Lascia un’eredità non facile, il capo della Procura Generale di Milano, Felice Isnardi, 70 anni appena compiuti. Si tratta dell’inchiesta sull’Expo di Milano che vede coinvolto il sindaco Giuseppe Sala. Un’inchiesta praticamente oscurata e silenziata dai media, impegnati a dedicare pagine e pagine ai primi cittadini di Roma, Virginia Raggi, e di Torino, Chiara Appendino, trascurando invece tutta la Expo story.
Isnardi lascia le cose a metà. Si è rimboccato le maniche per evitare che tutto andasse in naftalina, avocando a sé l’inchiesta che la Procura di Milano cercava in tutti i modi di affossare per via dalla “pax”, o della “moratoria” stabilita tra Comune e Procura. E fu proprio questo il motivo della clamorosa rottura tra l’ex procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, pro pax, e il pm Alfredo Robledo, pro inchiesta: ha vinto il primo e il secondo, rimosso per “incompatibilità ambientale”, è dovuto passare a Torino.
Prima di lasciare, lo scorso settembre Isnardi – dopo aver riesumato un filone d’inchiesta sulla sostituzione di due commissari di gara – ha chiesto il rinvio a giudizio di Sala per il reato di falso.
Il 14 dicembre si svolgerà l’udienza preliminare che dovrà decidere sulla richiesta di Isnardi.
L’altro filone è ora sospeso. E riguarda la fornitura di 6 mila alberi per l’Expo: a questo punto sull’esito dell’inchiesta dovranno decidere le due toghe che hanno ricevuto il fascicolo lasciato da Isnardi. Si tratta di Massimo Gaballo e Vincenzo Calia.
Sala, comunque, si dichiara “tranquillo” e spera che “i tempi non siano lunghi”. E commenta: “si sapeva già che Isnardi sarebbe andato in pensione e avrebbe passato la mano. Non vivo con grandissima preoccupazione, ma per me è sempre una cosa non piacevole”.
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