FICTION RAI / ECCO “IL CACCIATORE” DI SABELLA SUPERSTAR 

Ormai la memoria storica è consegnata alle fiction. La lotta alle mafie mandata direttamente nelle discariche delle soap di casa nostra.

E’ successo con la saga de noantri dedicata alla stagione di Mani pulite, a quel 1992 che aveva destato tante speranze poi rivelatesi false. Appunto, pura fiction.

Ricordate la inguardabile serie di tre anni fa?

Ora siamo in attesa di una nuova chicca di quella razza, a sentire i primi rumors. Si tratta de “Il Cacciatore”, che andrà in onda su Raidue dal 16 marzo, sei puntate da bere tutte d’un fiato.

La prossima grande opera è ispirata ad una mitica autobiografia degna del Napoleone più in forma. A scendere in campo, anzi nell’arena letteraria, è infatti con il suo “Cacciatore di mafosiAlfonso Sabella, intrepida toga, pm che ha indagato – si fa per dire – sulle stragi di Capaci e via D’Amelio, per poi tuffarsi in politica e diventare assessore nella fallimentare giunta Marino al Campidoglio.

Gonfia il petto oggi Sabella, che pennella per il Corriere della Sera: “Quelli sono stati gli anni della notte della Repubblica, sembrava tutto finito, lo Stato in ginocchio. E invece no, perchè li abbiamo presi uno per uno mentre erano latitanti, li abbiamo arrestati e seppelliti sotto una montagna di ergastoli, abbiamo sequestrato i loro beni. Lo Stato quando vuole può fare”.

Siamo uomini o caporali?

Peccato – Sabella preferisce glissare – che il ‘suo’ Stato non abbia mai scoperto i mandanti della strage di Capaci. E per via D’Amelio né esecutori né tantomeno mandanti, che restano regolarmente a volto coperto: addirittura taroccando – quello Stato, i suoi inquirenti – il pentito Scarantino e condannando a 16 anni degli innocenti. Fake news, per Vate Sabella?

A proposito di quella orripilante fiction sul ’92, è utile leggere quanto ha scritto un grande giornalista come Oliviero Beha ad aprile 2015, istruzioni utili per (non) seguire il capolavoro che ci attende a brevissimo: “Questo è un Paese senza identità. E non possedere un’identità dipende dal non avere memoria di sé. Il tutto smaterializza il senso del futuro, come è sotto gli occhi di ogni italiano di buona volontà preoccupato per figli e nipoti. Questo processo rimette al centro la memoria. Quando si è prefigurata in tv la serie 1992 mi sono detto: qui la memoria è assicurata. Certo, non sarà una serie facile. Sbagliavo, e della grossa: sarebbe stato difficile sì, ma farla peggio questa serie da settimane spalmata quasi quotidianamente su Sky”.

E ancora: “1992 è un tributo alla smemorizzazione, al non ricordare per chi l’ha vissuto, a non poter decentemente immaginare per chi non c’era. E’ un guazzabuglio la cui sceneggiatura al confronto fa apparire un vecchio film di D’Agostino, Mutande pazze, un copione da Oscar”.

Ma qui andrà in scena mamma Rai. E vuoi vedere che il mega direttore galattico Mario Orfeo ha ingaggiato come regista ‘coperto’ e a sua stessa insaputa Robert De Niro?

 

Nella foto Alfonso Sabella


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