Muore il petroliere Gian Marco Moratti. Ma interessi e investimenti della dinasty non fanno segnare il passo.
E’ infatti pronto al via un fresco Fondo, un veicolo finanziario nuovo di zecca: si chiama Milano Investment Partners e ha come obiettivo il lancio del made in Italy. Appena ricevuto il disco verde da Bankitalia, punta a raccogliere e gestire 100 milioni di euro, il 10 per cento dei quali sarà assicurato proprio dalla potente famiglia meneghina, capeggiata da Massimo Moratti, fratello di Gian Marco e figlio di Angelo, il primo presidente dell’Inter mondiale.
Prosegue intanto sempre a ritmo serrato la produzione negli stabilimenti petroliferi sardi, vero fiore all’occhiello di casa Moratti, a bordo della corazzata Saras. 2 mila dipendenti, una produzione da 300 mila barili al giorno, Saras capitalizza 1 miliardo e 700 mila euro. Fino a ieri soci di maggioranza, con il 25 per cento, Gian Marco e Massimo, a loro volta riuniti in una piccola società ad accomandita semplice. Tra gli azionisti di qualche anno fa anche il colosso russo Rosnef, poi uscito dalla compagine per via delle sanzioni varate anche dal nostro governo contro Putin.
E’ quotata in borsa, Saras, ma ai Moratti è meglio non ricordare quell’anno orribile, il 2006, quando avvenne lo sbarco a piazza Affari. Ricorda un agente meneghino di lungo corso: “fu una vera Caporetto. I Moratti si fidarono dei loro consulenti-banchieri che consigliarono una partenza sparata, 6 euro per azione. Lo definivano un prezzo ‘corretto’ e ricordo che quel giorno parecchi di quei profeti del credito applaudivano come alla stadio per una partita dell’Inter. La debacle, invece, fu clamorosa: bruciato l’11 per cento in poche ore, il titolo cominciò a precipitare per giorni e giorni, poi toccò il fondo attestandosi alla risibile quota dello 0,6 per cento, azzerato o quasi”.
Ma chi erano quei pezzi da novanta del mondo finanziario? Il colosso a stelle e strisce Jp Morgan, l’italiana Caboto e, come ciliegina sulla torta un altro big, Gerardo Bragiotti, per anni ai vertici di Mediobanca e pupillo di Enrico Cuccia.
Su quella vicenda aprì ovviamente un’inchiesta la procura di Milano, per scovare i motivi di quell’incredibile non non imprevedibile discesa agli inferi di piazza Affari. Interrogato dai pm meneghini, però, Massimo Moratti nel 2010 cascò quasi dalle nuvole e minimizzò: “confesso che non ci capisco granchè di Borsa”. Stop. Al solito le indagini sono finite con un nulla di fatto, tutta colpa della dea bendata che aveva voltato improvvisamente le spalle a casa Moratti.
Miglior fortuna con un’altra grana da novanta, la tragedia che colpì nove anni fa, il 25 maggio del 2009, le maestranze della Saras, nella raffineria di Sarroch, in Sardegna. Morirono ammazzati dalle esalazioni di azoto tre operai, mentre erano impegnati nella pulizia di un impianto di raffreddamento. Ma chissenefrega di quei morti sul lavoro, un pura statistica in un Paese dove il capo dello Stato Giorgio Napolitano una volta all’anno parlava di morti bianche quando niente veniva – e (non) viene – fatto sul fronte della sicurezza negli ambienti di lavoro. I media parlarono solo del “dolore della famiglia Moratti che si unisce al cordoglio dei familiari delle vittime”. Ci sarà solo un libro firmato dal coraggioso giornalista d’inchiesta Giorgio Meletti, oggi al Fatto, a documentare quella tragedia e la Moratti story: esce nel 2010 e s’intitola “Nel paese dei Moratti. Sarroch-Italia. Una storia ordinaria di capitalismo coloniale”.
Ai processi che seguono, le sentenze stabiliscono delle lievi condanne per tre manager coinvolti nella tragica vicenda, mentre Saras esce immacolata come una viola mammola: “il modello di organizzazione del lavoro adottato nell’azienda è corretto”, stabiliscono le toghe.
I modelli di quell’Italia ‘produttiva’ che sulla pelle, a volte ustionata, dei lavoratori costruisce le sue fortune. Spesso e volentieri tanto ‘umana’ e ‘solidale’, come nel caso della Moratti dinasty.
Ma chi sarà mai uno dei grandi e storici sponsor dell’Emergency di Gino Strada? Il Petroliere Maximo, of course.
Nella foto Massimo Moratti
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