Maledetta televisione, dannata scuola, pessima genitorialità, deficit di promozione: tutti elementi di contrasto alla diffusione della lettura.
Un grossolano paradosso racconta che nel Paese di Dante e Manzoni sono più gli scriba, come si definisce Gianni Clerici, che i lettori seriali e perfino di quelli, che dopo aver letto da bambini la favola di Cenerentola, si cibano di romanzi, saggi e affini una tantum. Nel baratro finisce chi non ha mai preso in mano un libro. Per non dimenticare nessuna idiosincrasia per la lettura si può puntare l’indice perfino sugli specialisti, su molti critici letterari che dissertano sui libri da recensire appropriandosi solo di quanto raccontano risvolti, controcopertina, prefazioni e introduzioni.
Un metodo di drastica coercizione alla lettura: il ricatto di mamma e papà, al figlio che rifiuta di leggere libri: Vuoi lo smartphon? Leggi “Il sergente nella neve” e raccontamelo. Vuoi il tablet? No problem, ma dopo che mi convincerai di aver letto due libri di Calvino. Il motorino? Quando avrai dimostrato di aver letto la Capria e Dacia Maraini. Dispotismo? Forse e allora la reciprocità: “Papà e mamma”, non vado a scuola finchè non avrete letto “Il nome della rosa” e “Cent’anni di solitudine”. Utopia? Sì.
Racconta la Repubblica di un’eroina del nostro tempo che ama la lettura e la promuove con un’idea geniale. Nella lavanderia di sua proprietà installa tre piccoli scaffali e li riempie con libri portati da casa. Ovvero: come colmare l’attesa di 30/40 minuti, quanti ne richiede il ciclo di lavaggio. Buona idea, ma non risolve. Poca cosa, certo, ma il mare è fatto di miliardi di gocce. L’idea, per estensione, potrebbe essere esportata. Nelle stazioni dei treni, negli aeroporti, nelle sale dei medici, nelle botteghe di barbieri e parrucchiere, nelle mini biblioteche di classe, nei reparti ospedalieri, negli stabilimenti balneari, nelle portinerie dei condomini.
Un cruccio dei lettori-lettori al limite della “quarta età: “Ho migliaia di libri, su due, tre file in scaffali ricolmi, non ho a chi lascarli quando me ne andrò, figli e nipoti non ne vogliono sapere. Che faccio, li porto al macero?” Eh no. Se l’dea di book crossing procedesse spedita, finirebbero in lavanderie, sale di attesa, per attivare l’abitudine alla lettura e forse potremmo scalare le classifiche che ci condannano a vestire la maglia nera. Nel nostro Paese, nel dieci percento delle case non c’è neppure un libro e il fenomeno negativo penalizza il Sud dove meno di una persona su tre dichiara di aver letto un libro. I lettori in totale? Circa il 40% gli italiani, il 90 percento i norvegesi. Chi ha a cuore la cultura, dunque un rapporto virtuoso con la lettura inespresso, provi a chiedersi: meglio un’ora e più con il trash di “L’isola dei famosi” o con le pagine di un bestseller, due ore di gossip e cronaca nera della “La vita in diretta” o un romanzo di Carofiglio? Tutto sta a progredire, anche lento pede, nel progetto di sostituzione del fatuo con l’infinita offerta di racconti, romanzi o pubblicazioni coincidenti con i propri interessi.
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