Tanto tuonò, ma non piovve

Una vera pacchia, sic dixit il tetro e rozzo Salvini per titolare lo stop all’esodo dei migranti. Una vera pacchia è la cesura con più colpi di machete che tende a spaccare in due il folle sodalizio Lega-5Stelle. Come si spacca una noce di cocco per privarla della sua preziosa linfa, prosciugata con reiterate suzioni da un buco praticato per dissetarsi e assaporare il gusto del potere. E’ pacchia e l’apprezzerebbero gli autori di balletti a trama drammatica, i pupari, lieti di poter arricchire il repertorio dei loro personaggi con duelli a colpi incrociati di scimitarra, non meno gli sceneggiatori di trame per film di cappa e spada, gli organizzatori di wrestlingi tra i pesi massimi Big Show e Braun Strowman: autori della pacchia sono i tizi che l’incoscienza e la cecità di troppa parte degli italiani ha messo sul piedistallo del potere senza intuirne le conseguenze. I soci in gialloverde si provocano reciprocamente in un crescendo a cui manca solo il ring. Rinascessero Chajkovskij e Prokof’ev, il primo riscriverebbe il finale del “Lago dei cigni” inserendo un passo a due e il tragico omicidio-suicidio dei due protagonisti. Il sipario calerebbe sul “Romeo e Giuletta” rieditato del compositore russo, per raccontare le coltellate dell’uno all’altra e viceversa, inferte per non sopravvivere alla tragica fine del loro amore. Enzo Jannaci confermerebbe il testo di “Vengo anch’io, no tu” da cantareo in duetto da Giggino Di Maio e il rude Salvini.

Rischia travasi di bile e soffre l’allergia primaverile da polline, parietaria e da governo Carroccio-Grillismo chi aspira a vederlo finire ‘dalle stelle alle stalle’ , ma al tempo stesso osserva divertito la sua esasperata ed esasperante rivalità. Schiaffi in faccia, colpi bassi, ginocchiate, calci, “tu non sai chi sono io”, insulti, dispetti, ricatti, minacce, “qui comando io”, “tu non vali un fico secco”, “sì al ‘salva Roma’ o è guerra” “Sì al Tav o ciao, ciao” “Il 25 aprile è festa di tutti”, “Comunismo e fascismo sono un derby, la lega non ci sarà”, “Chiudo i porti”, “no tu,no”, eccetera, eccetera, eccetera.

Politologi, e il residuale popolo della sinistra, ma in generale chi mantiene in esercizio la capacità di intendere e di volere, ritengono di trarne un’ ’ovvia, purtroppo deviante convinzione che tra Di Maio e Salvini è pronta la dichiarazione di guerra. Chi lo spera non ha sotto gli occhi la vignetta di accompagnamento a un corsivo di Fortebraccio, che dette ragione ad Andreotti (“il potere logora chi non ce l’ha”) avvitato all’eterna poltrona-trono.

Basta chiedere a Pagnoncelli, noto sondaggista e scoprire che il 99,999999 per cento degli eletti al Parlamento, teme terrorizzato la crisi di governo, il ritorno alle urne, lo spettro della presumibile bocciatura e il mesto addio ai soldi, ad altri privilegi elargiti a deputati, senatori, ministri e sottosegretari, presidenti delle due Camere, delle commissioni, la rinuncia al titolo usurpato di “onorevole”. Lo spauracchio del voto, è specialmente indigesto per grillini e leghisti, perché senz’arte né parte, insomma nulla facenti prima di essere eletti. Fino alle lezioni di Maggio e molto probabilmente anche dopo il voto ci tocca tenerci i Dioscuri, Toninelli, Siri, Fontana, Bonafede, Giorgetti e Crimi, il patetico Conte, i portavoce Casalino e Morisi, la Rai monopolio gialloverde, razzismo e velleitarismo basato sul niente, incompetenze e risse, recessione, qualunquismo, sovranismo, l’onesto, ma pavido Tria, omofobia e bigottismo, Trampismo e Putinismo, neofascismo, dilettanti allo sbaraglio, omofobi e xenofobi.

Ma che male abbiamo fatto?


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