Va incoronato, forse beatificato e chissà santificato: deve pensarla così mister Conte, assoldato nel ruolo di comparsa dalla compagnia teatrale del governo Lega-5S. Al nuovo sgarro del suo portavoce, tale Ricco Casalino gli rinnova in automatico la fiducia. L’ultima “bravata” mette a rischio la permanenza nell’esecutivo del ministro Tria, onestamente preoccupato per lo spread oltre i trecento punti e per questo minacciato da grullini e leghisti: “Se il ministro dell’economia non trova i soldi (reddito di cittadinanza) è meglio che se ne va”.
Casalino, portavoce strapagato della presidenza del Consiglio, ci va giù molto più pesante e lo fa, come d’abitudine, confidando le sue nobili riflessioni a un paio di giornalisti, il cui mestiere è proprio la diffusione delle notizie, comunque captate. Sicché siamo a conoscenza di insulti e minacce ai vertici del ministero economia e finanza. Casalino confida ai suoi interlocutori che se i dirigenti del ministero non tirassero fuori i soldi per coprire i costi di flat tax e reddito di cittadinanza “C concentreremmo per far fuori questi pezzi di m…a”.
Tria: “Non commento volgarità e minacce contro funzionari dello Stato che ricoprono una funzione di garanzia e indipendenza universalmente riconosciuta”. Ma i grullini insistono nelle minacce: “Faccia pulizia al ministero”. La colpa del ministro, secondo il governo gialloverde, è di ammonirlo, perché è pericoloso reggere a lungo con lo spread ai livelli che ha raggiunto”.
Com’è noto, l’“Incompiuto pomiglianese” Di Maio e il “Ce l’aveva duro leghista” Salvini, ai problemi dello spread, dei tassi d’interesse che s’impennano, della borsa che a giorni alterni mostra sofferenza e delle valutazioni di agenzie internazionali del rating che declassano l’Italia, rispondono con un ducesco “chi se ne frega”
L’incredibile di questo nostro Paese plagiato da populismo, sovranismo, razzismo e affini, continua a esprimere consenso alla coppia di gialloverdi che lo trascinano verso il baratro del disastro.
Esplorato il serbatoio della memoria, echeggia l’anatema del vice premier leghista che dichiarò guerra senza quartiere alle banche, “nemiche del popolo”. Avvezzo a innestare la retromarcia, come il compare pentastellato, Salvini ipotizza di neutralizzare il disastro del possibile spread a quota 400 con il più classico e vituperato salva banche, cioè con il regalo in euro delle ricapitalizzazioni. Scompare in un amen l’accusa al governo precedente di salvataggio di salvataggio delle banche in crisi, che alla luce di quanto dichiarato dal vice premier appare pura demagogia. Gli aiuti al Monte dei Paschi hanno risparmiato all’Italia una crisi che avrebbe trascinato l’intero sistema bancario. Il dietrofront di Salvini è motivatro dal pericolo spread (mutui per la casa più alti, meno prestiti a imprese e famiglie, miliardi bruciati e aumento del debito pubblico), che fa paura a questo governo dell’incoscienza, anche se in preoccupante ritardo.
Liliana Segre, in conferenza stampa: “In Italia cresce una marea di intolleranza. Io, vittima dell’odio fascista, racconto il nostro Paese visto da chi ha vissuto l’orrore di Auschwitz. Sento che ritorna il pericolo del razzismo e dell’intolleranza e va fermata in ogni modo. E’ necessaria una commissione parlamentare. Bisogna lavorare contro la fascistizzazione che ottanta anni fa ha coperto di vergogna l’Italia”.
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