Un altro clamoroso Depistaggio di Stato che viene fuori “ufficialmente” dopo 40 anni dai fatti. Ovviamente non se ne frega più nessuno perchè come al solito è calata la miracolosa prescrizione salvatutti. E se ne fa un baffo l’allora responsabile del Ros del Carabinieri, Antonio Subranni, che indagò per primo sull’assassinio di Peppino Impastato, accaduto il giorno stesso dell’omicidio di Aldo Moro.
Oggi la sentenza che mette, ovviamente, la pietra super tombale sulla vicenda: prescrizione, of course, nonostante il chiaro depistaggio. E pensione dorata per l’ormai generale in pensione Subranni, che ha sulla coscienza un altro gravissimo episodio che vedremo più avanti. Anzi due.
Peppino Impastato, tutti lo sanno, era un attivista di sinistra, vicino a Democrazia Proletaria. Bollenti quei giorni del rapimento Moro e il cadavere di Peppino venne trovato carbonizzato vicino ad un traliccio ferroviario.
L’intuito investigativo di Subranni portò subito ad escludere la pista mafiosa, che invece in molti avevano individuato come causa dell’omicidio. “Ha voluto fare come Giangiacomo Feltrinelli”, commentavano nel suo entourage. Niente cosche, niente lupare, mentre invece il clan Badalamenti, ce l’aveva a morte con Peppino, per vie delle sue quotidiane e documentate inchieste giornalistiche. Lo voleva morto.
Subranni & C. (la sentenza di beata prescrizione è comunque anche a carico di tre sottufficiali, Carmelo Canale, Franco Abramo e Francesco Di Dono, tutti accusati di favoreggiamento) s’erano inventati di sana pianta la pista terroristica: quello di Peppino, secondo loro, doveva essere una sorta di atto di solidarietà con le Bierre del caso Moro.
A nulla valsero, già allora, le rimostranze dei pm, Roberto Tartaglia, Vittorio Teresi e Francesco Del Bono che poi individuarano proprio in Subranni il responsabile del depistaggio. Perchè “aprioristicamente, incomprensibilmente, ingiustificatamente e frettolosamente aveva escluso la pista mafiosa”. E in tutte le indagini condotte da Subranni e il suo team del Ros i pm ravvisarono delle pesantissime “anomalie”.
La sentenza odierna è firmata dal giudice Walter Turturici. Ma Subranni ha subito, pochi mesi fa, un’altra condanna, ben più pesante, per la Trattativa Stato Mafia: 12 anni di galera. Una sentenza che ha fatto e fa storia. Condannato anche il mitico super capo del Ros, Mario Mori.
Sostiene Giovanni Impastato, fratello di Peppino. “Ricordo che Peppino stava da tempo lavorando su un’altra pista investigativa molto calda, quella della strage delle Casermette di Alcamo Marina, che nel 1976 costò la vita a due giovani carabinieri. La casa di Peppino venne perquisita per trovare carte e documenti. Venne sottratta una cartellina che non è mai stata restituita. Riguardava la vicenda delle Casermette. Ora noi chiediamo che quella cartellina sia restituita, il contenuto venga reso noto e si faccia luce anche su quell’episodio”.
Il generale Subranni, nonostante questi tragici fatti che in qualsiasi paese civile avrebbero esiti ben diversi, ora si gode beato la sua pensione da generale. E a suo tempo ha ben sistemato la figlia Danila, per anni al fianco di Angelino Alfano, prima come portavoce personale quando era il pupillo di Silvio Berlusconi, poi come come responsabile dell’Ufficio stampa al ministero di Grazia e Giustizia, quindi al Viminale: un bel tris. Sì, avete capito bene: Giustizia e Interni.
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