Veli pietosi e generosi silenzi scendono sull’informazione se scomoda per i poteri forti e categorie della società che possono imbavagliarla, confinarla negli angoli bui della memoria. Usufruiscono di questa autocensura i big dell’economia, politici influenti, in generale i partiti e si capisce con qualche argomento in più il perché della tripartizione dei canali informatici Rai, ovvero di filtri di cui le segreterie di Dc, Psi, Pci, Alleanza Nazionale e componenti minori dello schieramento partitico hanno usufruito per nascondere o edulcorare l’informazione non gradita. Con la scomparsa, o meglio con la frammentazione della Dc in mille altri rivoli, l’eclissi del Psi, del partito repubblicano, dei liberali, le trasformazioni della destra, non è cambiato nulla o quasi. Il manuale Cencelli ha proseguito nel suo perverso percorso della spartizione, aggravato dal dirompente ingresso in campo dei network privati, di Mediaset su tutti, televisione pro domo sua di Berlusconi, e di una miriade di canali locali in larga parte “benevoli” con Forza Italia, cioè riconoscenti per lo smistamento di pacchetti pubblicitari secondari ricevuti da Mediaset.
Risulta più difficile indagare il perché di omertosi silenzi su vicende della cronaca di cui sono protagonisti vertici e base delle forze armate. Un bel velo pietoso, per restare alle news trecenti, è sceso sull’allucinante “impresa” dei due carabinieri che hanno violentato o comunque costretto a rapporti sessuali due ragazze americane, oltretutto mentre erano in servizio. E’ facile immaginarlo: sarebbe permanente l’attenzione dei media se i protagonisti di quel crimine fossero stati neri o comunque emigrati.
L’ombrello protettivo dell’informazione si serve poi di uno stratagemma collaudatissimo per limitare al minimo le conseguenze degli scandali di personaggi eccellenti. La tecnica è semplice: quando la notizia è fresca di giornata i media la gonfiano, la strillano, la vivisezionano con enfasi perfino sproporzionata. Perché l’indignazione si esaurisca rapidamente, il giorno successivo si dirotta l’attenzione su un nuovo episodio eclatante e il gioco è fatto. Lo scandalo precedente finisce nelle pagine interne, in poco spazio riservato alle ragioni dei responsabili.
Ecco un buon motivo democratico per difendere quel che resta (poco) del giornalismo d’indagine massacrato con lo strumento vessatorio delle querele (con motivazioni inconsistenti) che mettono in ginocchio testate senza ricchi finanziatori o risorse pubbliche. Uno esempio paradigmatico è il calvario del periodico La Voce della Campania, poi Voce delle Voci, impossibilitato a sostenere le spese legali per contestare le querele, costretto a rinunciare all’informazione cartacea e a emigrare sul web (il sito è Voce delle Voci) per continuare il suo coraggioso giornalismo d’inchiesta.
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