come mai neanche una sillaba sull’operazione Cirillo? Come mai sui verbali di interrogatorio è calato il silenzio più tombale?
Forse sulle “trattative”, quelle vere, è meglio non trapeli mai niente…
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