Il ponte dei sorrisi

Era aria di festa nella postazione privilegiata di politici e affini, in attesa del botto che ha buttato giù i resti del maledetto ponte che ha ucciso 43 persone per non aver vigilato sulla saldezza della struttura. Le riprese televisive durante il prologo all’esplosione si sono attardate sui tronfi sorrisi dei due vice premier, di  Toti e aggregati a vario titolo, del loro seguito di gente allegra, intenta a esternare l’estremo piacere di attorniare lo scamiciato Salvini, di affiancare la propria faccia a quella rubiconda del ministro per un selfie da mostrare con orgoglio agli amici del bar Sport. Di sfuggita si è data ragione del  ritardo di quaranta minuti sull’ora ics fissata per le nove del mattino. E’ accaduto che un anziano era ancorato alle radici della sua casa messa in pericolo dall’esplosione, rifiutava l’evacuazione e che nessuno avesse avvertito  due migranti del pericolo di restare nella zona rossa. Il ritardo è stato coperto con abilità dai consumati cronisti televisivi per sgranare il rosario di commenti enfatici, giustificati per il lavoro perfetto degli artificieri,  fuori luogo per la “bellezza” dell’evento. Insomma un lungo e articolato spot governativo. È così che un altro mezzo di distrazione di massa, ha monopolizzato gli spazi televisivi, non solo di giornata, con il fatto sussidiario della vicenda Sea Watch. L’intento, pienamente riuscito, era di mettere la sordina alla rissa Lega-5Stelle, al pessimismo per il futuro dell’economia italiana gestita da incompetenti, che antepongono gli interessi di bottega alla salute finanziaria della collettività. Il sistema è antico. Nella prima Repubblica la tecnica giornalistica per sviare l’attenzione degli italiani dall’inettitudine dei governi consisteva nel montare scandali di corrotti e corruttori per un giorno o due: titoli a nove colonne, interventi di editorialisti, interviste, richiami in prima pagina, vignette. Tutto scompariva  d’incanto, da un giorno all’altro, per dare pari rilievo ad altri  fatti e misfatti  di cronaca, bianca, nera, rosa. Emblema di questa strategia il caso Vermicino, del bambino finito in un pozzo, della forte tensione emotiva che ha accompagnato minuto per minuto i tentativi di salvarlo, ripresi dalle telecamere ventiquattr’ore su ventiquattro. In questo magma incandescente che scorre copioso e fa danni alla salute finanziaria dell’Italia, l’Europa vituperata dai pentaleghisti, rinvia generosamente l’esame di idoneità economica del governo a Settembre e la decisone molto somiglia alla benevolenza del docente che non boccia l’insufficienza di un allievo, nella speranza che la recuperi nella pausa estiva e torni preparato agli esami di riparazione.
Potendo, cioè se fossimo in pieno Medio Evo, il ministro dell’Interno, nonché vice premier, nonché capoccione del Carroccio, avrebbe allestito sul pontile di Lampedusa una catasta di legna secca sormontata da un palo a cui incatenare Carola Rackete, la giovane comandante della Sea Watch per darle fiamme e vantarsi di aver bruciato una strega cattiva, ma soprattutto la “testarda” animata da convinzioni “eretiche” sulla priorità assoluta di salvare uomini, donne e bambini da morte certa nel Mare Nostrum. Con un balzo in avanti di secoli il “ce l’ho duro” Salvini, ingoiati un paio di viagra per giustificare l’attributo, ha ordinato l’arresto della comandante. Al “coraggioso” blitz della finanza è mancato solo il capannello di festanti seguaci del cosiddetto “capitano”, una scena analoga all’esultanza dei poliziotti per l’arresto di un boss mafioso latitante da tempo. Sommo gaudio del ministro e chissà quale altro empito creativo per coniare un nuovo insulto dopo quello ignobile di “sbruffoncella”, che ha dato la stura a insulti irripetibili di suoi seguaci sui social.
Ci mancava la balordaggine censoria di Marzullo, quello delle domande notturne, per lo più idiote. Invitato dal programma “Cinematografo, condotto dal capellone con la camicia sempre uguale a strisce orizzontali Pino Schirripa, docente di Antropologia della Sapienza, ha indossato una maglietta con la scritta “Mediterranea saving humans” che, tradotto, vuol dire nave ‘Mediterranea salva esseri umani’. Marzullo gli ha imposto di toglierla, il docente si è rifiutato, Marzullo lo gli ha impedito di partecipare alla trasmissione. Schirripa: “L’umanità non ha diritto di cittadinanza in Tv e un politico si può mostrare con una maglietta su cui c’è scritto ‘ruspe sui rom’”. Perfino il mite intervistatore della notte si è arruolato nelle truppe dello sterminato esercito di opportunisti che vanno là dove li porta l’odore del potere. Fazio lo chiamerà di nuovo come ospite  fisso nel suo “Che tempo che fa”?
Tutti uguali dal vecchio Pci ai novelli politicanti pentastellati. I paladini della democrazia diretta, cioè via internet,  sono antidemocraticamente intolleranti. Come un tempo chi dissentiva dal pensiero unico del partito comunista era espulso, così fanno i grillini con chi denuncia l’incoerenza tra il dire e il fare. Di Maio ordina, il movimento esegue ed espelle la senatrice Paolo Nugnes, coscienza critica del ‘dimaismo’. Il solo Robert Fico è dalla sua parte e continua a considerarla nel movimento.  A proposito di intolleranza, è prevista e imminente l’espulsione di una sessantina di indesiderati che, anche considerato il calo percentuale di consensi ai 5Stelle, come dire, non sembra proprio un’idea felice.

Non è il primo caso di donne con la pelle nera leader in politica. Esclusi gli Stati Uniti, dove la presenza di neri ai massimi livelli istituzionali è cosa consolidata (al culmine il presidente Obama), in  Italia la Kienge è stata ministro del governo di centrosinistra. La Svezia elegge ora Nyamko Sabubi, originaria del Burundi


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