GIORNALISMO D’INCHIESTA / C’E’ UN GIUDICE A VELLETRI

C’era bisogno di aspettare una sentenza del tribunale di Velletri per capire che il giornalismo d’inchiesta conta ancora qualcosa nel nostro totale deserto informativo. Miracolo.

Succede per un’inchiesta pubblicata dall’Espresso e firmata da Lirio Abate esattamente 4 anni fa, il 4 aprile 2014, su un traffico internazionale di virus a botte da milioni di euro. “Trafficanti di virus”,  il titolo della cover story, al cui centro figurava una scienziata ben nota da noi, Ilaria Capua.

Dopo quell’articolo si scatena il putiferio. Capua querela e dopo alcuni mesi decide di far fagotto e trasferirsi negli Usa, disgustata dall’Italia e soprattutto dai giornalisti ficcanaso.

Apriti cielo. I soloni della nostra carta stampata, primo fra tutti Paolo Mieli, che sversa fiumi d’inchiostro sulle colonne del Corsera, si stracciano le vesti.

Così come – lo stesso Mieli in pole position – sul fronte dei vaccini, per fare un altro esempio sempre in campo scientifico. Spalleggiando le battaglie a botte di fake news (le vere bufale che pascolano nei vasti campi della disinformazione) ingaggiate dal Mago dei Vaccini, al secolo Roberto Burioni: un massone del Grande Oriente che, di tutta evidenza, va ritualmente omaggiato da Vate-Mieli.

Così oggi gonfia il petto l’Espresso, il cui gruppo editoriale – comunque – è ben lieto di appoggiare, soprattutto attraverso la corazzata Repubblica, tutte le battaglie Pro Vax a botte di gigantesche, appunto, fake news. “Si è arrivati a mettere in dubbio il ruolo stesso del giornalismo d’inchiesta, la possibilità del giornalismo di continuare a pubblicare notizie vere e motivate”. Accipicchia.

Continuano le trombe dell‘Espresso: “Il giornalismo investigativo è uno degli aspetti fondativi e caratterizzanti del nostro settimanale fin dalla nascita”. Peccato si sia perduto per strada.

Oggi “la domanda è: perchè, nel 2018, il giornalismo d’inchiesta è ancora così osteggiato, colpevolizzato, attaccato? Perchè non c’è un riconoscimento diffuso verso il giornalismo investigativo e invece si preferisce aggredire chi, tra mille difficoltà, cerca di continuare a farlo?”.

Torniamo a bomba. Il settimanale è stato assolto dal tribunale di Velletri con questa motivazione: “il testo dell’articolo è una fedele ricostruzione delle risultanze investigative acquisite dalla procura della Repubblica di Roma. Inoltre, c’era il concreto interesse della collettività a conoscere tale vicenda ad alto impatto sociale”.

Sorge spontaneo un interrogativo: come mai quello stesso giornalismo d’inchiesta viene massacrato quotidianamente nelle aule giudiziarie e nessuno se ne frega?

Come mai volano risarcimenti danni da decine di migliaia di euro tanto per intimidire meglio piccole testate autogestite e nessuno alza un dito?

Perchè sempre più toghe nei fori di casa nostra emettono sentenze-fotocopia con tanto di condanna per i giornalisti e provvisionali a loro carico come neanche per stupratori e assassini?

 

nella foto Ilaria Capua


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