Dov’è la verità

Mettiamoci un pietra su. I genitori di Renzi devono rispondere di reati dettagliatamente raccontati dai media e la giustizia farà il suo corso. Da più parti rimane in piedi la domanda, rivolta alla magistratura a suo tempo, quando fu consegnato a Berlusconi l’avviso di garanzia in pieno G8: coincidenza fortuita o bomba a orologeria programmata? Intervistato da Sky, il direttore del giornale “La Verità” si è speso con sospetta determinazione per il no alla concomitanza tra il giorno dell’arresto dei Renzi, il referendum sul caso Salvini e il crac dell’economia italiana, con un pauroso meno 7% della produzione industriale e il pil precipitato allo 0,2%. Le motivazioni addotte per sostenere la tesi: l’inchiesta sui Renzi risale a dieci anni fa (appunto dieci anni, che urgenza c’era?) e si è conclusa con la richiesta di arresto in quel giorno per impedire il fallimento di una società vicina al crac (balle, ndr); se gli arresti fossero avvenuti il giorno dopo l’ordinanza del Pm avrebbe avuto identica eco mediatica e non è successo perché il Pm era in vacanza (che combinazione, il magistrato prende giorni di ferie con in corso un caso giudiziario politicamente rilevante e torna in servizio giusto in tempo per rendere esecutivi gli arresti e rendere un grande favore al pastrocchio del voto on line dei 5Stelle, che sbugiarda il principio di giustizialismo contro chiunque, inclusi i deputati). Circola voce che i gialloverdi fossero a conoscenza delle modalità degli arresti e che abbiamo informato i giornali. I più sospettosi ipotizzano che gli inquilini di palazzo Chigi abbiano spinto la magistratura interessata a programmare il caso Renzi per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dai problemi delle risse interne al governo e dall’inciucio 5Stelle-Lega. Fantapolitica? Come non ricordare le “pressioni” di Salvini sui magistrati per il blocco dell’accoglienza ai migranti e l’arresto di Mimmo Lucano, benemerito sindaco di Riace? Cos’altro aspettarsi da un ministro che accusato di sequestro di persona e salvato dal processo da un test informatico discusso e contestato, commenta lo scampato pericolo con la stupefacente frase “Altro che processo, merito una medaglia”. Perché non candidarlo come destinatario del prossimo Nobel per la pace? E Di Maio, cosa offre ai grullini incazzatissimi per il salvataggio di Salvini? Probabilmente il no Tav a cui si potrebbe adattare la Lega, lo stop alle autonomie regionali e, come ultimo ringraziamento, l’offerta di affrontare le elezioni europee a braccetto. Capitolo “Diciotti” chiuso con la decisione della giunta per le autorizzazioni a procedere? Sì in termini giudiziari, non politicamente. Anche per questo chiaro esempio di opportunismo da tradizionale avvitamento al potere, il Movimento esce con le ossa rotte. Della crescente fragilità del movimento profitta a piene mani il vice premier del Carroccio e quasi certamente Di Maio sottovaluta la fronda del dissenso interno, ai limiti della scissione.

Gli eccessi di violenza dei gilet gialli, sfociata in una sommossa guidata da individui con il volto coperto, che hanno dato alle fiamme auto, devastato negozi e tentato l’assalto al Parlamento francese, ha svelato quanto si sospettava e cioè che sia orchestrata dalla destra. La conferma: gli insulti al filosofo ebreo e la profanazione del cimitero israelita con svastiche.


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