OLIMPIADI INVERNALI 2026 / MA CHISSENEFREGA

Tutti pazzi per la neve. Il Belpaese si scioglie in un diluvio di appalusi per la grandiosa vittoria che proietta nel firmamento mondiale Milano e Cortina, le organizzatrici delle Olimpiadi invernali 2026.

L’Italia – ormai coperta nella polvere e discesa a precipizio nella hit internazionale – risorge come l’araba fenice. Come Lazzaro, morta, si alza e cammina.

L’esultanza di Sala e Zaia

Colti da esaltazione collettiva, saltano davanti alle telecamere come canguri il presidente del Coni Giovanni Malagò, il sindaco di Milano Beppe Sala, il governatore del Veneto Luca Zaia e quello del Lombardia Attilio Fontana. Un tripudio da festa nazional-paesana, mancano solo spumante e bocconi di mortadella.

D’incanto ci lasciamo dietro alle spalle tutti i problemi. Come dicevano lorsignori “sarà un anno bellissimo” e “abbiamo sconfitto la povertà”. Adesso anche un tuffo tra nevi e ghiacci, frizzi e lazzi in vista del prossimo, fantasmagorico 2026.

E tutti, invasi dal sacro furore, danni già i primi numeri.

 

DANNO I PRIMI NUMERI

Il più vispo e saltellante è ragionier Beppe Sala, in procinto di ricevere anche il premio di super amministratore del più grande condominio italiano, Milano.

Che già vede quella stratosferica area che ospitò il suo Expo bardata a festa: un’area che rappresenta da sola – esplode il sindaco tutto solidarietà & sviluppo –

“il 10 per cento del Pil italiano, che dopo Expo ha visto salire il numero dei turisti da 5 a 9 milioni all’anno, che raccoglie il 30 per cento degli investimenti immobiliari stranieri”.

Numeri da far girare la testa, tirati fuori da un cilindro magico.

Ed ecco altre cifre che, da sole, fanno già sognare il Belpaese, e superare in tromba quei ferri arrugginiti targati Germania e Francia. 3,4 i miliardi di investimenti previsti così come calcolati dall’università Bocconi. Altri istituti di ricerca arrivano a stimarne non meno di 4, mentre i media di palazzo – ormai genuflessi davanti a tanto oro colante – sfiorano i 5.

Sugli occupati i numeri sono altrettanto elastici: la forbice procede da un minino di 22 mila a un massino di quasi il doppio, 40 mila. Insomma, forse anche per via della calura sempre più opprimente, siamo al lotto più sfrenato.

Chiara Appendino

Media altrettanto sfrenati, tutti in coro a cantar la stravittoria a cinque cerchi. E a celebrare anche il San Giovani torinese, in collegamento con la sindaca grillina Chiara Appendino che ora si veste per la festa e inneggia alle acrobazie di uno stormo di droni in cielo, “il cui movimento – gonfia il petto – è stato calcolato millimetro per millimetro”. E scorda la figuraccia.

Mentre suona le trombe, da Milano, il sindaco che ancora indossa gli elegantissimi calzini arcobaleno di qualche giorno prima per festeggiare il Gay Pride. E si esibisce subito in un clamoroso autogol, Sala, quando cerca di cogliere due piccioni con una fava fallendo l’obiettivo.

In conferenza stampa, infatti, annuncia che il Comune è ormai in procinto di firmare l’accordo con Inter e Milan per la costruzione del nuovo stadio, che verrà ubicato a fianco dell’attuale San Siro. I lavori dovrebbero iniziare tra un paio d’anni, per terminare più o meno nel 2025-2026. Praticamente in contemporanea con i giochi olimpici invernali. Ma sapete dove si terrà la cerimonia inaugurale? Nel vecchio San Siro! Quindi non nel nuovo impianto bello e pronto, caso mai per lanciarlo in tutto il mondo. Gusto del vintage?

Un Sala ormai super conteso. Tutto lo vogliono: dal Pd per lanciarlo come futuro premier, a una Milano sempre più da bere. Lui gongola, dopo i fasti dell’Expo che lo hanno lanciato nell’empireo e la solo momentanea frenata per il flop della candidatura di Milano come capitale europea del farmaco in sella ad EMA.

