Ricordate il caso di Carlo Lio, eletto Difensore civico della Lombardia il 3 maggio 2017, inseguito dalla troupe delle Iene e che non riusciva a farfugliare due parole in italiano circa i progetti da portare avanti?
E’ passato quasi un anno e mezzo e il signor Lio Carlo, calabrese di origine e padano d’adozione, è ancora avvitato alla sua poltrona, con tanto di codazzo familiare al seguito. Vista la montagna di ricorsi presentati, il Tar Lombardia ha comunque fissato l’udienza che dovrà sviscerare nel merito la questione per il 10 ottobre 2018.
Riavvolgiamo il nastro. Come sappiamo, avendo affrontato più volte i casi bollenti della Campania e della Lombardia, la carica di Difensore civico è non poco strategica nell’assetto istituzionale di una Regione. Si tratta dello storico Ombudsman (soprattutto presente nei paesi anglosassoni), ossia chi viene incaricato per tutelare gli interessi dei cittadini nei confronti degli abusi della pubblica amministrazione.
Solo che fino ad oggi lorsignori, i politici, hanno rovesciato il tavolo: quella nomina deve essere e restare del tutto politica, lottizzata, clientelare, affinchè il cittadino non abbia alcun potere di fronte al Moloch del Palazzo ma tutto il potere resti in mano della stessa classe politica. In una pronuncia dell’Ufficio legislativo della Regione Campania questi concetti sono espressamente manifestati, parlando – udite udite – di “nomina latamente politica”. Ci mancano solo Totò e Peppino.
Le truppe leghiste armate, compatte e all’epoca guidata dal governatore Roberto Maroni, hanno deciso di puntare le loro carte su tal Lio Carlo, uno senza arte né parte, che appena sbarcato dalla natia Calabria aveva cominciato ad aggirarsi nel sottobosco del parasto regionale, occupando di tanto in tanto alcune poltrone, soprattutto nel ramo dei trasporti.
Ma eccoci alla chicca, ossia il curriculum. In cui splende di luce diretta il “diploma di licenzia media inferiore”: attenzione, la dizione “licenzia” è letterale, così come facilmente riscontrabile dalla domanda presentata dal candidato e mostrata al mezzo milione di spettatori che hanno potuto seguire la puntata delle Iene.
Siamo solo all’antipasto, pur ottimo e abbondante. Come prevede la legge, i curricula presentati dagli aspiranti devono essere confrontati, “comparati” tra l’altro affinchè possano prevalere quei criteri di merito, di competenza e di professionalità idonei a ricoprire l’incarico: in questo caso almeno una laurea in giurisprudenza, o in materie affini, la partecipazioni a corsi e seminari, una speciale attitudine a materia di carattere giuridico-amministrativo dimostrata per titoli. Nel caso di Lio, invece, “zeru tituli”. Solo una “Licenzia media”. E figurarsi quale straccio mai di comparazione che avrebbe solo fatto ridere i polli.
Non è certo finita. Spulciando tra i vari ricorsi presentati dai candidati che avevano qualche titoletto in più, una laureuccia oppure un masterino, vengono alla luce altri rilievi nei confronti dell’Einstein in salsa lombardo-calabrese.
C’è chi nota che “Lio è ineleggibile perchè in stato di quiescienza”. Chi il fatto che ha già ricoperto incarichi come “ex assessore regionale”, e quindi “senza i necessari requisiti di indipendenza e imparzialità”; chi, ancora, sostiene abbia presentato la domanda “in violazione della normativa procedimentale e di accesso agli atti”; altri ricordano la circostanza che “è stato presentato da un solo consigliere e non da più consiglieri”, come evidentemente di prassi; e addirittura c’è chi fa presente come un consigliere (l’unico? O uno degli altri qualora ve ne fossero?) in precedenza aveva proposto un altro candidato. Siamo letteralmente alle comiche
Non dovrebbe essere molto arduo, per il Tar che si riunisce il 10 ottobre (a un anno e mezzo dall’elezione avvenuta il 3 maggio 2017), capire che il Consiglio Regionale, quando ha votato, presieduto da Roberto Maroni, era stato colpito da un autentico colpo di sole oppure in evidente stato d’ebbrezza mattutina.
E dovrebbe essere un gioco da ragazzi procedere seguendo leggi, norme e regole, che non sono materia da interpretare, ma solo da appplicare: valutare i curricula, soprattutto compararli, verificare le professionalità e le competenze già espresse sul campo.
Elementare, Watson, direbbe qualcuno. Meno facile per una repubblica delle banane che su ogni poltrona cerca regolarmente di piazzare un ‘suo’, un fedelissismo, un amico del gruppo oppure del clan, un pupazzo da manovrare, tanto meglio se con limitati mezzi cognitivi e quindi facilmente gestibile.
E al quale dare ‘un posto’, non solo per lui ma per tutto il codazzo familiare al seguito: fu davvero candido come un giglio, Lio Carlo, quando inseguito dai cronisti delle Iene che gli chiedevano sulle competenza maturate in campo giuridico e amministrativo, rispose: “mi farò aiutare da figli e nipoti”.
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