Giallo Schwazer, continua la sceneggiata. Adesso il laboratorio di Colonia non vuole consegnare le provette con i campioni di urina del campione altoatesino, come invece ha stabilito proprio la sentenza del tribunale tedesco. Ai confini della realtà.
La notizia arriva da un altro tribunale, quello di Bolzano, dove il gip che per primo ordinò la fatidica consegna ha comunicato che dalla Germania arrivano notizie dilatorie. Lo stesso gip ha invitato il comandante del Ris di Parma – che dovrà effettuare la decisiva prova del DNA – a sollecitare l’invio da parte del laboratorio tedesco. Ha poi fissato la prossima udienza per maggio 2018, quando dovranno essere esaminati sia i test chimici (effettuati presso l’Università di Torino) che quelli genetici, affidati appunto al Ris.
Risibile la scusa addotta dal laboratorio di Colonia per ritardare nella consegna delle provette, il cui contenuto – come sottolineato dalla Voce altre volte – con il passar del tempo si deteriora, perde cioè man mano la sua efficacia probatoria. “Non abbiamo ben compreso la sentenza”, osservano. Sentenza scritta in tedesco, dalle toghe del tribunale di Colonia.
Asini, somari o che? E’ l’ennesima prova della collusione tra il laboratorio di Colonia e i suoi storici “committenti”, ossia la Federazione Internazionale di Atletica (IAAF) e l’Agenzia internazionale antidoping (WADA).
Come del resto ampiamente testimoniano i messaggi via mail intercorsi ad inizio 2017 fra Iaaf, Wada e lo stesso laboratorio, pronto a genuflettersi davanti ai ‘consigli’ dei suoi ‘padroni’. E a gettare la croce su Alex Schwazer, la mosca bianca che ha denunciato le combine sul fronte bollente (e miliardario) del doping.
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