I had a dream: le direzioni dei 3 Tg affidate a Milena Gabanelli, Lilli Gruber e Federica Sciarelli, un formidabile trio d’attacco tutto al femminile. Rispettando curricula, competenze, audience, carriera e chi più ne ha più ne metta. Ma soprattutto saper fare, sul serio, giornalismo, quello con la G maiuscola, ormai pezzo raro in tutte le redazioni.
Il governo del nuovo, del cambiamento gialloverde avrebbe potuto dare un reale segno di discontinuità col passato lottizzato, incompetente e clientelare, far capire ai cittadini che il vento è davvero cambiato.
E invece? Ci ritroviamo ai vertici dei Tg tre cariatidi da prima repubblica marcia, da seconda repubblica avariata, il peggio del peggio che neanche le possenti menti di Dc e Psi sarebbero mai state, all’epoca, in grado di partorire. Mezzibusti da museo catapultati ai vertici dei Tiggì.
L’INFORMAZIONE ? DISTRUGGIAMOLA
E allora, sorge spontanea la domanda: ma che ci stanno a fare al Governo i 5 Stelle?
In rapidissima sequenza: un decreto fiscale che fa inorridire, sembra firmato dal tandem Renzusconi, ed hanno perfettamente ragione Elio Lannutti e Carla Ruocco ad incazzarsi.
Poi la figuraccia mondiale per la Tap, presi come i bambini con le mani nella marmellata: faccio le barricate per il NO, poi le scavalco e passo per il SI, con delle scuse – le penali – da far ridere i polli.
Adesso queste tre nomine che peggiori non si può. Ma c’è ancora intenzione di fare informazione in Rai? O di mandare tutto in malora alla faccia dei proclami? Il patrimonio della Rai pubblica deve svalorizzarsi sempre più, ogni giorno trasformarsi in monnezza per una sorta di masochismo chissà da cosa mai generato?
Vediamo cosa sta succedendo. A dirigere il Tg1 – in quota Luigi Di Maio & C. – arriva uno tutta Rai e famiglia, Giuseppe Carboni, prima una lunga esperienza via radio, poi da sei anni caporedattore al Tg2. Negli ultimi tempi è passato a seguire le vicende politiche dei pentastellati. Lo scoop della vita: aver raccolto le prime dichiarazioni di Beppe Grillo dopo la famosa nuotata che lo ha portato sulle rive siciliane. Stop.
Al Tg3 – in quota a quanto pare Pd – un’altra creatura nata e cresciuta a viale Mazzini, il viso rassicurante e pacioso dall’Europa di Giuseppina Paterniti, senza infamia e senza lode per sette anni corrispondente da Bruxelles senza mai farsi notare. Un miracolo di trasparenza.
IL GENNY ADORATO DAL MANGIANAPOLETANI SALVINI
Ma la vera chicca è quella di Sangiuliano Gennaro, alias Genny, candidato in pectore a tutto. Abbiamo più volte tratteggiato il suo alto profilo (potete leggere i link in basso), cercheremo quindi di essere brevi, anche se il Nostro meriterebbe una Treccani solo per il suo nome.
E torniamo ai suoi esordi giornalistici (quelli meno noti al ‘grande’ pubblico), la ‘gavetta’, perchè è la faccia meno conosciuta del nuovo Montanelli (c’è una differenza di altezza e qualcos’altro ma passiamo oltre) che va raccontata ai lettori avidi di saperne di più.
Coi calzoncini corti frequenta i camerati fascisti, è a tutti i raduni, Giorgio Almirante il suo idolo. S’iscrive, of course, al Fronte della Gioventù, Francesco Storace oggi lo saluta come “carissimo amico”.
Ma l’età lo matura, modera i suoi istinti e s’accasa sotto la bandiera dei liberali, l’ala protettiva della dinasty dei De Lorenzo. Ne diventa il perfetto portaborse: la scena da incorniciare, più volte descritta dai suoi agiografi, fra i padiglioni del Pascale di Napoli (l’istituto oncologico per decenni feudo dei De Lorenzo), un po’ ingobbito sotto il peso delle due borse che deve portare, quella del patriarca Ferruccio De Lorenzo, presidente a vita dell’Ordine dei Medici partenopeo, e del figlio Francesco, Sua Sanità.
