Le sofferenze, i crediti deteriorati che oggi tecnicamente si chiamano NPL, la monnezza insomma va ai napoletani della SGA. La polpa, invece, resta tutta appannaggio della già strapotente Intesa-Sanpaolo.
E’ questo il ragionamento sul dopo banche venete – appena trasformato in un decreto del governo – partorito dalla mente finanziaria del ministro Giancarlo Padoan. Il quale, come ultimo segnale prima del voto, ha voluto mettere la firma sull’ennesima patacca del governo Gentiloni. Quello guidato da Renzi, comunque, aveva fatto anche peggio, incamerando, con un perfetto scippo, quanto la SGA era riuscita a recuperare del bottino (circa 800 milioni di euro) targato Banco Napoli, dopo il crac di vent’anni fa e gli incredibili passaggi di mano degli anni successivi.
Vediamo il fresco blitz di Padoan. Veneto Banca e Popolare di Vicenza hanno lasciato una pesantissima eredità: 17 miliardi e rotti di sofferenze (quanto risulta alla data dell’avvio della procedura di liquidazione coatta amministrativa), una bella somma che in qualche modo si dovrebbe cercare, anche in parte, di recuperare. Mister Padoan spreme le sue meningi, fa una ricognizione sul campo e vede che una certa SGA, acronimo di Società Gestione Attività, in vita da fine anni ’90, ha recuperato oltre il 90 per cento delle sofferenze dell’ex Banco di Napoli. Un vero miracolo, visto che c’erano della gigantesche partite mai rientrate, per fare un solo esempio i buchi miliardari lasciati dal gruppo Italgrani.
Pensa bene, Padoan, di affidare a SGA – visto il suo pedigree di ottimo cacciatore di debitori – il destino dei crediti di Veneto Banca e Popolare di Vicenza. A guidare la società partenopea sono Marina Natale, ex Unicredit, e Alessandro Rivera.
Ecco il Verbo di Padoan: “Il decreto permette a Sga di subentrare nella gestione del portafoglio crediti, ottimizzando le possibilità di recupero, anche attivando operazioni di ristrutturazione creditizia, a beneficio delle liquidazioni e dello Stato”.
Con una “gestione paziente” il nostro genio dell’Economia è sicuro di riuscire nel miracolo bis: un recupero di quasi il 100 per cento. Anche se l’operazione pare davvero “ai confini della realtà”: perchè già oggi la metà esatta di quella montagna da scalare, pari appunto a oltre 17 miliardi, per la sua metà (8 miliardi e mezzo) fa capo ad imprese che hanno urgente bisogno di “nuova finanza” per non far subito crac, e cioè per pagare alcuni fornitori e incassare fatture. Da quasi un anno (per la precisione da giugno scorso) è suonato il campanello d’allarme e la situazione è di completo stallo.
Adesso, però, Mago Padoan fa uscire SGA dal suo magico cilindro…
Fino ad oggi, però, a rimetterci sono stati risparmiatori e cittadini. I primi ci hanno lasciato le penne in modo diretto, i secondi (quindi tutti gli italiani) si sono divisi – ovviamente via tasse – l’onere di rappezzare le falle con 5 miiardi di euro, quanto fino ad oggi ha versato il generoso Stato nelle casse degli istituto veneti, poi passati “gratis” tra le fauci di Intesa Sanpaolo, che ovviamente ha apprezzato il cadeau pubblico.
Per quanto riguarda la SGA, narrano le cronache che sia riuscita nella prodigiosa impresa di recuperare il 90 per cento e passa degli oltre 12.500 miliardi di vecchie lire persi, con l’obiettivo – visto che le procedure non sono finite – di raggiungere, se non addirittura oltrepassare, l’impossibile tetto del 100 per cento.
Nessuno, però, si è mai chiesto o ha mai chiesto ai vertici SGA di documentare per filo e per segno i contorni di quel miracolo: se c’erano delle grosse partite straperse, come è stato mai possibile coprire anche quei buchi? E il solito San Gennaro ad intervenire?
Sullo sfondo restano i misteri della doppia vendita del vecchio Banco Napoli (come ha più volte documentato la Voce, leggete i link in basso) prima alla Banca Nazionale del Lavoro per la risibile cifra di 600 miliardi di vecchie lire; poi da BNL subito smistato all’allora IMI Sanpaolo per 6000 miliardi.
Come mai nessun magistrato ha ficcato il naso in una sporca vicenda che non sta né in cielo né in terra e puzza lontano un miglio?
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6 luglio 2017
di PAOLO SPIGA
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