Ariecco Fini. E ariecco anche Lavitola. Nello stesso giorno L’Espresso ripesca l’ex segretario di Alleanza Nazionale dalle ceneri e lo dipinge innocente come un agnellino, candido come un giglio, inconsapevole dei riciclaggi targati Tulliani; e nella sua prima trasmissione per la 7, “Non è l’Arena”, Massimo Giletti presenta lo scoop dell’autocattura del cognatino a Dubai e spara per un’ora interviste e servizi a raffica, proprio per dimostrare che Fini non poteva non sapere, sia dell’appartamento di Montecarlo, of course, che delle spericolate acrobazie finanziarie intrecciate dallo stesso Giancarlo Tulliani con il re delle slot Francesco Corallo.
Chi avrà mai ragione nella singolar tenzone?
La cover dell’Espresso, uscito la mattina di domenica come al solito allegato a Repubblica, è dedicata a “CronoSilvio” che “divora i suoi eredi: Renzi, Di Maio e Salvini. Punta a un nuovo tempo del suo regno. E Lavitola racconta: Così B. pagò 500 mila euro per incastrare Fini”.
Il pezzo forte, all’interno, si chiama infatti “O la borsa o Lavitola”, una lunghissima intervista al giornalista-faccendiere che racconta le sue peripezie per ottenere le famose carte sull’appartamento di Montecarlo, carte che riesce ad ottenere nell’isola caraibica di Santa Lucia dietro esborso – racconta – di 800 mila euro: un affare ‘scontato’, visto che la richiesta iniziale era di 1 milione tondo.
In tutta l’intervista Valter Lavitola rimarca il suo affetto per Silvio Berlusconi, ma soprattutto mira a scagionare Gianfranco Fini dalle accuse più pesanti.
UNA MAMMOLETTA DI NOME FINI
Ecco alcuni passaggi. “Se ho deciso di dire la verità solo adesso dipende dal fatto che Fini rischia di finire a processo per riciclaggio per colpa di Tulliani”.
“L’ex leader di An si è definito lui stesso un ‘coglione’ e non posso dargli torto. Ma, essendo io quello che ha gestito parte della faccenda, le posso assicurare che lui davvero sapeva poco o nulla. I Tulliani e altri suoi amici, come l’ex deputato Amedeo Laboccetta, lo hanno preso per i fondelli. Sono loro che hanno gestito l’affare dell’appartamento di Montecarlo, comprato con i soldi dei Corallo”.
Poi, nel finale, aggiusta il tiro. “Ecco: se forse Fini sapeva della casa, nulla sapeva del presunto riciclaggio del Tulliani”. Immacolato come una viola mammola, Fini.
Diametralmente opposto lo scenario della sera, con l’esordio di Giletti sulla rete di Urbano Cairo. Tutti i presenti, a partire dal direttore del Tempo Gianmarco Chiocci – che all’epoca come inviato del Giornale fu il primo a firmare numerose inchieste sulla casa di Montecarlo – parlano di un Fini perfettamente a conoscenza dell’affaire monegasco. Ci sono le testimonianze di alcuni inquilini di appartamenti vicini, nonchè di un costruttore, che hanno visto alcune volte l’ex segretario di An in compagnia di Elisabetta Tulliani effettuare dei sopralluoghi nella maison.
E ancora: il costruttore descrive la telefonata stizzita di Tulliani junior, che si lamentava di una perdita d’acqua in casa, circostanza che avrebbe reso difficile ospitare ‘una grossa personalità’, ossia lo stesso Fini. Il costruttore risponde: “posso ospitarlo io in albergo”.
Ci sono anche le parole del più stretto collaboratore di Fini per anni, il quale suggerisce di restituire il maltolto, il bottino a chi ha per tanto tempo lavorato per il partito.
Un bottino, poi, sempre sottostimato: inizialmente si parlava di 300 mila euro (“quanto costa un garage da quelle parti”, precisa il costruttore), mentre il valore reale è di circa 1 milione 250 mila euro.
E di bottini milionari si sono riempiti i pannelli dello studio, per illustrare il mare di transazioni che sono finite dalle casse di Corallo in quelle dei Tulliani, a riprova del più classico dei riciclaggi. E lui, Fini, non poteva non sapere.
QUELLE ZUPPE DEL CASALE
Su Valter Lavitola la Voce, esattamente sei anni fa, ottobre 2011, realizzò una cover story. Titolo, “Maestri di Lavitola”, sottotitolo: “E’ berlusconiano fino al midollo, Valter Lavitola. Eppure, a sdoganare ‘lo suo maestro’ Sergio De Gregorio, era stato il tandem di vertice dell’Italia dei Valori Di Pietro-Formisano. Con quest’ultimo nei panni del massone, proprio come l’editore dell’Avanti. Ecco la vera storia dei Lavitola alla turbolenta corte di De Gregorio. Dove incontriamo, fra gli altri, personaggi coinvolti in inchieste sui mercenari anti-terrorismo, protagonisti della P4 e un Centro studi massonico sulla guerra”.
Alcuni mesi prima, dicembre 2010, la Voce aveva pubblicato un’altra grossa inchiesta, “La Zuppa del Casale”, dedicata al decollo (poi breve il viaggio) di FLI, ossia Futuro e Libertà, la creatura messa in campo da Fini e dal suo fido scudiero, Italo Bocchino, oggi alle prese con le rogne dell’inchiesta Consip (Bocchino risulta abbia ricevuto da Alfredo Romeo uno stipendiuccio da 12 mila euro al mese, come ‘portavoce’).
Ecco la sintesi di quell’inchiesta: “Ha un epicentro tutto casertano e una roccaforte a Casal di Principe il ribaltone delle alleanze che ha determinato la crisi politica nel Paese. E’ in Terra di Lavoro, feudo elettorale dei contendenti Nicola Cosentino e Italo Bocchino, che si è definito fin dalla primaversa scorsa il quadro degli accordi con l’Udc. E dalla stessa area potrebbero arrivare i massicci finanziamenti su cui contano i finiani. Attraverso il proconsole Bocchino”.
Una ri-lettura non poco istruttiva anche oggi. Per questo riproduciamo i PDF originali di quelle pagine.
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