L’otto per mille alla Chiesa? Qualche ragionevole dubbio

Si chiama cancrena, ed è la degenerazione di patologie estreme, che se colpiscono un arto, richiedono l’estremo rimedio dell’amputazione. “Miracolosamente” evita la grave menomazione un alto prelato, imputato di nefandezze che fanno impallidire il mondo dei corrotti, quelli che dai tempi di Di Pietro popolano il nefasto capitolo delle tangentopoli.

Era vescovo di Trapani il cardinale Francesco Miccichè, è indagato per appropriazione indebita e malversazione. L’imputazione: ammanco milionario nei conti della Diocesi per distrazione dei fondi dell’8 per mille, Niente in comune con gli obiettivi della pubblicità vaticana che intenerisce il cuore dei cattolici con la proposta di immagini di preti e suore che dedicano la vita al bene di bambini denutriti, all’accudimento di poveri e anziani.

Scandalo nello scandalo del cardinale, sospeso da Papa Benedetto XVI, è il colpo di mano dell’alto prelato che ha comprato un attico (210 metri quadrati) con dependance nel centro di Roma con i fondi per assistere i bambini autistici e malati cancro. 800mila euro scippati alla Fondazione Campanile, ente morale di assistenza sociale della Sicilia. Per non farsi mancare nulla Miccichè ha dichiarato il falso utilizzo del super attico a fini di culto (come se si trattasse di una chiesa) del super attico e ha evitato illecitamente di pagare l’imposta di registro. L’appartamento di aspetto nobiliare, nel centro di Roma, è intestato alla curia di Trapani e gode di cinque finestre che si aprono su un ampio balcone, Lo stabile prestigioso, oltre al lussuoso attico, ospita residence a molte stelle e un’accademia della moda. Monsignor Plotti, inviato apostolico incaricato di capire qualcosa delle iniziative speculative di Miccichè, lo ha interrogato sulla provenienza del denaro pagato per l’appartamento. Senza scomporsi e con un ampio, disinvolto sorriso, l’ex vescovo di Trapani avrebbe risposto “Li ho trovati in un cassetto”.

Chi accetta di destinare l’8 per mille del reddito alla Chiesa si chiede e non siamo di fronte a un servo di Dio miracolato per meriti speciali, accusato ingiustamente. I magistrati inquirenti spinti da scetticismo sull’intercessione divina in favore di Miccichè, intendono accertare se l’acquisto del super attico non sia parte di cospicui investimenti in immobili a Palermo e in titoli acquistati all’estero, polizze assicurative, tutto frutto di tre milioni di euro sgraffignati alla diocesi dii Tarpani dall’ex vescovo, che nel ruolo di presidente, aveva nominato il cognato amministratore dell’associazione Campanile, per favorire impunemente il prelievo di somme ingenti. L’ “affare” Roma non sarebbe stata l’unica operazione di quel genere. L’intrallazzatore Miccichà, scopre monsignor Mogavero, inviato del Vaticano, ha ceduto in comodato gratuito (?) immobili divenute strutture alberghiere. Insomma Diocesi rapinata di ogni suo bene. S’incavola Micciché. In una lettera alla magistratura scrive: “Ho scoperto la pericolosità di una mafia ecclesiastica non meno potente, insidiosa e nefasta della mafia che il sistema giudiziario in Italia è impegnato a contrastare”. Capite che pulpito viene la predica?

Oltre al danno, la beffa. Micciché, mai sospeso a divinis, vive a Roma e dice messa alla Confraternita dei siciliani.


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