Senza per ora entrare nel merito di ulteriori cifre, piani, programmai & progetti che ovviamente seguiranno, riteniamo estremamente utile rammentare quanto sull’organizzazione delle Olimpiadi pensava Pietro Mennea, il campione dei 100 metri rimasto nel cuore di tutti gli italiani. Non solo un atleta eccezionale, ma anche un uomo straordinario, capace di tuffarsi nell’impegno civile e politico. Due le “campagne” portate avanti per anni con coraggio e determinazione: contro il doping e contro gli sprechi, appunto, olimpici.

Otto anni fa, a metà 2011, la Voce ha pubblicato un’intervista storica, effettuata da Ferdinando Imposimato a Pietro Mennea. Vale a dire dal magistrato da sempre in prima fila per combattere mafie, corruzione e sperperi, al nostro campione sia in pista che nella vita.

 

LO SPRINT DI MENNEA CONTRO SPERPERI & CORRUZIONI

Pietro Mennea

Quell’intervista prendeva spunto proprio dal libro di Mennea contro gli sprechi olimpici, ed in vista della candidatura di Roma per il 2020, tramontata in seguito al no pronunciato perfino dall’allora premier Mario Monti. Ecco cosa diceva Mennea.

“Un Paese civile, governato da una classe dirigente responsabile, quando vi è un’economia stagnate in cui il Pil è inferiore all’1 per cento, non dovrebbe mai chiedere la candidatura alle Olimpiadi”.

“Questo genere di eventi dura in genere una quindicina di giorni. Una volta terminato, lasciano costi e oneri infiniti a carico della città e del Paese che li organizza”.

Stiamo ancora pagando la gestione degli impianti per i Giochi invernali di Torino e la Grecia è nella drammatica situazione in cui si trova per colpa delle Olimpiadi del 2004”.

“Nella storia delle Olimpiadi, dal 1986 fino a quelle cinesi, ogni Paese organizzatore ha dovuto affrontare una recessione cronica, fatta eccezione per le Olimpiadi di Atlanta, dove sono stati costruiti pochi impianti. Negli altri casi l’economia del Paese è entrata in una profonda crisi”.

Mennea cita poi ad Imposimato diversi flop emblematici che dovrebbero e devono ancora oggi far riflettere su operazioni simili.

“A partire dai Giochi Olimpici di Melbourne 1956, Tokyo 1964, Los Angeles 1984, Seul 1988, l’economia nazionale dopo le Olimpiadi ha avuto una brusca frenata. Dopo le Olimpiadi 1992 di Barcellona, in Spagna si è registrata una forte recessione. Anche la Cina, che vanta la più ricca economia mondiale, dopo i Giochi del 2008 ha subito una lieve recessione: gli impianti sono usati per altri scopi perché i costi di gestione sono insostenibili”.

Le Olimpiadi di Grenoble

I cittadini francesi, per aver organizzato i Giochi invernali di Grenoble 1968, hanno terminato di pagare una tassa maggiorata trent’anni dopo, cioè nel 1998. Per quelli di Sidney gli australiani stanno ancora pagando la gestione degli impianti, mentre in Grecia la maggior parte dei ventuno impianti costruiti non è più funzionante, oppure sono in una situazione di forte degrado. Anche tedeschi e canadesi, che hanno ospitato le Olimpiadi di Monaco 1972 e di Montreal 1976, hanno finito di pagare la tassa per i Giochi nel 2005. Ed è qui il problema: finchè queste strutture non sono smantellate, bisogna continuare a pagare le altissime spese di gestione”.

Così concludeva la sua intervista a Ferdinando Imposimato il nostro campione olimpico Pietro Mennea: “Uno studio della Commissione cultura e sport presentato alla Camera dei Comuni di Londra nel 2007, ha dimostrato che queste strutture sono uno spreco di denaro. Nessun Paese che ha ospitato i Giochi Olimpici – si legge – è riuscito a dimostrare un beneficio diretto dell’organizzazione dell’evento e dell’usufrutto delle strutture”.

Riusciranno i nostri eroi nell’impresa di trasformare in oro quel che oggi, sette anni prima, promettono?


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