New salvineide

Salvineide è il titolo delle note dedicate al rozzo ministro dell’Interno omofobo, razzista, xenofobo, emulo dell’Uomo qualunque di Giannini, alleato con il fascismo di Marine Le Pen, contiguo a Casa Pound e Forza Nuova, corteggiato dalla Meloni, che candida alle europee il pronipote fascista di Mussolini, solidale con l’arcipelago della destra accolta dalla Ue. La spocchia senza limiti di Salvini lo ha indotto a sfidare una città antifascista qual è Perugia. Si è presentato sul palco dell’adunata leghista certo di essere accolto con una standing ovation. Sepolto da fischi e grida di contestazione – un ragazzo dalla sua finestra lo ha spernacchiato e gli ha mostrato il dito medio, gesto che non ha bisogno di spiegazioni – Salvini è andato fuori di testa. Scuro in volto ha scelto con cura nella sua limitata frequentazione della lingua italiana le frasi per replicare ai contestatori. Eccole: “Avete rotto le palle….Io adoro le minoranze, difendo i comunisti come specie in via di estinzione, i partigiani vi schiferebbero” Qualcuno lo ha stoppato con un “Per romperti le palle dovresti avercele”.

Il vicepremier del Carroccio ritiene di insultare impunemente la scrittrice Michela, la definisce “radical chic e snob”. Lei proprio non ci sta e risponde sarcastica “Lavoro da quando avevo 14 anni e non mi faccio dare lezioni da un uomo che è salito su una ruspa solo quando era davanti a una telecamera. Mi sono diplomata nel ’91, mentre mi pagavo gli studi lavorando con una società di assicurazioni. Lui prendeva il voto di 48 su 60 alla maturità classica in un liceo frequentato dai figli della buona borghesia milanese. Io ho svolto lavori precari e malpagata come cameriera, telefonista, portiera d’albergo, Lui nient’altro che la politica, nessun altro lavoro. Lui non sa di cosa parla quando parla di vita vera, di problemi e di lavoro, dato che passa gran tempo a scaldare la sedia negli studi televisivi, a travestirsi da esponente delle forze dell’ordine, a far selfie per i social network a dispetto del delicatissimo incarico che ricopre a spese dei contribuenti. Lasci stare il telefonino e si metta finalmente a fare il ministro, invece che l’assaggiatore alle sagre”.

Tale Armando Siri, sottosegretario leghista ai trasporti, è indagato per corruzione. I magistrati di Roma e Palermo gli contestano di aver presentato emendamenti per favorire leggi a favore di imprenditori, in cambio di 30mila euro. A indagare è la procura antimafia di Trapani. Sono state intercettate comunicazioni telefoniche in cui gli chiedevano di aiutarli per i loro affari (finanziamenti per l’energia eolica, settore a cui è interessato l’imprenditore Vito Nicastri, “signore del vento”, agli arresti domiciliari, ma iperattivo). Di Maio dice che a prescindere da quale sarà l’esito dell’inchiesta le dimissioni di Siri sarebbero opportune, Salvini assolve Siri: “Lo conosco, lo stimo, non ho dubbio alcuno, ho piena fiducia in lui”. Toninelli, ministro delle infrastrutture e i trasporti, ha disposto il ritiro delle deleghe a Siri. Guerra…guerra!

Il Salvini dalle molteplici felpe indossate per acquisire il gradimento di Polizia, Finanza. Vigili del Fuoco & c., ma non solo, incappa in un incidente di percorso. Ritiene di poter impartire ordini anche all’esercito. Gli scompare dalla faccia il sorriso di uomo giusto al posto giusto, si fa scuro in volto, cerca conforto dai suoi sudditi. Ma come, lui irritato con i militari? Ecco qual è la materia del contendere con il ministro della difesa Trenta: Salvini invia disposizioni alla Marina con le direttive in materia di controllo delle frontiere marittime e del contrasto all’emigrazione clandestina, ma sono competenze della Difesa, sicché i militari lo contestano per lo scippo. Il senatur del Carroccio: “Dopo il voto facciamo i conti”, nobile proposito spedito al destinatario 5Stelle”.

Scuro in volto è anche Di Maio e stavolta è sintonia 5Stelle-Carroccio. Identica l’incavolatura per l’onesta valutazione del ministro Tria, costretto a muoversi con prudenza nel labirinto dei costi senza copertura per reddito di cittadinanza e quota 100. Richiesto di cercare e trovare (“presto!”) i miliardi necessari, Tria ha detto a chiare lettere che la soluzione è l’aumento dell’Iva. Non l’avesse mai fatto: a pochi passi dalle elezioni europee, i Castore e Polluce del governo gialloverde hanno messo in cantina i cento motivi della lotta intestina in corso e hanno minacciato Tria. O rinnega l’ipotesi di aumento dell’Iva, o si tolga di torno. Come diceva un bravo giornalista Rai, sorge spontanea una domanda: “Perché non si dimette il bistrattato ministro?” Risposta: “Perché”, come ha sentenziato Andreotti, “il potere logora chi non ce l’ha”.


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