Adesso anche Massimo Gramellini nel suo Caffè griffato Corsera scopre le magagne della metropolitana di Napoli. Titola in prima pagina “Il metro di Giggino” e scrive di “lavori infiniti della metropolitana fantasma”.
L’occasione ghiotta è fornita dalla scoperta di inizio anno: le carrozze ordinate sono troppo grandi e inadatte agli impianti. Una “scoperta – osserva Gramellini – onestamente imprevedibile, per raggiungere i binari un treno lungo 39 metri dovrà essere calato dentro un pozzo lungo 27”.
Non è proprio così, ma quasi. Descrive Repubbica Napoli: “Il pozzo di lavorazione per calare i treni sui binari non è largo a sufficienza per far passare i nuovi convogli di 39 metri di lunghezza. Che dunque non potranno entrare in linea fino a che non sarà costruito il deposito di via Campegna”.
Ma che razza di progetti sono mai stati varati?
La Voce ha più volte descritto l’incredibile metrò story, nata 40 e passa anni fa e senza lo straccio di un progetto. Non sono in pochi a ricordare le prime peripezie romane, quando l’assessore al ramo venne invitato al ministero per illustrare il progetto… che non c’era. E al suo posto portò con sé una tesi di laurea comprata da uno studente di ingegneria sul sottosuolo di Napoli!
Poi le cose, nel corso degli anni, si sono ‘evolute’. Grazie ai compassi messi a disposizione dalla famiglia Lunardi, portabandiera il ministro alle Infrastrutture nel governo Berlusconi, con la sua Rocksoil.
Ma c’è anche chi ricorda che i lavori sono cominciati senza la rituale VIA, la Valutazione di Impatto Ambientale necessaria anche per realizzare una veranda o un box auto. Sparita, la Via, volatilizzata. Ricostruisce un impiegato di palazzo San Giacomo: “non c’era e allora venne simulato un furto, con tanto di denuncia a posteriori. Così la delibera venne fatta ex novo, dopo che i lavori erano già cominciati”.
E aggiunge: “ma i problemi tecnici per il metrò piovono di continuo. D’estate si muore di caldo nei convogli, d’inverno di freddo e basta una pioggia per far allagare tutto, con pesantissimi rischi per i passeggeri. Le stazioni poi oggi sono in preda ai vandali, non c’è alcun controllo. I costi a chilometro sono stratosferici e non si fermano, anche per le opere d’arte, si fa per dire, piazzate nelle stazioni. Adesso si inaugura quella nella zona universitaria ad ovest della città, e i costi aumentano di 50 milioni per via della stazione chiamata ‘la vulva’. Siamo alle comiche: ma care e salate”.
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