Se si prendono alla lettera le parole della Guida Suprema iraniana, l’Ayatollah Ali Khamenei, pronunciate il 14 maggio scorso, si potrebbe stare tranquilli. Esse sono inequivocabili nella loro chiarezza: “Non ci sarà alcuna guerra. La nazione iraniana ha scelto la via della resistenza. Noi non cerchiamo la guerra e nemmeno loro la cercano. Essi sono consapevoli che non è nel loro interesse”.
Nello stesso tempo, a rafforzare questa tesi, c’è il comportamento di Teheran in tutta la fase della guerra siriana. Decine di volte l’aviazione israeliana ha attaccato le installazioni iraniane in Siria, uccidendo militari iraniani e siriani. Ogni volta provocando reazioni verbali durissime da parte di Teheran, ma nessun atto pratico ha fatto seguito. L’Iran ha mantenuto una linea decisamente delimitata all’azione contro i tagliagole dell’ISIS e rigorosamente all’interno del territorio siriano. Gli ordini sono stati chiari e sono stati rispettati: aiutare l’esercito siriano e Hezbollah. Se l’Iran avesse voluto schiacciare sull’acceleratore, avrebbe avuto numerose occasioni per farlo. Ma non lo ha fatto.
Khamenei parla dunque all’Europa, dando a Rohani la precisa indicazione di continuare il dialogo con Parigi, Berlino e Londra da un lato, e con Mosca dall’altro. Nello stesso tempo la Guida Suprema si rende conto perfettamente che lo schieramento militare americano attorno all’Iran sarebbe in condizioni — ove venisse attivato, anche per errore o fraintendimento — di infliggere danni enormi e gravi perdite umane alla popolazione, senza contare le ripercussioni economiche mondiali e quelle sul prezzo del petrolio.
Dalle sue parole, che intendono essere rassicuranti in tutte le direzioni, traspare tuttavia la grande preoccupazione sulla possibilità di controllare la situazione e disinnescare tutte le forze in campo. Anche Trump sa (si presume) quali potrebbero essere gli effetti di un attacco israelo-americano-saudita contro l’Iran. Le forze USA non sono in grado di sostenere un impegno militare così gigantesco quale quello che sarebbe necessario in caso di guerra guerreggiata contro un paese delle dimensioni e della forza di Teheran. Trump ha “stranamente” smentito le voci (americane) della mobilitazione di 120.000 soldati USA, aggiungendo che, in caso di reale pericolo, le truppe che metterebbe in campo sarebbero “di gran lunga” più massicce. È poiché di una tale mobilitazione non c’è traccia, ha di fatto rassicurato Teheran, almeno nell’immediato.Il messaggio di Khamenei significa che anche l’Iran ufficiale non prenderà alcuna iniziativa militare e che cercherà di evitare che qualcun altro possa farlo. Del resto non è stato registrato, dai servizi segreti occidentali, che monitorano sistematicamente, le mosse iraniane, alcun segno di mobilitazione delle forze militari iraniane, né alcuna indicazione di allarme speciale dei sistemi di protezione della popolazione civile. Un confronto ravvicinato con le forze Statunitensi non è dunque nelle previsioni di nessuna delle due parti “ufficiali”. Il problema è che, nella partita, non sono le uniche a giocare.
Nella foto l’Ayatollah Ali Khamenei
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