Meglio tardi che mai. L‘Espresso caldo caldo domenica 22 luglio scopre “La Borghesia Camorra” made in Napoli. Sottotitolo: “Notai, avvocati, medici. All’ombra del conflitto tra le paranze cresce il ‘Sistema’. E prolifera tra i professionisti”.
Peccato si tratti di notizie vecchie di almeno 40 anni fa. Ma tutto fa brodo.
Spulciamo, fior tra fiori. Di ‘O Sistema fatto di collusioni fra camorre e colletti bianchi ha scritto venti anni fa un libro che aveva proprio quel titolo firmato da due giornalisti Rai.
Delle seconde generazioni di camorristi che frequentano le università svizzere o americane scriveva – cifre alla mano – Amato Lamberti, il grande docente di sociologia e fondatore dell’Osservatorio sulla Camorra il quale, in svariati interventi sulla Voce, dettagliava come la camorra fosse diventata la “più grande Fiat del Sud” capace di dar lavoro senza alcun controllo. Tutti felici e contenti. A cominciare dai partiti. Va ricordato che all’Osservatorio di Lamberti collaborava il giornalista Giancarlo Siani, ammazzato dalla camorra: mandanti dell’esecuzione sempre a volto coperto, come per i colleghi Alpi e Hrovatin, Falcone e Borsellino & sangue continuando.
Di camorristi e ‘occasionisti’ sulle catastrofi e sulle emergenze ha scritto per una vita sulla Voce Isaia Sales, uno dei più acuti osservatori sulla genesi del fenomeno malavitoso (proprio come Lamberti), il quale vedeva proprio nei giganteschi flussi di danaro pubblico l’occasione per la malavita organizzata fino a quel momento ‘ruspante’, a livello di clan familistico della NCO di Raffaele Cutolo, il modo per spiccare il salto (a partire dal dopo sisma), di farsi spa, of course, anche nel mondo della politica, in una sorta di eterodirezione osmotica.
Ancora. Tra le più acute indagini, targate anni ’80, vi furono quelle del pretore d’assalto Aldo De Chiara, il primo a vedere nella speculazione edilizia e in mattone selvaggio – soprattutto nella zona occidentale di Napoli – il modo non solo di dare lo storico assalto alla città (“Le Mani sulla città” di Francesco Rosi), ma anche quello di imporre regole a botte di illegalità diffuse in fette sempre più ampie della città, da est a ovest.
La Voce, a partire dal 1984, ha fatto decine di inchieste sulla camorra imprenditrice, soprattutto dedicandosi al fronte del riciclaggio spinto, a partire dal dopo siama per passare ai traffici da monnezza tossica, subappalti a go go e abusivismi d’ogni risma: ovviamente con la complicità di colletti bianchi. Con tutte le connection massoniche del caso, a partire dai frequenti summit fra Cicciotto e’ mezzanotte (al secolo Francesco Bidognetti) e il Venerabile Licio Gelli in quel di Villa Wanda.
Ora il settimanale diretto da Marco Damilano scopre l’acqua calda, o meglio l’Espresso tiepido, il caffè sospeso da oltre vent’anni.
“I nuovi re di Napoli”, il titolo: andava bene nel ’90. Ora non più.
Racconta un napoletano che certo non se la passa male ma ne ha le scatole piene: “E’ ormai inutile anche raccontare lo sfascio di Napoli tra crac finanziari, servizi che fanno schifo, sanità da brividi, trasporti horror, monnezza da tutte le parti. Siamo tornati dietro di vent’anni tanto da rimpiangere perfino Bassolino e la Iervolino, che è rievocare l’inferno. Di camorra non ne parliamo nemmeno.”.
E aggiunge: “Ma sapete quando salterà il coperchio? Quando succede il ’48? Quando non viene pagato il primo stipendio ai dipendenti di Palazzo San Giacomo, un esercito da 20 mila persone e passa che sarà un fiume in piena a reclamare il suo stipendio, per come arrivare a fine mese. Questo alza la quota – viene ancora spiegato – perchè fino ad oggi siamo metà e metà: metà chi frega, ruba, ha le sue prebende, le sue consulenze, fa il colletto bianco. E l’altra metà che non ce la fa più, che non ha più ormai che fare per mettere il piatto a tavola o pagarsi il fitto o le medicine. Quando la bilancia va dall’altra parte, con l’esercito dei comunali non pagati vedrete cosa succede, ‘O 48. Fino ad oggi è arrivato il governo, con l’ultima pezza Gentiloni, a salvare la baracca. Vedrete la prossima volta…”.
E al fiume in piena si uniranno tutti gli altri disperati senza un salvagente o una scialuppa – proprio nella città del mare – cui aggrapparrarsi. Uno tsunami.
Esattamente 40 anni fa la Voce scrisse una cover story firmata da Giuseppe D’Avanzo e Andrea Cinquegrani titolata “Perchè non scoppia ‘O Quarantotto”. Tante cose sono cambiate da allora. Purtroppo in peggio. A voi giudicare.
Vi vogliamo riproporre quell’inchiesta di copertina sulla sgrarrupata Napoli di allora. E’ “memoria storica”. Ma anche un confronto con il presente.
L’INCHIESTA DA “LA VOCE DELLA CAMPANIA” DI DOMENICA 19 FEBBRAIO 1978
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