Avvocatura campana contro Consiglio di Stato. E’ questa la singolar tenzone che sta andando in scena – ormai in sceneggiata – alla Regione Campania che ha deciso di impugnare i forconi ‘legali’, si fa per dire, pur di non applicare quanto ha esplicitamente previsto una sentenza emessa a dicembre dal principale organo della nostra giurisdizione amministrativa.
Il tema al centro del conflitto riguarda la nomina del Difensore civico, in ballo da addirittura sei anni e con una gigantesca mole di carte bollate al seguito che di fatto impedisce l’insediamento di uno strumento vitale per ogni democrazia, ossia quell’Ombudsman che nei paesi anglosassoni è figura centrale per tutelare i cittadini penalizzati da atti e comportamenti della pubblica amministrazione.
Organismo del tutto indipendente all’estero, da noi la carica, al solito, è terra di conquista per le peggiori lottizzazioni e per i soliti clientelismi. Come ad esempio accade in Lombardia, dove un signor Nessuno, tale Carlo Lio, nel cui pedigree spicca solo una “licenzia media” (testuale dal curriculum presentato al consiglio regionale), è stato scelto e nominato dal presidente della giunta, il quasi ex Roberto Maroni.
E in Campania sta succedendo un vero pandemonio, che la Voce ha descritto in svariati articoli che potete leggere cliccando sui link in basso. In soldoni la Regione le sta provando di tutte per non far insediare chi ha legittimamente diritto a quella carica, come afferma una fresca sentenza del Consiglio di Stato che, dopo ben cinque concordanti precedenti pronunce giudiziarie, ha fatto chiarezza definitiva a metà dicembre 2017, intimando alla Regione di provvedere in tempi celeri a quella ipercontestata nomina.
Ma niente, la Regione non sente, non vede, non legge e non esegue. E si affida alla propria Avvocatura pur di perdere tempo e non mettere in pratica quanto prevede il provvedimento del Consiglio di Stato.
LA DIFESA DEI PRIVILEGI DELLA KASTA
Cosa sostiene l’Avvocatura nel parere firmato da due legali, Almerica Bove e Maria d’Elia? Pur indicando di voler procedere come semplice attuazione di quanto stabilito dal Consiglio di Stato, fa esattamente l’opposto. Fa terra bruciata di tutte le sentenze passate, e soprattutto del “giudicato” che fa finta di voler applicare e che aveva richiesto la comparazione finale fra nominato e ricorrente. Addirittura pare riportare l’orologio indietro di 6 anni, cancellando le sentenze, ritornando senza aver nulla appreso a quel 2012 quando è iniziato il tormentato percorso per la designazione del Difensore civico in Campania. Una lettura solo politica, lottizzatoria e clientelare, in barba alla legge, alle regole e alla trasparenza amministrativa.
Ma scorriamo rapidamente alcuni punti sottolineati in maniera paradossale dall’Avvocatura di palazzo Santa Lucia.
La chiave di tutto – secondo i legali Bove e D’Elia – sta in una prossima, invocata votazione che dovrebbe effettuare il Consiglio regionale: come se nulla fosse accaduto in questi anni.
Una votazione alla quale si procederà “ammesso che gli uffici in sede istruttoria abbiano verificato i requisiti prescritti per tutti gli ammessi al voto”, una sorta di pre-qualifica, come viene descritto.
Di nuovo, come se nulla fosse mai stato fatto fino ad oggi: quando è invece ormai tempo, semplicemente, di applicare quanto ha deciso il Consiglio di Stato.
Secondo l’Avvocatura, verificati i requisiti, vanno anche controllate tutte le eventuali ‘incompatibilità’ e ‘inconferibilità’, per evitare possibili conflitti di interesse e non solo. Arieccoci: tutto ciò è stato già fatto. E più volte.