Per questo la sua penna trova la prima palestra scrivendo e poi dirigendo il foglio del nosocomio, “Amici del Pascale”. Quindi arriva la politica, con la direzione di un altro foglio di famiglia, “L’Opinione Liberale”. Sono anni di dura gavetta, tra le borse da portare, le bozze da correggere e i primi editorialini da firmare.
Viene premiato con le apparizioni video – una vera premonizione – nonostante non sia giudicato particolarmente telegenico, non tanto per l’altezza non ragguardevole, quanto per la pelata, che però gli conferisce un aspetto da piccolo intellettuale crociano. Si tratta di Canale 8, la tivvù targata “PD2”, ossia l’asse composto dai tre pezzi da novanta della politica di allora, tutti gli anni ’80 e l’inizio dei ’90 (fino al ciclone di Mani Pulite): ‘O Ministro Paolo Cirino Pomicino, il vicesegretario del Psi Giulio Di Donato, e lui, Sua Sanità.
Ma non dimentica la carta stampata, il Nostro, dirigendo il periodico “Econony”, di pretta ispirazione delorenziana.
Sparito con Tangentopoli il Pli, il suo punto di riferimento, of course, diventano i berlusconiani, ma prima d’arrivare di nuovo agli schermi dirigerà il Roma, la creatura del Comandante e primo sindaco monarchico di Napoli Achille Lauro, quindi passerà a L’Indipendente, infine sarà addirittura il vice di Vittorio Feltri a Libero.
E’ la volta del salto in Rai, sotto l’ala di Forza Italia, al TG1 diretto da Augusto Minzolini.
E comincerà il sodalizio con l’altro partenopeo doc sbarcato in pompa magna alla Rai, Mario Orfeo. Arriva dal Mattino, Orfeo (una cover della Voce alla sua nomina titolò “CircOrfeo”), è un pupillo di ‘O Ministro, visto che ‘O Zio è nientemeno che Vincenzo Maria Greco, il pluricondannato faccendiere e uomo ombra di Pomicino dal dopo terremoto ’80, via Tav, fino ad oggi.
QUELL’INDIMENTICABILE TANDEM
Il tandem Orfeo-Sangiuliano comanda per anni in viale Mazzini, sembrano fatti uno per l’altro.
Poi succede un altro miracolo. Quando la Lega comincia a far sentire la sua voce, e Matteo Salvini fa capolino sul palcoscenico nazionale, ecco che diventa leghista doc. E un altro prodigio. Sì perchè del Genny vesuviano doc si innamorano contemporaneamente i due razzisti e antimeridionalisti più celebri da noi, Matteo Salvini e Vittorio Feltri, con il quale il Genny nazionale scrive addirittura due libri a quattro mani nel 2013 e nel 2014, entrambi editi da Mondadori: “Una Repubblica senza Patria – Storie d’Italia dal ’43 ad oggi”, e “Quarto Reich – Come la Germania ha sottomesso l’Europa”.
Quindi sarà la volta della politica internazionale nella quale si tufferà e nuoterà per anni. Da Lenin a Puntin, da Hillary Clinton fino a Donald Trump, un poker di biografie che gli storici di tutto il mondo gli invidiano.
Un perfetto idem sentire coltivato con l’amico Salvini, quello per Puntin, di cui il nostro Genny commenta: “ha ridato orgoglio, identità e visione ad un Paese umiliato e disastrato”.
E non mancò, Genny, di farsi immortalare in un sorridente selfie con l’amico Matteo (Salvini) all’indomani del trionfo della Lega al voto del 4 marzo. Dio li fa e poi li accoppia.
Sorge spontanea un’altra domanda. Ma di quale informazione mai potranno usufruire gli italiani che pagano il canone? Quali cavolo di notizie saranno costretti a bere da mattino a sera? Quali maree di notizie verranno oscurate, censurate, negate? Quale straccio di inchiesta potremo mai più vedere? Ma non è, questo, un attentato alla Costituzione, quando la libertà d’informazione viene del tutto calpestata, umiliata, azzerata, annichilita, negata?
E dovevamo aspettare la cosiddetta terza repubblica, quella del Nuovo, del Domani, del Cambiamento per ritrovarci in un vero Gulag?
P.S: A proposito, quale poltronissima, ora, attende il disoccupato Orfeo?
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