Una sciagura tragicamente simile, 40 le vittime, protagonista-killer Autostrade d’Italia.
Sembra di tornare alle immagini horror del Ponte Morando di Genova, sono passate meno di due settimane e adesso arrivano gli esiti – clamorosi – di due perizie che inchiodano Autostrade d’Italia alle sue responsabilità per un gravissimo incidente accaduto poco più di 5 anni fa, il 28 luglio 2013, lungo la A16, nel tragitto che da Monteruscello, il comune sorto dopo il bradisima di Pozzuoli, porta ad Avellino, nella zona di Monteforte irpino.
Di tutte le specie le prime ipotesi: un mezzo obsoleto, l’autista ubriaco, la pioggia, i freni usurati. la manutenzione dei guard rail. Ed è proprio quest’ultima una delle vere concause che stanno al centro della disgrazia, investendo in pieno le responsabilità degli amministratori di Autostrade per l’Italia, in pole position al processo Giovanni Castellucci – che oggi ritroviamo al centro della tragedia di ponte Morando – l’attuale condirettore operation (all’epoca direttore del tronco) Paolo Berti, e l’ex direttore generale Paolo Mollo (più un’altra dozzina di imputati minori).
LA PRIMA PERIZIA CHE INCHIODA AUTOSTRADE
Leggiamo alcuni passaggi delle perizia tecnica redatta da Felice Giuliani, docente di Ingegneria a Parma e incaricato del giudice del tribunale di Avellino Luigi Buono.
“Con una manutenzione accurata – scrive – il tragico evento sarebbe stato derubricato al rango di grave incidente stradale”. E non una strage.
E’ vero, i freni non erano al massimo, ma la velocità non era iperbolica, 89 chilometri: secondo l’esperto se il guard rail fosse stato in perfette condizioni l’impatto sarebbe stato meno forte, e gli effetti sarebbero stati certo contenuti.
Continua Giuliani: “La ‘strage’ – sono sue le parole – del viadotto Acqualonga è risultata tale per difetto di risposta strutturale della barriera ‘new yersey’ bordo ponte in conseguenza dell’urto esercitato dall’autobus”. Quei ‘new jersey’ che fanno più volte capolino anche nella dinamica dal crollo del ponte Morando.
Viene aggiunto dal perito parmense: “L’autobus, pure nella sua terribile deriva, sarebbe stato concretamente trattenuto in carreggiata, fino al suo arresto definitivo, dalla barriera new jersey solo nel caso essere fosse stata correttamente manutenuta, come avrebbe dovuto e invece non fu”.
Parole che pesano come macigni, a dimostrazone della totale incuria, superficialità e intollerabile menefreghismo di una società come Autostrade d’Italia, che in questi 5 anni ha potuto continuare tranquillamente a far danni (o stragi). E a gudagnare montagne di soldi, vero Benetton?
Lo stato dei “tirafondi”, ossia delle barriere stradali, viene attentamente studiato: “Contrariamente a quanto ritenuto dai tecnici di Autostrade, il ruolo dei tirafondi era e resta per la concezione stessa di barriera, di fondamentale importanza, sia per l’equilibrio della struttura sia per lo specifico contributo dissipativo offerto”.
Prosegue Giuliani: “L’avanzato stato di degrado dei tirafondi, che di fatto ha ridotto drastricamente la capacità di contenimento della barirera – ricondotta nel suo funzionamento a mero schermo ‘a gravità ‘ senza alcuno spazio di lavoro materialmnte impegnabile – ha comportato, come analiticamente dimostrato e tragicamete verificatosi, l’inevitabile impatto da parte dell’autobus Volvo con le 49 persone a bordo”
Il professor Giuliani verbalizzerà quando ricomincia il processo, il 12 settembre, davanti al tribunale di Avellino. Procuratore capo è Rosario Cantelmo, per anni pm in prima linea nella Tangentopoli partenopea e non solo. Per fortuna, infatti, le tantissime parti civili costituite (circa 300) e le tantissime associazioni sono riuscite a far ri-trasferire il processo dall’aula bunker di Poggioreale a Napoli (certo più capiente) di nuovo ad Avellino, per consentire ai cittadini e alle sigle associative di intervenire con minori difficoltà di spostamento e in modo massiccio.
QUEI BULLONI CORROSI. E SPEA STAVA A GUARDARE
Ma non c’è solo la perizia redatta dal docente parmense a far chiarezza sulla meccanica e la dinamica dell’incidente. Altri periti ed esperti sono in campo, nominati dla procuratore capo Cantelmo, come Alessandro Lima, Andrea Demozzi e Vittorio Gioviotti. I quali hanno puntato i rifettori soprattutto sullo stato dei bulloni: “più della metà dei bulloni – mettono nero su bianco – che assicuravano l’ancoraggio alla carreggiata della barriera posta sul viadotto dell’A16 Napoli-Canosa, è risultata corrosa dal tempo e dagli agenti atmosferici”.
Cosa ha fatto Autostrade per rimediare? Ha mosso un dito la sua controllata SPEA, incaricata proprio della manutenzione, e invece del tutto assente?
Conferma l’avvocato Sergio Pisani, legale del proprietario dell’autobus Gennaro Lametta, fratello dell’autista Ciro Lametta, morto nell’incidente dopo essere riuscito, con una manovra “impossibile”, ad evitare che l’autobus, ormai senza controllo, potesse colpire altre vetture, con una strage di proporzioni colossali: “la consulenza d’ufficio conferma – nota Pisani – tutto quello che abbiamo sempre sostenuto”.
E cioè che le responsabilità sono unicamente di Autostrade per l’Italia.
Eppure quel signore, Giorgio Castellucci, continua a sedere sulla poltrona di numero uno dell’azienda. Ma in un paese che osi definirisi lontamente civile, sarebbe potuto mai succedere?
E torniamo alle solite. Una notizia del genere – in un paese di nuovo civile e normale – l’avremmo dovuta trovare in prima pagina, tra le notizie clou, soprattutto dopo la tragedia di Genova.
Pensate che qualcuno abbia scritto qualcosa tra i media di regime? Solo il Fatto; dagli altri cannoni di carta (e di regime) neanche una sillaba. Dalla Rai? Spersa nelle cronache regionali.
Ormai è un grande, gigantesco nauseabondo ministrone. E la riforma Rai non arriva mai…
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