Con la scomparsa di Sandro Provvisionato la magistratura italiana si è liberata di uno fra gli ultimi giornalisti scomodi e di razza sopravvissuti in Italia allo sterminio del giornalismo d’inchiesta attuato per via giudiziaria.
Da sempre critico con gli interventi a gamba testa o a orologeria delle toghe in politica, fiero accusatore di misfatti, abusi, omissioni e depistaggi costati la vita agli innocenti, anche Sandro era stato colpito da sentenze “esemplari”, con risarcimenti danni in favore di conclamati delinquenti, quelle condanne che non ti tolgono solo mezzi economici, ma ti sottraggono dignità e onore, calpestando l’impegno di una vita al fianco dei giusti per affermare la verità.
Non può non tornare alla mente – e anche fisicamente, qui, fra noi – un altro guerriero del giornalismo italiano, Oliviero Beha, pochi mesi fa stroncato, anche lui giovane, da mali riconducibili a battaglie giudiziarie estenuanti, sfibranti, umilianti, immancabilmente perse.
Due grandi amici della Voce che resteranno per sempre tra noi e danno a chi rimane (una pattuglia sgangherata, massacrata, disunita) ancora per un po’ (per poco, pochissimo) la forza di andare avanti contro il moloch dello strapotere giudiziario in Italia. Un equilibrio dei poteri, quello previsto dalla Costituzione, che, se mai fosse esistito, è stato da decenni totalmente ribaltato e del quale Mani Pulite è stato solo il primo “movimento”, realizzando il primato da brividi di rendere l’Italia l’unico Paese del mondo occidentale in cui la magistratura ha il predominio assoluto della cosa pubblica, infiltrata in ogni angolo del parlamento, sempre pronta a legiferare, a sbarazzarsi di politici poco ossequiosi e di giornalisti non disposti a chinarsi per baciare l’orlo dell’ermellino.
Tanti, fra noi, lo hanno capito troppo tardi. E sulla loro pelle. Sandro no. Nei vent’anni di collaborazione alla Voce aveva sempre affermato il primato dei cittadini e del Parlamento, dei diritti civili, della difesa, dell’informazione libera, contro ogni abuso dell’autorità giudiziaria, lasciando filtrare con le sue grandi inchieste piccoli ma potenti raggi su luce dentro coltri nere di omertà, come quelle che vergognosamente tuttora circondano le stragi siciliane, a cominciare da Via D’Amelio.
Ben prima che balzasse alle cronache il caso del falso pentito Scarantino – imboccato da magistrati “interessati” fino a far trascorrere decenni dietro le sbarre agli innocenti – Sandro Provvisionato documentava, prova dopo prova, gli scempi giudiziari di quella vicenda, la cortina di impunità, connivenze, complicità che la aveva resa possibile, con mandanti ed esecutori che, anche quando scoperti, alla luce del sole, restano comodamente al riparo delle loro garantite, intoccabili impunità.
Misteri d’Italia, la rubrica che per vent’anni Sandro ha tenuto sulla Voce, esaminava uno ad uno i delitti giudiziari – commessi cioè da coloro che avrebbero dovuto difendere lo Stato – così come aveva fatto nell’omonimo portale, divenuto grande lezione di verità e giustizia per i giornalisti e per il popolo italiano tutto, eppure ormai da qualche anno fermo. Perché fermo è questo Paese, chiuso sotto la cappa di un fascismo giudiziario che non ha eguali nel mondo. La stessa dittatura che ha fatto piazza pulita del giornalismo d’inchiesta, quello grande, quello di scrittori illuminati e indipendenti come Sandro, come Oliviero, a colpi di sentenze ed azioni esecutive feroci.
Lo abbiamo detto tante volte: in questo Paese non c’è più bisogno di sparare ai giornalisti. Una volta lo facevano le mafie, la camorra emetteva sentenze di morte che venivano eseguite. Oggi le sentenze di morte vengono emesse in tribunale. Con la certezza assoluta dell’impunità per mandanti ed esecutori.
Ciao Sandro, ci manca già la tua voce, il tuo esempio. Una sola cosa non ci faremo mancare fino a quando ce ne lasceranno ancora una possibilità: la rabbia. E la forza per dirlo.
LEGGI LE PUNTATE DEL CASO SCARANTINO SCRITTE DA SANDRO PER LA VOCE
processo Borsellino-Provvisionato aulla Voce
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