Toscana al centro delle cronache per camorra e riciclaggi. Dalle imprese del potente clan Mallardo, capace di estendere negli anni i suoi tentacoli dall’hinterland di Napoli, nel giuglianese, a macchia di leopardo in tutta Italia, dal Lazio al Molise, passando per la Toscana. Fino a quelle dei colletti bianchi, che attraverso il sistema finanziario locale, incentrato su Monte dei Paschi ed Etruria, sta reinvestendo grossi capitali: adesso si fa il nome di alcuni imprenditori che sarebbero legati al cerchio magico di babbo Boschi.
Ma le storie di riciclaggi e investimenti targati camorra sono vecchie di decenni (e la Voce li ha più volte dettagliati). Sono di fine anni ottanta-inizio novanta, ad esempio, due vicende che la dicono lunga sulle penetrazioni di cosche e clan di camorra tra le verdi oasi di Toscana e Umbria. Praticamente in contemporanea all’assalto della pingue costiera romagnola.
Una vicenda riguarda il Kursaal di Montecatini, entrato più di un quarto di secolo fa prima nel mirino della P2 di Licio Gelli e poi del clan Galasso, federato con l’agguerrito clan Alfieri: le due cosche all’epoca dominavano nell’hinterland partenopeo.
L’altra aveva a che fare con un potente versante della camorra imprenditrice, la dinasty dei fratelli Sorrentino che da Torre del Greco decisero di trasferire il loro quartier generale a Lucca e dintorni. Ottimi amici del ministro per la Funzione pubblica prima e del Bilancio poi, Paolo Cirino Pomicino, i Sorrentino erano stati tra i mattatori per la ricostruzione nel dopo terremoto del 1980.
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