I BOSS DELLE MAFIE / INAFFERRABILI MA SOPRATTUTTO “INVISIBILI”

Ottima ricognizione geo-criminale griffata Roberto Saviano sui “Boss in fuga che si nascondono a due passi da casa” per la Repubblica del 5 marzo.

Peccato non approfondisca due dettagli: come mai se vivono sotto il naso degli 007 non vengono individuati? E quando lo sono c’è quasi sempre una “manina” che soccorre i cacciatori dello Stato e non pochi parlano di “catture ad orologeria”?

Ci auguriamo che l’autore di “Gomorra” in una delle prossime puntate porti luce su tali aspetti e aiuti i cittadini a sciogliere i due nodi.

Dettaglia Saviano una lunga serie di storie che vedono i boss presidiare sempre i loro territori perché altrimenti perdono il loro potere. “Il potere è presenza”, osserva lo scrittore noto il tutto il mondo ricordando gli ammonimenti di Nicolò Machiavelli e Carl Schmitt. Senza ricorrere ai luminari, basta scorrere le cronache di mafia, camorra e ‘ndrangheta degli ultimi decenni, come sapientemente Maestro-Saviano fa.

Scrive della cattura del secolo di Totò Riina quel 15 gennaio 1993, un’operazione d’intelligence durata oltre un anno – come inneggiarono le storiografie ufficiali – la grande impresa del colonnello Mario Mori e del leggendario capitano Ultimo, il Sergio De Caprio immortalato nella super fiction da Raul Bova. Peccato che altre storie parlino di una “consegna” effettuata agli 007 da Bernardo Provenzano per garantirsi una latitanza dorata lungo il seguente decennio.

Roberto Saviano. Sopra, la cattura di Michele Zagaria

Poi la storia del covo, lasciato incustodito per la bellezza di due settimane, “perché le truppe erano stanche” come giustificò Mori; perché “era meglio lasciar libero il campo e seguire le piste”, la pezza a colori di Ultimo. Il processo per il mancato controllo del covo, ovviamente, ha visto Mori e Ultimo uscire candidi come gigli: e chissenefrega se volò via la cassaforte & l’archivio dei 3000 nomi servito poi per ricattare mezza Italia!

Altri misteri per la mancata cattura di Provenzano a Mezzojuso, stesso copione e stessa sceneggiata processuale.

Identico copione per un terzo caso, la terza mancata cattura, stavolta, di Nitto Santapaola, che se ne stava tranquillo nel suo rifugio di Terme Vigliatore. A condurre la molto meno nota operazione gli immancabili Mori e Ultimo, che si fanno fregare come giovani marmotte. Un mese dopo Santapaola verrà catturato dalla polizia.

Passiamo in Campania. Uno dei primi boss dei Casalesi, Antonio Iovine, finisce in manette a fine 2010: si trovava in beata pace, dopo le scorribande negli anni ’80, ’90 e primi duemila, nella sua casetta di Casal di Principe, nel cuore del regno dei Casalesi.

Eccoci all’altro super capo, Michele Zagaria, catturato nell’estate 2011 nella sua maison a Casapesenna, piccolo comune a un tiro di schioppo, dopo due anni di indagini condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli e in particolare dal pm Catello Maresca. Il quale negli anni seguenti si è dato alla scrittura e alla passione per i presepi di antica tradizione partenopea.

Un paio d’anni fa è finita la ultratrentennale latitanza di Pasquale Scotti, lo storico braccio destro del capo della NCO, Raffaele Cutolo. Anni sereni e beati trascorsi tra le dorate spiagge carioca: ma certo, il Brasile non è Casapesenna.

La domanda sorge spontanea: come mai è così difficile scovare un latitante eccellente in un palmo di territorio? Non stiamo parlando della foresta amazzonica, appunto, ma dei comuni di nascita o di residenza, oppure al massimo nel raggio d’un paio di chilometri. E’ così impossibile battere quelle zone a tappeto? O si vede solo nei film o nelle fiction?

Sulle cronologie & orologerie è ancora un’altra lunga storia. Aspettiamo in trepida attesa la magica penna di Saviano.


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