DEPISTAGGIO BORSELLINO / TELEFONATE CON I PM, L’EX MOGLIE DI SCARANTINO DENUNCIA

“Ho trovato a casa dei foglietti del mio ex marito con i numeri dei cellulari e dell’ufficio dei pm, all’epoca in servizio a Caltanissetta: Nino Di MatteoAnna PalmaCarmelo Petralia e  Gianni Tinebra. A volte si chiudeva in stanza per parlare con loro al telefono. Chi li aveva forniti? Da quello che mi risulta gli stessi magistrati”.

Vincenzo Scarantino con la moglie Rosaria in una foto dell’epoca. In apertura, da sinistra, i magistrati Nino Di Matteo, Carmelo Petralia, Gianni Tinebra e Anna Palma.

E’ la clamorosa verbalizzazione appena resa da Rosalia Basile, l’ex consorte del super pentito taroccato Vincenzo Scarantino, in occasione di una udienza al processo sul maxi depistaggio in corso di svolgimento a Caltanissetta e che vede sul banco degli imputati tre poliziotti.

Il processo sul depistaggio di Stato fa seguito al Borsellino quater, il processo senza fine sulla strage di via D’Amelio che ora potrebbe arrivare ad una svolta finale.

Il taroccamento di Scarantino è costato 16 anni di galera a sette imputati del tutto estranei alla vicenda. E ha garantito fino ad oggi la totale impunità agli esecutori materiali, ai mandanti della strage e a chi li ha fino ad oggi protetti.

Una storia tragicamente simile al copione del massacro di Ilaria Alpi eMiran Hrovantin, che il 20 marzo ha “celebrato” i suoi 25 anni costellati da omissioni, collusioni, complicità e depistaggi di Stato, come ha documentato la sentenza di due anni fa a Perugia con la quale è stato scagionato un altro innocente, Hashi Omar Hassan, che ha scontato anche lui 16 anni di galera da perfetto innocente. Proprio mentre killer, mandanti e depistatori erano e restano liberi come fringuelli.

 

LE INCHIESTE DI SANDRO PROVVISIONATO

Ma torniamo a bomba, ossia ai depistaggi di via D’Amelio.

La Vocene sta scrivendo da anni. In particolare sono state le inchieste di un giornalista di razza come Sandro Provvisionato a dettagliare, per filo e per segno, tutte le tappe del depistaggio molto prima che se parlasse nelle aule giudiziarie.

Sandro Provvisionato

Facendo nomi e cognomi dei magistrati coinvolti, dei poliziotti e delle incredibili connection. Potete trovare quelle inchieste sul nostro sito (in particolare nella rubrica curata da Sandro, “Misteri d’Italia”), cliccando ad esempio sul nome “Vincenzo Scarantino”.

Provvisionato, per fare un esempio, ha descritto il ruolo svolto nella vicenda da Ilda Boccassini, il magistrato che per primo mise in guardia gli inquirenti siciliani dal prestar fede ad un soggetto del tutto inaffidabile come Scarantino. Inviò, infatti, un paio di comunicazioni ai pm, che se ne fregarono altamente e continuarono a basare la loro inchiesta tutta sulle verbalizzazioni – chiaramente inattendibili – di Scarantino.

Come mai?

Lo riuscirà a chiarire il processo in corso?

Forniranno delucidazioni i poliziotti coinvolti?

Ci sono voluti anni e anni perché il taroccamento venisse “ufficialmente” alla luce. Grazie alla verbalizzazione di un altro pentito, Gaspare Spatuzza, che ha smontato pezzo per pezzo le testimonianze di Scarantino.

Gaspare Spatuzza

Il quale poi, a sua volta, ha ritrattato del tutto la propria versione sostenendo che gli era stata estorta con violenze e minacce: gli inquirenti, cioè, lo avevano obbligato a recitare un vero e proprio “copione”, grazie al quale il caso magicamente veniva risolto. Tanto per sbattere i mostri in prima pagina e coprire i reali killer e soprattutto i mandanti, rimasti sempre “a volto coperto”.

Dopo la sentenza del Borsellino quater, che parla espressamente di depistaggio, è iniziato a Caltanissetta un altro processo, che vede come imputati tre poliziotti – Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei– che facevano parte del team guidato all’epoca dal questore di Palermo Arnaldo La Barbera. Quest’ultimo non può più difendersi, perché nel 2003 è passato a miglior vita.

Resta in piedi un interrogativo grosso come un grattacielo: poteva mai agire in perfetta autonomia il team di La Barbera?

Non doveva esserci una catena di comando?

Almeno: non doveva essere tutto concordato con i magistrati inquirenti?

E’ lo stesso interrogativo che da anni si pone la figlia di Paolo, Fiammetta Borsellino, la quale chiede sia finalmente fatta luce sull’omicidio del padre e della scorta, e vengano accertate tutte – sottolinea tutte – le responsabilità. Ben comprese, ovviamente, quelle di tutti i depistatori.

