L’ultimo libro di Sandro Provvisionato, “Il caso Lavorini”, viene presentato a Roma.
Uno dei primi misteri d’Italia, scandagliato dal grande giornalista che ci ha lasciati da più di un anno e sembra ieri, con la sua immensa capacità di fare inchiesta, la sua passione civile, il suo coraggio nel denunciare il malaffare ovunque si annidasse, di scandagliare nei meandri del Potere. E la sua smisurata carica umana, tutta la modestia di un Maestro.
In basso potete legge, cliccando sui link, un articolo sul libro pubblicato lo scorso gennaio e la memoria di Sandro che abbiamo noi della Voce.
Facciamo molto spesso riferimento all’inscindibile binomio “giustizia e memoria”, una sorta di filo rosso che corre nella gran parte delle inchieste della Voce nel corso degli anni. Quel binomio è indissolubilmente legato al suo nome.
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Era il 31 gennaio 1969, cinquant’anni fa.
Ermanno Lavorini esce di casa, di lui non si saprà più nulla. Scomparso, a soli dodici anni. La sua storia fa il giro del mondo. Ventisette trasmissioni televisive, trecento passaggi radiofonici, ventidue inviati speciali dei principali quotidiani che accorrono a Viareggio, dove si svolgono i fatti. All’inizio di marzo il corpo di Ermanno è ritrovato privo di vita.
Un dramma che sconvolge l’Italia intera, eppure è solo l’inizio di una ricerca della verità che si trasforma in una caccia al mostro violentissima, travolgendo le vite di tanti innocenti imputati per un presunto delitto sessuale che non è mai esistito. Giudici e forze dell’ordine restano per anni in balia di un manipolo di minorenni e non solo, che sciorinano le versioni più assurde, fanno nomi e cognomi che non c’entrano nulla e vengono tirati dentro un tritacarne giudiziario e mediatico senza precedenti.
Solo dopo anni, la cornice politica del rapimento inizia a emergere: «Il fatto fu preparato durante le riunioni nella sede del Fronte monarchico.
Con i soldi del riscatto si dovevano comperare degli esplosivi che sarebbero poi serviti per compiere una serie di attentati».
È l’anno di piazza Fontana, la fine dell’innocenza. Forse un filo nero attraversa i fatti, un filo nero che in molti hanno preferito non vedere.
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