Idea: un clic anti Tg1 di Salvini

Basta cambiare canale per sottrarsi al disgusto che a ogni ora del giorno e della notte provoca la faziosità di Tg1 (evviva, in calo di ascolti) e Tg2, e l’ambigua pretesa di equidistanza politica di un Tg3 peggiorato con il cambio di direzione un seppure indiretta subordinazione ai padroni gialloverdi dell’azienda. Per riconciliarsi, anche se parzialmente, con l’informazione televisiva basta un clic che superati i primi sei canali, si fermi su La 7 di Mentana, che si concede perfino il ricorso all’ironia per “sfottere” Salvini. In altre parole, si auspica un sano boicottaggio del Tg1, canale privato del ministro leghista, divenuto scandalosamente salviniano con la direzione di Sangiuliano, giornalista fulminato con furba tempestività sulla via del leghismo e sullo slancio purificatore del Tg2, proprietà riservata del governo. La salutare decisione di oscurarli darebbe fiato all’Italia che si desta dall’ipnosi elettorale del 2018 e contesta Salvini da nord a sud, con fischi, urla e striscioni “contro”, con le energie vitali dei giovani, di chi ha esposto striscioni ai comizi del Carroccio del tipo “Qui non sei il benvenuto”, “Vai via, torna a casa”) e di quanti hanno contribuito alla fresca sconfitta elettorale in Sicilia; di chi gli chiede un selfie, attività principale di Salvini, per chiedergli a muso duro che fine hanno fatto i 49 milioni truffati allo Stato dalla Lega; di chi, come la Gabanelli ha indagato l’assenteismo istituzionale del ministro, totalmente assorbito da comizi, selfie, acquisti di felpe di Polizia, Finanza, vigili del fuoco, del Milan di cui è usurpatore del ruolo di tecnico, di ogni città dove spara balle e proclami da “tale e quale show” come ducetto in sedicesimo. I numeri del valpadano assenteista, che da vanesio qual è si trastulla con il gioco “Vinci con Salvini”, in palio una telefonata diretta o un caffè condiviso come premio per un numero adeguato di “mi piace” sul suo profilo: nei ritagli di tempo tra un comizio e una trasferta a caccia di selfie, da Gennaio ad oggi, al Ministro dell’Interno lo hanno visto solo 17 volte. Nello stesso periodo ha totalizzato oltre 200 incursioni tra eventi, comizi, cene elettorali e feste della Lega, scorrazzando in lungo e in largo con aerei ed elicotteri della polizia. Ha però trovato tempi e modi per indurre le forze dell’ordine a rimuovere cartelli e striscioni dei contestatori, ha fatto sequestrare i cellulari di chi lo ha provocato con selfie irridenti (due ragazze si sono baciate in presenza dell’omofobo ministro), ha dichiarato guerra a Fazio grazie alla complicità del presidente Rai Foa, leghista doc. Dove potrebbe mai trovare il tempo per rispondere dei milioni truffati allo Stato?

C’è un buco nella tessitura di propagandistica di Salvini, che di volta in volta prende le forme di felpe e t-shirt indossate per provare a procurarsi l’endoserment di potenziali elettori, con particolare riguardo per la polizia. Il feeling erga omnes s’inceppa quando impatta il rapporto con le forze armate. La richiesta di ‘like’ annunciata dal vice premier leghista è rinviata al mittente e accade in Parlamento, dove il Carroccio, in compagnia della destra, boccia un emendamento dei 5Stelle, teso ad estendere ai militari il diritto di essere sindacalmente rappresentati.

Stadi di calcio frequentati da untori di una peste che non si riesce a debellare, ovvero il becero razzismo di tifoserie del Nord e per citare le più recidive di Bergamo, Verona, Torino di sponda Juventus. Come mai non succede in Inghilterra dove nelle squadre di calcio militano in gran numero giocatori neri? La spiegazione è semplice. Succede in Italia perché c’è la Lega che semina odio, raccolto dalla teppaglia che frequenta gli stadi per scatenare la violenza. C’è un caso estremo e oltrepassa ogni limite della tolleranza. Nel corso della partita Inter-Chievo, disputata a Milano, i tifosi nerazzurri di una curva (chiamarli così è un grossolano errore) hanno intonato cori contro il Napoli e la città dove si svolgerà l’incontro degli azzurri con l’Inter, in palio la partecipazione alla Champions League. L’invito dello speaker di smetterla è stato accolto da una bordata di fischi, ulteriore elemento che dovrebbe convincere le Lega calcio e il ministro dell’Interno a stroncare il razzismo di tifoserie drogate con soluzioni drastiche, per esempio con la punizione di dieci o più partite casalinghe a porte vuote che solleciterebbero le società a intervenire adeguatamente.


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