La LAV è parte civile nel processo che ha confermato in tre gradi di giudizio la condanna dei vertici di Green Hill. Il medico veterinario, il co-gestore e il direttore dell’allevamento di beagle di Montichiari (Brescia) sono stati condannati a complessivi 4 anni di reclusione, con sospensione dell’attività per due anni e confisca dei cani, per “maltrattamenti e uccisioni senza necessità”. Sono state depositate il 6 marzo 2018 le motivazioni della storica sentenza della Corte di Cassazione che il 3 ottobre 2017 ha definitivamente respinto il ricorso presentato dagli Avvocati di Green Hill.
“Una sentenza tre volte di grande spessore giuridico e innovativa perché conferma in pieno le due precedenti sentenze di condanna subite dai vertici di Green Hill – afferma la LAV, denunciante e parte civile nel processo Green Hill e che fu affidataria dei beagle sequestrati – Le motivazioni della sentenza di Cassazione, infatti, chiariscono e ribadiscono quanto già sancito dagli altri gradi di giudizio e dalla Cassazione che confermò il sequestro preventivo dell’allevamento di cani beagle per la sperimentazione animale, ovvero che non esistono “zone franche”, senza limiti di legge. Dunque non tutto è lecito in allevamento e a fini sperimentali: per la prima volta in Italia in tre gradi di giudizio è stato sancito che questi ambiti di attività hanno dei limiti e se operano oltre la norma speciale commettono reato!. Una sentenza che fa giurisprudenza e che dimostra come le caratteristiche etologiche degli animali anche se oggetto di sperimentazione animale devono essere pienamente tenute in considerazione, così come per gli animali destinati a questa pratica non è possibile prevedere sistematicamente la loro uccisione o la mancanza di cure adeguate, solo perché ‘inservibili’”, spiega l’avvocato Carla Campanaro, legale della LAV.
“Le motivazioni della Cassazione ribadiscono il superamento del concetto di animale come mero oggetto sperimentale sottolineando come dentro a Green Hill siano stati protratti sui cani “comportamenti insopportabili per le loro caratteristiche etologiche”, afferma la biologa Michela Kuan, responsabile Area Ricerca senza Animali – Il rispetto delle necessità comportamentali delle cavie è un passo fondamentale che deve essere, ora, ben chiaro a chi si occupa di ricerca con animali; la legge si esprime chiaramente in merito, ma nonostante questo per molti gli animali sono ancora solo ‘cose’ e le condizioni di stabulazione nei laboratori sono obsolete e primordiali con gabbie dalle dimensioni minime accumulate in spazi sotterranei privi di luce naturale. Nella sentenza si ribadisce anche il maltrattamento fisico con taglio delle unghie tale da provocare dissanguamento, alta mortalità perinatale dovuta a ingestione di segatura, inadeguata alimentazione, deprivazione sensoriale e morte, soppressioni ingiustificate come, ad esempio, per semplici dissenterie. Questa sentenza deve essere, quindi, un campanello di allarme per chi è incaricato a volgere ispezioni in questo campo, svolgendo una fondamentale opera di trasparenza e con doveri nei confronti degli animali e dei cittadini”.
“Una battaglia giudiziaria senza precedenti in Italia per complessità legale, che ha contrapposto LAV e altre associazioni ai poteri della multinazionale americana Marshall. Una vicenda senza precedenti per numero di animali portati in salvo (quasi 3000), per l’attenzione sociale e mediatica ottenuta da questa vicenda e per il risultato di aver vinto anche la battaglia – civile, normativa e scientifica – che in Italia nel 2014 ha finalmente introdotto il divieto di allevare cani per la sperimentazione e altri importanti limiti”, precisa la LAV.
Il ricorso in Corte di Cassazione (3 ottobre 2017) da parte di Green Hill è stato giudicato dalla Terza Sezione inammissibile perché, dice la sentenza, Green Hill ha cercato di avere in terzo grado una rivalutazione del merito del ricorso, rivalutazione preclusa alla Corte, come Green Hill avrebbe ben dovuto sapere.
La Cassazione ancora una volta chiarisce che, in base al rapporto tra legge penale e norma sulla sperimentazione animale, le attività poste in violazione della norma sulla sperimentazione animale sono non necessarie e dunque reato.
La motivazione del Giudice di primo grado è stata ritenuta adeguata e coerente e quindi insindacabile. Di clamoroso rilievo giuridico l’indicazione delle violazioni riscontrate nelle ispezioni (pagine 7 e 8 delle motivazioni della sentenza di Cassazione), anche alla luce della sentenza di assoluzione emessa il 7 febbraio 2018 nei confronti dei veterinari ASL di Brescia che avrebbero dovuto controllare:
- le ispezioni precedentemente svolte da parte della Asl, che non avevano fatto risultare anomalie nell’allevamento, sono definite del tutto inadeguate perché ‘’si svolgevano attraverso il mero disbrigo di pratiche burocratico-amministrative, senza un vero controllo sulle condizioni dei cani’’. Una ragione in più – secondo la LAV – per chiedere l’impugnazione della sentenza che il 7 febbraio ha assolto tutti gli imputati del processo Green Hill Bis, tra i quali i Medici Veterinari Asl che avevano il dovere professionale e morale di controllare: “come è stato possibile non accorgersi dei reati commessi a danno di animali in quell’allevamento?”, torna a domandare la LAV.
- La Corte di Cassazione sottolinea come si è trattato di “precise e consapevoli scelte decisionali di violazione delle corrette regole di tenuta dell’allevamento”.
- Il dolo emerge dalla corrispondenza degli imputati, importante elemento di prova in fase processuale.
Infine, Green Hill è stata condannata a pagare 2000 euro alla Cassa delle ammende perché “non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto ricorso senza versare, in colpa, nella determinazione della causa di inammissibilità”.
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