Ma veniamo all’udienza clou del 20 marzo al tribunale di Caltanissetta, guarda caso in tragica concomitanza con i 25 anni dal giallo Alpi. Riportiamo gli stralci salienti della testimonianza di Rosalia Basile.

 

VERBALIZZA ROSALIA BASILE, L’EX MOGLIE DI SCARANTINO

Il processo Borsellino quater

“Mio marito mi parlava di maltrattamenti fisici di ogni tipo che subiva dai poliziotti, dagli agenti di polizia penitenziaria. Gli facevano intimidazioni psicologiche dicendogli che io lo tradivo. Ma gli mettevano anche vermi nelle zuppe, lo minacciavano di inoculargli il virus dell’Aids. Per costringerlo a parlare e a mentire lo picchiavano, approfittavano della sua debolezza. Mi diceva proprio: ‘Mi stanno massacrando’. Ero certa che lo avrebbero ucciso”.

“Ho cercato di contattare la signora Borsellino per dirle che mio marito a Pianosa (il carcere in cui era rinchiuso, ndr) veniva picchiato per farlo pentire e che era innocente. Ricordo che citofonai a casa Borsellino, scese un uomo che mi disse che la signora non se la sentiva di parlarmi visto il lutto sofferto”.

“A casa ho visto dei verbali ma era più che altro un copione del tutto montato. C’erano dei poliziotti che facevano scuola. Ricordo che c’erano tre appartenenti. C’era questo Fabrizio, con la barba e l’accento romanesco. Poi c’era un Michele che ora non mi ricordo bene. Io in un’occasione mi ricordo che stavano lì con lui a farlo studiare. Ricordo questo raccoglitore dove c’erano dei fogli, penso processuali e gli consigliarono anche, in caso non si ricordava o era agitato, di prendere degli integratori per ricordare meglio. Scarantino mi disse che loro sapevano che lui non sapeva niente e che lo stavano preparando. Perché? Doveva andare a testimoniare di lì a qualche tempo”.

“Ho trovato dei foglietti tratti da una parte della rubrica del mio ex marito, con i numeri dei cellulari e dell’ufficio dei pm, all’epoca in servizio a Caltanissetta, Nino Di Matteo, Anna Palma, Carmelo Petralia e Gianni Tinebra. Chi li aveva forniti? Da quel che mi risulta gli stessi magistrati. A volte si chiudeva in stanza per parlare con loro al telefono. Mio marito era sempre agitato e stava a parlare con i magistrati, li chiamava quando era così agitato poi si calmava”.

Già nella precedente verbalizzazione di oltre tre anni fa, febbraio 2016, nel corso del Borsellino quater, Rosalia Basile aveva raccontato che nella loro abitazione c’era un telefono fisso con il quale l’ex marito parlava con i pm, ed in particolare aveva fatto riferimento – come sottolinea il sito “Antimafia Duemila– “ai pm Palma e Petralia”.

Sempre “Antimafia Duemila” riferisce che “la teste Basile ha anche sostenuto che su input dell’ex pm Anna Palma era stato convinto a rivolgersi al tribunale dei minori per farle togliere i bambini se avesse deciso di lasciarlo”.

 

AGENDE & CELLULARI

Tre anni fa la Voceha intervistato la giornalista d’inchiesta Roberta Ruscica, autrice de “I Boss di Stato – I protagonisti, gli interessi e gli interessi dietro la trattativa Stato-Mafia” (Sperling & Kupfer, 2015). Ruscica, che ha conosciuto e frequentato Anna Maria Palma, rammentò che l’ex pm le aveva raccontato di essere entrata personalmente in possesso dell’agenda rossa di Paolo Borsellino.

Roberta Ruscica

Uno dei misteri più sconvolgenti, quello dell’agenda rossa. Mai chiarito.

Dopo la verbalizzazione di Rosaria Basile, Nino Di Matteo ha tenuto a precisare: “Non c’è nessuna novità. Spontaneamente, io per primo all’udienza del Borsellino quater, smentendo Scarantino, che aveva detto che non mi aveva mai telefonato, ho raccontato che qualcuno gli aveva dato a mia insaputa il mio numero di cellulare, perché una volta mi aveva telefonato e un’altra mi aveva lasciato otto messaggi in segreteria telefonica”.

A sua insaputa. E chi sarà mai il fornitore di cellulari super riservati?

Un magistrato allora alle prime armi, Di Matteo, a digiuno di mafie, quando diventò co-titolare del fascicolo, insieme a Palma e Petralia. Si è sempre chiesta Fiammetta Borsellino: “Come mai affidare un caso così delicato ad un pm che non si era mai occupato di mafia? Un altro schiaffo alla memoria di mio padre”.

Ancora. Come mai i media di palazzo, sempre scodinzolanti verso i poteri, non hanno scritto una parola sulla fresca verbalizzazione di Rosaria Basile?

Perché da Repubblica Corsera neanche lo straccio di tre righe in quattordicesima pagina?

 


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