Incendi, uragani, terremoti e il mondo sta a guardare

Il mondo brucia. Il mondo si prepara a vivere la tragedia della siccità e di una probabile guerra per l’accaparramento del poco che resterà di un bene vitale per la sopravvivenza di uomini, animali e vegetazioni, che siano foreste, campi coltivati, orti. Il mondo di chi non patisce ancora la scarsità dell’acqua se ne frega, esattamente come i ricchi del mondo se ne fregano dei poveri, come chi possiede armamenti nucleari impedisce che altri ne posseggano, come il sazio sfida da incosciente l’obesità e se ne frega se in luoghi del mondo dimenticati da Dio e dagli uomini si crepa di fame.

Il mondo brucia e dipende solo in parte dallo sconvolgimento climatico, più da chi pensa al verde come spazio di cementificazione speculativa e altri usi illeciti, da chi eiacula alla vista delle fiamme aggredite dagli spegnitori, da folli piromani, da mandriani che contano su nuovo foraggio nato delle ceneri. Raramente da picchi incendiari della temperatura.

Il mondo, per leggi imperscrutabili della natura, avvicina o allontana sezioni nelle visceri della terra, con effetti sismici catastrofici ed è noto da tempi remoti, ma la dissennatezza umana continua a costruire in aree ad alto rischio terremoto senza accorgimenti antisismici, su picchi rocciosi privi di elasticità in grado di ammortizzare le spallate sussultorie. Incomprensibile paradosso è l’ostinazione a ricostruire, spesso senza norme adeguate, dove sono si prevedono probabili repliche del sisma.

Brucia la California, l’Australia è devastata ripetutamente da incendi e in questa torrida estate che abbiamo appena superato la cronaca ha raccontato di tragedie in Portogallo, in Italia, da Nord a Sud, in mezza Europa, di fiumi e sorgenti a secco, laghi prosciugati per fronteggiare la sete di grandi città, erogazioni s’acqua limitate, culture devastate dall’arsura, stato d’emergenza dal Piemonte alla Sicilia.

Non meno impressionante è l’esatto opposto. Bombee d’acqua, inondazioni, fiumi esondati, città allagate, danni milionari alle coltivazioni, raccolti dimezzati. Morti, tanti, feriti, dispersi, imprese in ginocchio. Chi sa far di conto spiega inutilmente, perché sembra parlare ai sordi, che l’onere per efficaci opere di prevenzione sarebbe inferiore ai costi dei mille disastri da riparare, eppure cambia poco. Molto, per alleviare il disagio delle popolazioni colpite, è affidato alla generosità dei donatori, sollecitati dagli appelli televisivi.

Il mondo non sembra avere terapie per sanare la patologia che insulta la Terra. E se avessero davvero vista lunga le Cassandre, che leggono il futuro nella sfera di cristallo, cartomanti, chiromanti, guru, gli emuli di Nostradamus, o peggio il catastrofismo della scienza, l’astronautica che tifa per la scoperta di altri pianeti compatibili con la vita su cui emigrare? Il problema è che il mito di Noè e dell’arca, salvatori dell’umanità, è solo un leggenda. Non ci sarà mai una flotta di stazioni spaziali capaci di evacuare dieci miliardi di uomini, quanti saremo tra non troppo tempo e altrettanti miliardi di animali, piante. Di qui il profondo disprezzo per i Trump del mondo che remano contro la difesa del clima, per chi non opera per la priorità della messa in sicurezza di case e scuole a rischio sismico e non tramuta in concretezza immediata le promesse di agire sul territorio per affrontare le letali variazioni climatiche che generano tifoni devastanti, alluvioni e l’erosione progressiva dei ghiacciai polari.


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