Processo per la strage del sangue infetto a Napoli, l’ecatombe provocata dagli emoderivati killer messi in commercio per tutti gli anni ’80 (almeno fino al 1991) per ingrassare le tasche di Big Pharma. Un processo iniziato oltre 20 anni fa a Trento e dopo una lunga odissea passato a Napoli dieci anni fa. Nella primavera del 2016 è finalmente cominciato, e dovrebbe concludersi a febbraio 2018. Si sono costituiti parte civile, oltre ad alcune associazioni, i familiari di 8 vittime. Le altre migliaia – almeno 5 mila – rimarranno senza lo straccio di una sentenza, senza il barlume di una giustizia.
Una significativa testimonianza all’ultima udienza, quella del 20 novembre: ha parlato Elio Veltri, ematologo, negli anni ’80 parlamentare del Psi, poi sindaco di Pavia ed ex consigliere regionale della Lombardia dove si è occupato soprattutto di sanità. Nel 1991 ha firmato “La Milano degli scandali” con Gianni Barbacetto, sulla pre Mani Pulite meneghina; e poi “L’odore dei soldi” con Marco Travaglio.
Nel corso della sua verbalizzazione Veltri ha ricordato la drammatica esperienza, come perito, in un processo per la morte di due bambini, avvenuta al Gaslini di Genova. Aids, la sentenza di morte, eppure avevano 11 e 7 anni. Erano affetti da emofilia e hanno contratto il virus dell’Hiv per via di emoderivati infetti, come quelli che hanno causato, in Italia, la strage dei 5 mila e passa.
Ai bimbi del Gaslini vennero somministrati forti quantitativi – ricorda Veltri – di fattore ottavo, quello poi risultato letale.
La storia dei due bambini e tutta la vicenda del “sangue sporco” è raccontata in un libro che Veltri ha pubblicato pochi mesi fa, Non è un paese per vecchi.
Sottolinea l’ex parlamentare nel corso dell’udienza. “E’ stata un vera ecatombe. Altro che il terrorismo. Migliaia di vittime innocenti. E tutto per colpa dei profitti, degli interessi miliardari di Big Pharma, delle case farmaceutiche. All’epoca il fatturato dei soli emoderivati era di circa 7 mila miliardi di vecchie lire”.
QUEL SANGUE DALLE CARCERI AMERICANE E DALL’AFRICA
Continua Veltri: “Il plasma arrivava soprattutto dagli Stati Uniti, circa l’80 per cento. Stati Uniti dove c’erano donatori prezzolati. In parte arrivava anche dalle carceri, quindi sangue non sicuro. Ma arrivava anche dall’Africa. Da tenere poi presente che venivano lavorate circa 12-13 mila dosi tutte insieme, quindi con enormi rischi di contaminazione e diffusione di infezioni”.
Esattamente 40 anni fa la Voce scrisse un’inchiesta sulle importazioni di sangue dai centri africani – in particolare dell’ex Congo belga – a quel tempo allestiti dalle aziende che facevano capo al gruppo Marcucci, dopo anni finite sotto i riflettori della magistratura.
Continua Veltri nella sua deposizione davanti al tribunale di Napoli. “Come consigliere della Lombardia mi sono battuto in due legislature per una sanità a misura d’uomo e, sul fronte degli emoderivati, per fare chiarezza sui prodotti e vederci chiaro negli affari delle case farmaceutiche. Ma l’assessore regionale della sanità, all’epoca, tranquillizzava tutti: non c’è problema, gli emoderivati sono testati, sono sicuri. Poi lo abbiamo visto”.
Ancora: “la classe medica all’epoca ha taciuto, pur in presenza di evidenti rischi che derivavano dai prodotti. Anche gli ematologi hanno fatto scudo e hanno sempre minimizzato, non si sono mai voluti esporre, tantomeno come periti. Ricordo il caso quasi unico di un mio maestro, il professor Bellarida, che diceva, ‘ con questi emoderivati stanno morendo come mosche’. E di quelle infezioni si continua a morire anche oggi”.
Veltri ha fatto riferimento anche alla prima verbalizzazione del processo, quella del noto ematologo Piermannuccio Mannucci. Il quale, interrogato ad aprile 2016, candido come un giglio, ha raccontato che – come lo rassicuravano i dirigenti delle aziende targate Marcucci – quel sangue era sicuro, super testato: proveniva dai campus di studenti americani e dalle casalighe a stelle e strisce. “Era proprio uno di quelli che tranquilizzavano, Mannucci”, osserva Veltri. Un teste in palese conflitto di interessi, Mannucci, visto che è stato consulente di Kedrion – la corazzata di casa Marcucci – ed ha partecipato a svariati simposi nazionali e internazionali (retribuito) organizzati dalla stessa Kedrion.
Alla prossima udienza partenopea del processo sulla strage del sangue infetto, il 4 dicembre, ci sarà una testimonianza da novanta. Quella del regista americano Kelly Duda, autore di uno choccante docufilm (“Fattore ottavo”) realizzato esattamente dieci anni fa sulle morti per sangue infetto e soprattutto sulla provenienza di quel sangue killer, ossia le carceri degli Usa, in particolare quella dell’Arkansas.
LE CORAZZATE DI CASA MARCUCCI
Sul banco degli imputati, a Napoli, oltre al re Mida della Sanità Duilio Poggiolini, ci sono ex funzionari e dirigenti delle aziende del gruppo Marcucci, da sempre il numero uno nella lavorazione e distribuzione di emoderivati.
Oggi quel gruppo è capitanato da Kedrion, al timone Paolo Marcucci, figlio del patròn Guelfo, passato a miglior vita a Natale 2015, e fratello di Andrea Marcucci, il braccio destro (e anche sinistro) di Matteo Renzi al Senato, nato politicamente sotto le bandiere del Pli di Sua Sanità Francesco De Lorenzo.
Ha appena ricevuto una legnata dal Consiglio di Stato, il gruppo Kedrion. La terza sezione, infatti, ha emesso una sentenza il 23 ottobre scorso in cui dà torto alla sigla griffata Marcucci in un contenzioso con la svizzera Csl Behring spa e con la svedese Octopharma Italy spa per le convezioni stipulate con le regioni italiane e relative alla distribuzione, appunto, di emoderivati.
Kedrion, in sostanza, accusa le due società di distribuire prodotti senza controlli e, soprattutto, mettere in commercio sangue derivante da donatori prezzolati.
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