Fontana, Kamikaze del Carroccio

Spiace, anzi preoccupa pronosticare il pericolo dell’Italia avviata a replicare le condizioni del 1922, che spianarono la marcia del fascismo e precedettero la tragedia del Ventennio. Le premesse di quel tempo somigliano sempre di più allo sfrontato percorso intrapreso dalla destra, dalle sue componenti eterogenee, ma solidali con l’obiettivo di far ripiombare il Paese nel buio del regime a cui tendono Salvini, la Meloni, Casa Pound, Forza Nuova e quegli italiani che vi aderiscono elettoralmente per inconsapevolezza politica e permeabilità alla letale suggestione dell’uomo forte. Il progetto della destra prende consistenza anche per la sottovalutazione della magistratura, che non ha applicato con la prevista severità la legge che punisce l’apologia del fascismo, e della sinistra, indolente, paralizzata dalla profonda crisi d’identità in cui si è cacciata. A tirare le fila dell’approccio a forme più esplicite di recrudescenza del famigerato regime è il blocco che ruota attorno alle provocazioni del leghista valpadano, di “Ce l’ho duro”, del “piccolo Orbàn: burattini, evanescenti accoliti chiamati a presidiare le istituzioni, Enti, e tra non molto i media, primo il servizio pubblico della Rai, che lo assecondano in veste di truppa da sfondamento. Conte, premier nato dal compromesso della Lega con Di Maio, ha libertà di decisione e di progettazione uguali a zero, il presidente della Rai in quota Lega, Foa, è un’altra testa di ponte del ministro dell’Interno, ma il caso più spettacolare è Fontana, impresentabile ministro della Famiglia. Con la complicità dei 5Stelle, costretti a ingoiare il rospo, l’omofobo e bizzoco titolare dell’inedito dicastero, ha acceso la miccia della provocazione negando l’esistenza delle coppie omosessuali. Passata la sfuriata dei contestatori, Fontana, su ordine perentorio del vice ministro leghista, ha alzato il tiro: “Aboliamo la legge Mancino, che punisce l’apologia del fascismo e la discriminazione razziale”. Questa volta la reazione è stata collettiva e più veemente, ma non risolutiva, almeno per il momento. Preoccupa e spaventa i più avveduti la condivisione del ministro dell’Interno dell’attacco alla democrazia portato a questa legge nata dagli ideali di antifascismo e antirazzismo. Di Maio e Conte (la citazione del vice ministro, che precede quella del premier non è casuale) non condividono, ma si guardano bene dall’unirsi alla richiesta di dimissioni del ministro avanzata dall’opposizione.

In ogni caso è legittima la citazione del monito di Cicerone a Catilina “Quo usque tandem abutere, patientia nostra?”, a proposito dell’ormai aspra lite Carroccio-5Stelle su migranti, vaccini, grandi opere, prima fra tutte il Tav, cioè Treno ad Alta Velocità (e non la Tav come dicono tenacemnte giornalisti e politici). Sul tappeto ci sono altre questioni, prodromo di possibili liti: i miliardi di euro che fuggono dall’Italia, la pericolosa crescita dello spread, l’esplicita ostilità degli industriali al decreto dignità, il rebus del risorse mancanti per l’attuazione della flax tax e del reddito di cittadinanza, la nomine alla Rai e molto altro, che presto verrà al pettine. Il futuro peggiore si annuncia per i pentastellati, alle prese con fronde interne degli scontenti, le gradassate del comico genovese, ultima la proposta di un referendum per uscire dall’euro, e l’assenza-presenza di Di Battista che soffia sul fuoco delle ambiguità di Di Maio per preparare lo spazio politico di una sua mai abbandonata ambizione di diventare leader del Movimento.

Viva le donne. Vuoi vedere che a incamminare Trump sul viale del tramonto (comunque tardivamente) non è il popolo democratico degli Stati Uniti, né la compatta ostilità del mondo degli intellettuali e degli artisti o la marea umana che sfila nelle strade americane e chiede l’impeachment? Vuoi vedere che la fine del Tycoon razzista e revancista sarà una questione di famiglia? L’ipotesi è sostanziata dall’ostilità sempre più marcata della moglie e della figlia del presidente americano. Insomma è rivolta rosa alla Casa Bianca con Melania e Ivanka contro marito e padre, fronda probabilmente inaspettata, la più dolorosa per Donald Trump. Melania ha difeso, lodandolo per l’attività a favore dei bambini svantaggiati, la stella dell’Nba LeBron, insultato da Trump, Ivanka ha criticato la politica del padre sui bimbi immigrati e le violente critiche rivolte ai media.

Don Lemon, giornalista di Cnn che ha intervistato LeBron: “Chi è il vero stupido? Una persona che porta i bambini in classe o una che li mette in gabbia?” La domanda rivolta a Melania ha spalancato la porta alla contestazione esplicita del marito, che dalla conflittualità familiare ha tutto da perdere. Il bunga-bunga di Trump con escort e affini non è forse estraneo alla “rivolta” della first lady?


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