Il motore è logoro e perde colpi

Perché il grullismo assiste in deprimente inerzia al veloce logoramento che il “baby Dux” Salvini gli infligge con spietato cinismo? Forse per non cosciente masochismo, forse per difetto di scaltrezza politica, ma poco importa accertare l’eziologia di un malessere dapprima acuto, via via cronico e ormai prossimo all’agonia. Analisi esagerata? Spaventati dal salvinismo, in permanente ascesa nel grafico dei consensi, i grullini hanno monitorato gli umori dell’elettorato italiano e hanno fatto ricorso ai sali per affrontare il mancamento provocato dall’esito del sondaggio: sei pentastellati su dieci si appresterebbero a divorziare, per andare a seconde nozze con la Lega. Mille gli errori, le titubanze, i dietrofront, le ambiguità, le gaffe, gli inciampi, le indecisioni, le promesse disattese: in fase di turbolenza del clima politico, che attraversa il Movimento, sovrasta ogni cosa il tentennare dell’“Incompiuto” Di Maio – e a pioggia di molti big pentastellati – che, malati di incertezza, non sciolgono il nodo dell’ autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini. La base, ma anche deputati e senatori del Movimento sono in piena contestazione. Ricordano che nel suo Dna è saldamente ancorato il principio del via libera a sottoporre alla magistratura ordinaria i reati dei parlamentari. Il perché dell’indecisione ha due motivazioni. Si teme che la probabile condanna di Salvini ne faccia un martire, che possa segnare la fine della legislatura e lo sbocco in nuove elezioni, con il ragionevole timore di non replicare l’exploit del Marzo 2018. Smascherato il bluff dell’autoconsiderazione giocata da Di Maio, chi lo riproporrebbe nel ruolo di leader del Movimento? In un esilarante scketch, lo straordinario Saverio Raimondo, nel corso del bellissimo “Le parole della settimana” di Gramellini, tira fuori dal baule degli oggetti da mostrare al pubblico un divisa da carcerato, chiaro riferimento a Salvini e al suo trasformismo fatto di felpe con scritte ad hoc per ogni circostanza, di giubbotti da poliziotto. Consapevoli di aver lasciato pericolosamente al “Ce l’aveva duro” Salvini il ruolo di protagonista, i Dioscuri Di Ma-DiBa ci vanno giù pesante a proposito di Tav. Anticipano il risultato dell’analisi costi-benefici del Treno ad alta velocità, che ne sconsiglierebbe la realizzazione. Al “me ne frego” del leader leghista, che propone il ridimensionamento dell’opera, Di Maio commenta: “E’ una supercazzola” e Di Battista: “Se la Lega vuole fare il Tav torni da Berlusconi e non rompa più i coglioni”. In sede di normalità della politica, queste due colorite, quanto volgari manifestazioni di incompatibilità avrebbero determinato il punto di rottura di pregresse ostilità, di liti, risse, offese, insulti. Il finale di questa pièce tragicomica è purtroppo un altro: interverrà a spegner l’incendio il pompiere Conte e dirà, su indicazione del portavoce Casalino imbeccato da Casaleggio: “Normale dialettica tra alleati, trovato l’accordo.” Una vignetta a corredo di una delle raccolte di corsivi firmata dal mitico Fortebraccio, raffigurava Andreotti letteralmente avvitato alla poltrona. Si potrebbe sostituire all’arguto leader democristiano Di Maio e ogni altro beneficiato del successo elettorale del 2018. Fortebraccio non avrebbe nulla da ridire.

Errare, recita un proverbio, è umano…perseverare è diabolico. Il diavolo è il neo direttore di Rai2, il signor Freccero, che i nuovi padroni dell’azienda, anziché lasciare che si goda la lauta pensione di dirigente con vacanze alle Seichelles e tornei di bridge, di burraco, ha chiamato a dirigere una rete. L’esordio? In prima serata (fascia protetta) il film non proprio per educande “Ultimo tango a Parigi” in edizione integrale, comprensiva di esplicita rappresentazione di sesso anale. E poi, per ricambiare” il dono della nomina, favorita dalla sua intensa propaganda pre-elettorale per il movimento, Freccero ha inventato un “C’è Grillo”, arrabattato con spezzoni di vecchi sketch del comico genovese pagati 30mila euro per la messa in onda.” Programma flop, per numero di ascolti, stroncature della critica e contestazioni per aver infranto la norma Rai che vieta di pagare i politici. Freccero che fa? Muto come un pesce, non risponde alle domande di chiarimento dei giornalisti e persevera (ecco il finale del proverbio) con la replica del programma “C’è Grillo” alle 14. Seguiranno “C’è Di Maio”, “C’è Toninelli”, “C’è Di Battista”?


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