Ma eccoci all’unica soluzione che l’Avvocatura oggi prospetta: l’indizione, a febbraio, di una “seduta con cui sottoporre al voto del Consiglio regionale i curricula dei soggetti che abbiano partecipato all’avviso del 2012 e siano stati ritenuti in possesso dei requisiti prescritti”.
Incredibile ma vero. Per l’Avvocatura della Regione si deve tornare nientemeno che al 2012, a sei anni fa: tutto annullato quanto è successo fino ad oggi.
Non è finita, perchè i solerti legali Bove e D’Elia precisano: “non sembra ammissibile mettere al voto il solo Giuseppe Fortunato, perchè mancherebbe alla radice la scelta tra diversi curricula”.
Fortunato è il candidato che fino ad oggi ha vinto tutti i ricorsi e di cui il Consiglio di Stato chiede con forza, nella sentenza di dicembre 2017, la valutazione e, all’esito favorevole, la nomina. Senza se e senza ma. Invece di ottemperare a tutto ciò, ora la Regione riapre la partita!
Dichiara un avvocato amministrativista: “E’ una vicenda davvero surreale. La politica fa quadrato per conservare i suoi privilegi di lottizzazione e clientelismo della più vecchia specie. Ma lo fa in modo dissennato, travalicando e travolgendo leggi e regole. Invece di applicare quanto disposto dal Consiglio di Stato, attraverso la sua Avvocatura cerca di rimettere in gioco candidati finora acquiescenti ben consci che non avevano titoli ad essere comparati, azzera il passato, azzera le sentenze precedenti. Il modo arrogante della politica di mostrare il suo volto, evitando la dovuta comparazione dei meriti Che però rischia di avere pesanti risvolti civili, amministrativi e anche penali per chi ostacola quanto già ampiamente deciso”.
Fa notare un funzionario di palazzo Santa Lucia. “Hanno deciso che Giuseppe Fortunato non deve entrare, perchè è fuori dai giochi di partiti e di correnti. Ci hanno provato nominando prima Francesco Bianco di Forza Italia, poi estromesso dalle sentenze, quindi con Francesco Eriberto D’Ippolito che era in palese conflitto di interessi e si è dimesso vanamente da altri incarichi solo dopo la precedente nomina. Adesso cercano di ripartire con tutti i nomi addirittura del 2012, come se un torneo di calcio dovesse ricominciare dalla prima partita. Ma la vera sostanza di tutto è che alla Regione Campania, come del resto in Lombardia, hanno paura del merito, dei curriculum veri e non taroccati, e soprattutto della comparazione fra i curricula”.
E LORSIGNORI NON VOGLIONO LA “COMPARAZIONE”
Una comparazione che invece la legge espressamente prevede. E che il Consiglio di Stato aveva riaffermato con forza.
Un criterio che i legali di Giuseppe Fortunato ribadiscono nel nuovo ricorso appena presentato al Consiglio di Stato, dopo gli ultimi atti elusivi di palazzo Santa Lucia.
Riprendendo le statuizioni del Consiglio di Stato così scrivono: “La Regione Campania non ottempera ed elude dopo sei decisioni”.
“C’è una inesorabile volontà della Regione di violare ed eludere i decisum, singolarmente dichiarando di agire in esecuzione di tali sentenze”.
E poi, “vista la manifesta volontà della Regione di non eseguire la statuizione di giudicato, si chiede di emanare in luogo dell’amministrazione il provvedimento di nomina del ricorrente”, ossia di Giuseppe Fortunato.
Nelle more è anche richiesto “di nominare un commissario ad acta, vista la perpetrata inerzia e il perpetrato inadempimento della Regione, con il compito di procedere alla esecuzione della sentenza, completando il procedimento con il legittimo provvedimento di nomina nel rispetto della comparazione e dei criteri stabiliti dalle sentenze 4718 del 2016 e 5834 del 2017”.
Ossia le due precedenti, inequivocabili sentenze del Consiglio di Stato.
Che la Regione si ostina a voler considerare carta straccia.
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