AMIANTO & PIRELLI / DOPO 2 ANNI NON C’E’ TRACCIA DELLE MOTIVAZIONI

Morti di amianto? Chissenefrega. E’ il desolante quadro che viene fornito dalla giustizia di casa nostra che nel 90 per cento dei casi assolve imputati d’ogni sorta, con la solita, sdrucita motivazione: “non è dimostrato il nesso causale tra l’aver lavorato a contatto con l’amianto per anni e la causa della patologia e del decesso”. Facile come bere un bicchier d’acqua e, soprattutto, lavarsene le mani.

Ma in occasione del processo che ha visto in primo grado vertici e dirigenti del gruppo Pirelli (9 persone) assolti da ogni addebito (omicidio colposo e lesioni gravissime erano i capi di imputazione) con una sentenza pronuciata dal tribunale di Milano il 19 dicembre 2016, si raggiunge il massimo della “malagiustizia”.

Ebbene, a due anni esatti da quella strampalata sentenza, ancora non sono state depositate le motivazioni, circostanza assurda, visto che “per legge” è obbligatorio depositare le motivazioni dopo massimo 90 giorni dalla sentenza.

Il giudice che ha emesso quella sentenza – Anna Maria Gatto – ha pensato bene di fregarsene di quanto previsto dalla legge, e con una serie di arzigogoli ha rinviato di continuo una scadenza, appunto, di legge: non un optional. Nel frattempo, la toga è passata a presiedere il tribunale di Pavia e quindi ha ben altro a cui pensare.

Il tribunale di Milano

I familiari, le associazioni da anni in campo contro l’amianto, tra cui anche Medicina Democratica hanno perso la pazienza e sono sul piede di guerra. “Con il tempo la prescrizione corre, con grave danno per le parti civili costituite le processo. Chiediamo all’autorità giudiziaria di assumere i provvedimenti riguardo al caso in esame, riservandoci di intraprendere iniziative di lotta contro il persistere di questa malagiustizia che rappresenta un affronto a chi aspetta giustizia”.

E denunciano ancora: “In assenza delle motivazioni, poi, le vittime e le loro associazioni non possono neanche presentare appello. Non si ferma, invece, la conta dei morti fra chi ha lavorato alla Pirelli, in attesa di una giustizia che non arriva mai altri ex lavoratori continuano ad ammalarsi e a morire. Anni di lotte in fabbrica e sul territorio, anni di ricerche sul cancerogeno amianto hanno contribuito a sensibilizzare l’opione pubblica e la magistratura sui rischi concreti del killer amianto, ma tutto questo a una parte del tribunale di Milano sembra non interessare”.

Commenta un ex operaio Pirelli: “Finora, nonostante gli appassionati sforzi del pm Maurizio Ascione, che si è occupato di molte indagini sulle morti per amianto nelle fabbriche, oltre che in metropolitana e alla Scala, tutti i processi si sono chiuasi con delle assoluzioni per la difficoltà a trovare il nesso causale tra le responsabilità dei manager e i danni provocati ai lavoratori dall’amianto”.

Intanto Marco Tronchetti Provera nuota, come Paperòn de’ Paperoni, nelle sue piscine colme di euro & dollari. E si gode un’assoluzione dietro l’altra. Non solo per l’amianto killer, infatti, ma anche per la storiaccia degli 007 Telecom che dossieravano e spiavano centiania e centinaia di suoi presunti “nemici”: ma – secondo il tribunale di Milano – “a sua insaputa”…


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